R E C E N S I O N E
Recensione di Elena Colombo
Stupisce per la sua fluidità Feld, sesto album in studio di Martin Kohlstedt, compositore, pianista e produttore di origine tedesca. Il disco è uscito il 31 marzo 2023 e testimonia ancora una volta il talento di Kohlstedt nella produzione di musica strumentale ed elettronica. Doti già ben note a chi lo ha conosciuto per i precedenti Tag, Nacht, Strom, Ströme e Flur, e a coloro che hanno avuto l’opportunità di ascoltare una sua esibizione dal vivo. Un evento unico, perché i suoi pezzi sono costantemente in movimento, in dialogo con il pubblico che Kohlstedt si trova di fronte. Il compositore, infatti, non ama dare una forma definitiva ai suoi brani, che sono quindi sempre in evoluzione. Le composizioni scorrono quindi con eleganza, nella loro precarietà e unicità.

Il disco inizia con Luv, dove ascoltiamo note gravi che si alternano a suoni delicati, che ricordano piccole scintille. L’entusiasmo cresce con una climax a metà brano, quasi un’onda che si staglia verso l’alto. Il brano è un ottimo assaggio di quello che ci aspetterà: un album eterogeneo, che fa duettare con grazia il pianoforte classico e la musica elettronica. L’autore ci propone un’esperienza immersiva e accattivante, fatta di contrasti e richiami inaspettati. Segue subito dopo Din, in cui pochi accordi al pianoforte sembrano sostenere il corpo dell’intero brano, caratterizzato da suoni profondi e misteriosi.
Fa da contraltare Sjo: il pianoforte torna al centro con una melodia delicata, in armonia con il precedente Pix, pur caratterizzato da suoni ben più vibranti e sospesi. Le note esplodono nuovamente con Nor, come fossero gocce che cadono in acqua e formano cerchi concentrici che non smettono di intersecarsi. Qui il pianoforte si armonizza gradatamente con i suoni elettronici, in una composizione leggera e tuttavia spettacolare, che mi ha ricordato le colonne sonore cinematografiche. Ho scoperto poco dopo che tra le vaste attività di Kohlstedt rientra anche la produzione di musiche per i film.
Vim si caratterizza per i suoni sfumati, quasi rarefatti, del pianoforte ambient che dialoga con il sintetizzatore. È un brano di accompagnamento, che ascoltato ad occhi chiusi ci fa viaggiare tra spazi e mondi immaginari, stimolando la fantasia tramite accostamenti inaspettati. Un brano che mi ha colpito per la sua delicatezza è stato Myn, che chiude il disco con le noti dolci del pianoforte. L’elettronica è ridotta al minimo, fa quasi da sfondo: pur non essendo protagonista, la sua presenza gioca un ruolo fondamentale nell’equilibrio del brano. Il finale leggero chiude un pezzo semplice e piacevole, in netto contrasto con il resto di Feld.
Se vi state forse chiedendo che cosa significhino i criptici nomi dei brani, sappiate che non siete soli: per rispondere alla domanda, abbiamo contattato direttamente l’autore. Questi nomi sillabici, di per sé, non hanno una traduzione che possa lasciare spazio all’interpretazione dell’ascoltatore. Al contrario, racchiudono un significato solo per Kohlstedt e lo ricollegano al momento della loro composizione. Come si accennava prima, non sono brani “chiusi”, ma sono istanze che si continuano ad evolvere e coesistono nell’album richiamandosi saltuariamente. Composizione modulare: così si definisce lo stile di Kohlstedt, che rende i brani fluidi e dialoganti, come pezzi di lego che si incastrano e poi separano, o come un linguaggio di programmazione, per riprendere le metafore del compositore.
A proposito dell’autore, va ricordato che i suoi interessi non cercano solo di superare i limiti dei generi musicali, ma spaziano agli ambiti più diversi. Oltre al già citato cinema, Kohlstedt ha composto anche per video, spettacoli radiofonici, teatro, pubblicità e persino videogiochi. È inoltre un artista diplomato alla Media Art & Design alla Bauhaus-University di Weimar, attivo nella possibile costruzione di una “composition machine”, allo scopo di creare un tipo di musica che si nutre dei rumori e dei suoni che la circondano, interagendo con ciò che ha intorno. Tra i suoi interessi rientra anche quello ambientale: Kohlstedt ha avviato infatti un progetto di forestazione nei pressi di Breitenworbis, la sua città natale nell’entroterra della Turingia. L’idea nasce dagli insegnamenti di suo padre, che era capo del dipartimento forestale locale. Stupiscono sia il numero di alberi piantati (ad oggi più di 4.000, tra castagni, querce rosse, aceri, faggi, noci e abeti di Douglas), sia le dimensioni della foresta (25.000 mq), sia il fatto che Kohlstedt abbia intrapreso questa iniziativa da più di vent’anni. Se ne deduce che il suo interesse per la tutela del “cuore verde” della Germania è duraturo e sincero. Con umiltà, il musicista ammette di avere un impatto ambientale notevole, a causa dei voli aerei presi per le sue tournée mondiali. Il progetto vuole in parte controbilanciare tali consumi, tramite la nascita di una foresta, riconosciuta come il sistema più efficace per combattere le conseguenze del cambiamento climatico. The Forest è in ampliamento e chiunque può contribuire per supportare l’iniziativa.
Tracklist:
01. Luv
02. Din
03. Elz
04. Mod
05. Pix
06. Sjo
07. Nor
08. Dia
09. Ohm
10. Vim
11. Lin
12. Myn
Photo © J Konrad Schmidt
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