L I V E – R E P O R T


Articolo e immagini sonore di Stefania D’Egidio

Dopo Zakk Wylde posso davvero dire di aver visto cose che voi umani non potete immaginare; domenica 19 all’Alcatraz di Milano è arrivato un extraterrestre, senza dubbio tra i dieci migliori chitarristi al mondo, uno che sarebbe in grado di suonare lo strumento anche bendato e con le mani legate, e non è venuto da solo, si è portato dietro tutta la brigata dei Black Label Society (John DeServio al basso, Jeff Fabb alla batteria e Dario Lorina alla chitarra) per presentare il loro ultimo lavoro Doom Crew, pubblicato nel novembre 2021.

Il pubblico, potete immaginarlo, è quello delle grandi occasioni, è da un pò che a Milano mancavano band heavy di un certo calibro, l’occasione è ghiotta per gli amanti del genere, il locale pullula di gilet di pelle nonostante le temperature roventi; aprono i Dust In Mind, band nu-metal/industrial nata nel 2013 a Strasburgo, capitanata dalla carismatica Jennifer Gervais; una mezzora adrenalinica quanto basta a scaldare gli animi in vista della portata principale del menù.

Dust In Mind

Dopo la loro esibizione un grosso telo copre il palco per creare un pò di suspence nella preparazione della scenografia, l’entusiasmo è alle stelle, qualcuno inizia a scalpitare dietro le transenne. L’attesa finisce intorno alle 21.15: sulle note di Whole Lotta Sabbath si alza il sipario e di fronte ci troviamo l’immancabile asta del microfono, con tanto di teschi e crocefisso, Zakk fa il suo ingresso, insieme ai compagni di avventura, con il kilt scozzese in tutto il suo splendore, luci basse e si parte a razzo con Bleed For Me.

Le tenebre lasciano il posto alla luce e sullo sfondo un muro di casse così alto da sfondare le pareti del locale. Mai sentito un suono così bello pieno e potente, eppure di concerti ne ho visti a migliaia, e che dire poi delle luci? fantastiche, da fotografa raramente me ne sono capitate di così belle ed è la prima volta che la postproduzione è ridotta davvero all’osso, non posso che ringraziare! Essendo la prima volta che vedo i Black Label Society, ho subito la sensazione di essere di fronte davvero a dei mostri sacri: una batteria che pulsa come un giovane cuore, un basso pesante come il marmo e le chitarre, manco a dirlo, di un altro pianeta, lo si capisce quando Zakk si arrampica sul pianoforte e incomincia una sfida a due con Lorino, entrambi con gli strumenti dietro le spalle, ne risulterà un assolo di quindici minuti al fulmicotone che sarebbe in grado di resuscitare pure i morti. Vi chiederete come mai un pianoforte sul palco di un concerto metal, ma in realtà non è insolito perchè Zakk è capace anche di romantiche ballad, così come il maestro Ozzy Osbourne alla cui corte è cresciuto, in A Spoke In The Wheel, ad esempio, o In This River, la canzone dedicata all’amico Dimebag Darrell le cui immagini scorrono sullo sfondo.

La scaletta è da leccarsi i baffi, non c’è un attimo di tregua, lo show va avanti senza interruzioni come un convoglio dell’alta velocità, questa è un band che sul palco non si risparmia buttando via fino all’ultima goccia di sudore, generosi anche quando, al termine delle quattordici canzoni, regalano ai fans di tutto, dai plettri, alle bacchette, fino alla setlist e agli asciugamani usati. Vi lascio alle immagini della serata perchè è davvero difficile descrivere a parole la potenza e la grinta di questa band.

Setlist:
01. Whole Lotta Sabbath
02. Bleed for me
03. Demise of Sanity
04. Destroy & Conquer
05. Heart of Darkness
06. A Love Unreal
07. You Made Me Want to Live
08. The Blessed Hellride
09. Spoke in the Wheel
10. In This River
11. Trampled Down Below
12. Set You Free
13. Fire It Up
14. Suicide Messiah
15. Stillborn