L I V E – R E P O R T
Articolo di Iolanda Raffaele
L’acrobata sul filo della cosa giusta.
Tra scenicità e musica, tra teatro e palco è apparso così Daniele Silvestri il 5 novembre scorso nella straordinaria location del Teatro Rendano di Cosenza per l’unica data in Calabria del tour “Teatri22”.
Ci ha abituato sempre a grandi sorprese, ma nei teatri ha portato sicuramente in scena l’idea della musica in costruzione, quella che immerge il pubblico in un’esperienza singolare, in cui le canzoni nascono in un istante e il concerto diventa l’occasione per far conoscere quelle già nate o per trovare nuovo materiale umano e nuova ispirazione.
Ci ritroviamo, perciò, a teatro in compagnia del cantante romano che, davanti ad uno scrittoio, immagina parole, butta giù testi, mette insieme frasi che sono già canzoni o lo diventeranno e si muove sulla scia del suo “immaginate che ci sia il pubblico davanti” tenendo vicino a sé una chitarra.
“Ritorno artefice del mio destino e nel mio cuore non c‘è più nessuno, forse scrupoli” – queste sono le parole di una canzone nuova, “Scrupoli”, nella cornice di una vera e propria scenetta musicale perché come dice Silvestri “la scenetta è perché siamo a teatro, valeva la pena di fare, di ricreare l’ambiente in cui scriviamo le canzoni”.

Si alza il sipario, compare l’orchestra e si entra nel vivo.
Se “storia” è il leitmotiv del concerto e la parola di cui Silvestri si ciba, professionalità e passione sono i tratti che meglio descrivono la sua band composta da Piero Monterisi (batteria), Gabriele Lazzarotti (basso), Daniele Fiaschi (chitarre), Gianluca Misiti (tastiere), Duilio Galioto (tastiere e cori), Marco Santoro (fagotto, tromba, cori), José Ramon Caraballo Armas (percussioni, tromba, cori), tanto numerosa quanto armoniosa.
Uscito il 28 ottobre e primo singolo del nuovo album di inediti, Tik Tak con il suo tocco dolcissimo e rassicurante segna l’inizio del concerto, seguita dalla malinconica L’uomo intero, una sorta di favola moderna per raccontare suo padre, e da Mi persi attraversata da intense pennellate di sax.
Racconto e storia diventano solo i pensieri ed è il momento dell’aria di libertà di Acrobati e di La cosa giusta tratta dall’album La terra sotto i piedi, mentre con Io fortunatamente ritorniamo al 2007 e all’album Il Latitante.

Precario è il mondo è lo specchio della realtà in cui quotidianamente viviamo, così attuale che sembra difficile pensare che dall’album S.C.O.T.C.H. siano già passati undici anni, e giochi di luce e lampade illuminano il palco e tutto assume una connotazione familiare, di casa, di amore, proprio come quella della canzone La mia casa.
Non sono narrate solo storie manifeste, ma anche storie nascoste racchiuse in abiti musicali selezionati con cura ed arricchiti da termini antichi e dal suono del fagotto come la canzone A dispetto dei pronostici.
È una dimensione raccolta, più intima, apparentemente formale quella del Teatro Rendano, ma capace di esaltare un concerto denso di storia musicale, di racconti e di talento, un concerto appassionato che non bada alle ore che passano, ma alla qualità del tempo trascorso, confermandosi uno dei migliori spettacoli musicali di questo mese di novembre.
Un tabellone alle spalle dell’orchestra ci consegna La classifica con i suoi numeri e i suoi perché e, se ci sono canzoni più o meno a scadenza come Che bella faccia, da un sacco di Monetine esce il ritmo suggestivo di Desaperecido e il dolore nella canzone – monologo Monolocale, struggente e di forte impatto visivo sul tema del suicidio, espressione del migliore Silvestri.

Dopo una breve pausa che non fa desistere il pubblico dal restare in sala, si riparte più carichi di prima con Il talento dei gabbiani, la parabola della voglia di successo attraverso scorciatoie e vie più facili e, tra la spiegazione di una canzone e l’altra e un libro aperto sullo sfondo per coinvolgere a cantare, si passa da una storia dura ad una storia vecchia e personale con L’uomo col megafono e Strade di Francia.
L’autostrada introduce ad uno scenario magico, ma il ricordo torna prepotente con la cover della canzone Cara come omaggio a Lucio Dalla, la cui sagoma riprodotta siede a gambe incrociate sul palco quasi a godersi lo spettacolo, e con l’emozionante brano L’appello in memoria del giudice Paolo Borsellino e della vicenda della scomparsa della sua agenda rossa.
E adesso che si fa? introduce con semplicità Il mondo stretto in una mano, Il flamenco della doccia è tutto un riflesso di ironia e distanza dei rapporti di coppia e si parla anche di guerra con Il mio nemico sulle immagini del cortometraggio A guerra finita di Simone Massi, realizzato in collaborazione con Emergency, e del suo compianto fondatore Gino Strada.
“Ho solo questa lingua in bocca e se mi tagli pure questa io non mi fermo, scusa, canto pure a bocca chiusa” recita in A bocca chiusa e sulle note di Sono io esce dalla scena, lasciando da solo sul palco lo straordinario Marco Santoro che dà sfoggio della sua bravura.
In un concerto così carico di emozioni non possono mancare alcune canzoni più datate perché il pubblico ama il nuovo, ma identifica spesso i propri beniamini con delle canzoni simboliche, perciò, tutti in piedi e vicino al palco con il brano sanremese Aria, con la simpatia euforica e danzante di La paranza e con il sorriso che si allarga piano piano per Salirò.

E se la mancanza di Gino e l’Alfetta porta un po’ di dispiacere e qualche faccia contrariata, il finale è ad effetto con Testardo perché è vero niente ferma Daniele Silvestri, la sua grinta e la sua versatilità e così oltre a lui e alla band si sente il calore di un’altra presenza, Gigi Proietti, non solo un attore, ma un pezzo di Italia difficile da dimenticare e da replicare.
L’inchino di Daniele Silvestri e i suoi musicisti chiude il concerto tra gli applausi, le grida e la partecipazione della platea e chi sa quante storie e quante canzoni ci riserveranno in futuro, la prossima potrebbe essere nata proprio lì, in una Calabria accogliente e sempre amante della buona musica.



(Foto tratte dalla pagina facebook di Daniele Silvestri)
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