R E C E N S I O N E


Recensione di Andrea Notarangelo

Il quartetto lombardo degli Ataraxic Void, di recente formazione, propone la sua prima prova EP #One, debutto in forma digitale che presenta un’interessante connubio di generi che hanno caratterizzato gli anni ’90. È musica di ottima fattura che non tende a riproporre in toto i tempi che furono, ma attraverso movimenti dilatati e a qualche passaggio in chiave prog, creano sicuramente aspettativa per una prima prova sulla lunga distanza.

Sad Spring ci accoglie con un elegante arpeggio e una voce limpida che riprende nel cantato gli Alice in Chains, quelli veri, nel loro ultimo periodo nel quale Jerry Cantrell assunse sempre più l’onere e l’onore delle parti vocali. E questo, non è certo un difetto, dacché concede al pezzo una certa influenza seventies che mi fa pensare ad un ascolto ben attento dei Genesis, fino a quando il pezzo si elettrizza e la sezione ritmica entra con una certa prepotenza per donare alla canzone una svolta inaspettata. Se proprio si vuole trovare un difetto, in un’esecuzione quasi perfetta, è il ‘yeeah’, che suona come un cliché. La canzone si conclude con un rientro acustico che dona al brano una certa circolarità. La ‘primavera triste’ del titolo è un riferimento al 2020 e alla pandemia che, volente o nolente, ci ha condizionato tutti.  

Absence sembra aver sparigliato le carte, ed è così che, dopo una intro potente, sentiamo un’interpretazione vocale più vicina alle corde di Layne Staley (per citare nuovamente gli Alice), segno evidente, per chi scrive, di una versatilità non indifferente del cantante. Il pezzo sembra essere diviso in due parti e, dopo un ritmo sostenuto della durata di oltre tre minuti e mezzo, la chitarra si esibisce in un assolo che non dispiacerebbe assolutamente ad Adam Jones dei Tool, mentre la sezione ritmica crea una soluzione finale del pezzo serrata e imperdibile. Un cane irrequieto ci introduce a Fall Apart, canzone nella quale escono fuori, in tutta la loro potenza, le parti di batteria. La strumentale Prayer è una conclusione tanto perfetta quanto imprevedibile. Una chitarra in aria Creed ci accoglie e ci conduce in due minuti di ampio respiro, fino a quando la band al completo non ci regala una parte centrale tendente al funk, per concludere con un impasto ritmico à la Message in a Bottle degli indimenticabili Police.

Il ‘vuoto atarassico’ vi avvolgerà in una spirale e vi lascerà con l’emozione di aver ascoltato qualcosa di bello che conforta sulle possibilità future di questi quattro musicisti. Il tempo per osare è solo rimandato al loro esordio.    

           

Tracklist:
01. Sad Spring
02. Absence
03. Fall Apart
04. Prayer