R E C E N S I O N E


Recensione di Nadia Cornetti

È uscito il 17 febbraio per Nordic Records, Unfold, nuovo album dell’intrigante musicista e cantautrice Synne Sanden, originaria della fredda e magica Norvegia. Qualsiasi aggettivo utilizzato per descriverla è riduttivo: artista eclettica, sperimentale, emozionale, raffinata, ma anche diretta e dalla personalità musicale molto impattante, Synne ha alle spalle 4 album da solista e diverse collaborazioni.
È attiva musicalmente da oltre 10 anni, e compone da sola la maggior parte dei suoi brani; in Unfold si è avvalsa della collaborazione di diversi musicisti, come Lars Horntveth, che troviamo non solo alla produzione, ma anche ai sintetizzatori, al basso, al vibraphone e a molti altri strumenti.
La release di Unfold è stata preceduta da qualche live nel quale Synne ha presentato alcuni brani dell’album in anteprima (non solo in Norvegia, ma anche in Italia, nella suggestiva ambientazione della Maddalena, dove ha suonato lo scorso settembre) e dall’uscita di due singoli con relativi video, ovvero Like Neon e Firewood. Prima di addentrarci nell’esplorazione del disco, due parole sul video del primo singolo: Like Neon ha un’atmosfera visiva molto sensuale ed evocativa, la danza e le movenze fanno da supporto alla canzone nell’espressione di un contenuto molto forte, ma che l’autrice crede fermamente sia necessario esprimere, e che costituisce anche il messaggio dell’intero album: l’intimità con una persona può prosciugare l’energia vitale o donare forza e vitalità a seconda che sia tossica e dolorosa, oppure sana e spontanea.

Con questa consapevolezza mi lascio cullare, nell’ordine, dai dieci brani di Unfold: già il titolo, a dire il vero, ci svela che stiamo per ascoltare un diario personale, una confessione intima di Synne, espressa in maniera delicata e fortissima nel contempo.
Non appena i brani partono siamo subito pervasi da un’intensità e una vocalità particolarissime, Synne ha una capacità molto consapevole di utilizzare la voce, governa ciò che dice e il modo in cui lo dice, con una teatralità esperta: anche se non comparissero parole saremmo in grado di comprendere le emozioni che vuole trasmetterci.
Con i richiami a Björk e altri nomi femminili validissimi, pur con un prodotto assolutamente unico e identificabile, Synne Sanden esprime senza mezzi termini il concetto che è proprio di tutto l’album: come recita in Pleasure Fuel, “Quando il piacere è il carburante siamo pieni di energia, ma quando il piacere è crudele, ci sentiamo in trappola, sacrificati”. I testi sono diretti, crudi a tratti, come in Rubberband, che descrive una donna in gabbia, con un esordio delicato, un silenzio strumentale teatrale e rispettoso, come rispettoso è il modo di raccontare il dramma vissuto, senza lasciare però spazio a fraintendimenti.

Musicalmente Synne passa da brani in cui a esprimere tutte le sensazioni è la sua voce – che a volte pare un lamento, a tratti è vibrata e toccante, delicata o graffiante – fino a momenti in cui i synth incalzano come una marcia, e il rullare di batteria sottolinea la solennità del messaggio; troviamo entrambi questi mood in Firewood, un invito a rispettarsi come persone e a non annullarsi per qualcun altro, a “riprendersi il proprio corpo”.
Classificare Unfold sotto un genere musicale unico non è semplice: questo lavoro di Synne è molto sperimentale e unisce elettronica, atmosfere ambient, – come nella bella On Needles, dove si fanno strada addirittura alcuni rimandi a Billie Eilish e dove la voce tocca acuti tanto pungenti da richiamarci gli spilli che donano il titolo al brano – a tratti persino dark.
In Images è evocata molto bene la sensazione descritta anche a parole, “lei urla sott’acqua”, grazie a suoni ovattati e delicati – potrei giurare di aver percepito anche lo scorrere di acqua tra gli arti di un corpo che sembra divincolarsi per uscirne: tutto ciò mi evocano i curatissimi suoni del pezzo – e tra l’altro questo effetto di evocazione delle sensazioni tramite riproduzione con gli strumenti musicali torna più avanti, in Witness, dove i synth battono come pulsazioni e imitano il battito di un cuore umano. 
Il disco prosegue con Go on, torture me: incredibile il contrasto tra la pace trasmessa da suoni delicati e puliti dell’esordio della canzone e quello che succede durante il ritornello, dove la voce soave di Synne e la base di archi si fanno incalzanti a ripetere all’aguzzino: ”vai avanti, torturami, anche se ho i brividi”.
Volgiamo al termine dell’ascolto, e sicuramente quello che emerge in tutto il disco, soprattutto in alcuni pezzi come Inhalation, è l’assoluto controllo della voce da parte di Synne, sia nella tonalità che nell’intensità. Un messaggio di speranza e coraggio non manca neanche in quest’ultima toccante traccia, che ci svela un’assoluta verità: “non esistono solo il soffocamento e l’umiliazione in intimità, ma, al contrario, esiste anche un’intimità che è un po’ come inspirare profondamente“.

Posso dire in conclusione di essere molto felice di essermi immersa in quello che considero qualcosa in più di un disco musicale: nel mio ascolto ho vissuto tutte le sensazioni che Synne voleva raccontare, dall’annaspare al sentirsi in trappola, al trovare la pace e la serenità: è proprio questa la qualità più toccante della sua musica, farci vivere esattamente quello che con la sua arte esprime, quasi stimolando tutti i sensi possibili. Sono sicura – e spero – che questa raffinato e fortissimo prodotto arrivi a molte orecchie, ma soprattutto a molti cuori.

Tracklist:
01. Pleasure Fuel
02. Rubberband
03. Forced Restraint
04. Firewood
05. On Needles
06. Images
07. Go on Torture
08. Like Neon
09. Witness
10. Inhalation