Le contiamo sulla punta delle dita: 5 domande ai nostri artisti, il tempo di batter 5 et voilà, in 5 minuti le risposte.
I N T E R V I S T A
Articolo di E. Joshin Galani
Ospite del nostro batti 5 di oggi è Kublai, progetto del musicista Teo Manzo. Kublai Khan, condottiero mongolo nipote di Gengis Khan, fu imperatore della Dinastia Yuan, morì nel 1294. Il nome deriva dall’omonimo album di esordio del 2020, che immagina una conversazione notturna tra l’imperatore Kublai e Marco Polo. È un progetto caratterizzato da collaborazioni con musicisti sempre diversi, per questo, dagli esiti imprevedibili. Il compositore milanese nel 2015 ha pubblicato il suo primo album solista, Le Piromani, che gli è valso diversi riconoscimenti, tra cui il Premio Fabrizio De André per la Poesia 2016. Il nuovo EP di Kublai, Sogno Vero, segue la pubblicazione del omonimo disco d’esordio del 2020. È composto da quattro tracce, in cui si muovono sogni, effetto paradosso della realtà, uno specchio del reale assurdo da prendere le vesti di un sogno. Uno sguardo sul precipizio ed un istante immobili a scegliere il percorso: verso l’abisso dell’incubo o verso la salvezza, risvegliandosi dai sogni sconcertanti.
Vi invito ad immergervi, dondolarvi in queste acque chiaroscure, cullati dalla bella voce di Teo, dove si coniugano con talento, stile e gusto, testi onirici tra elettronica e canto melodico. Ecco le mie cinque domande all’artista, per entrare meglio in questo suo nuovo progetto.

Innanzitutto, complimenti per questo EP! Il titolo, Sogno Vero, potrebbe far sorridere per la contraddizione di termini, ma in queste visioni i sogni possono svelare, nell’abbandono del sonno, realtà profonde?
Ti ringrazio. È indubbio che i sogni ci dicano cose di noi, ma non vorrei occuparmi di psicanalisi. Come notavi giustamente, il titolo è ossimorico, ci dice di uno straniamento, un aver vissuto qualcosa di così assurdo da assomigliare a un sogno. Penso poi che quando facciamo arte, non dovremmo farci santoni, svelatori di realtà profonde. La realtà è quello che è, non ci nasconde nulla. La cosa bella delle arti è appunto divincolarsi, inventarsi, addirittura mentire, fingerci più di ciò che siamo. Sogno Vero, in un certo senso, ha questo proposito: accompagnarci oltre una crisi, paradossalmente, attraversandola.
Mi viene da definire i brani “favole oniriche elettroniche”, una narrazione sospesa tra incanto e realtà, c’è una sorta di ordine che emerge tra cantato e musica; che apporto hanno dato al progetto Mamo (già batterista degli Io?Drama) e il violinista Vito Gatto?
Direi che senza di loro questo EP non sarebbe esistito, con Mamo ho condiviso la scrittura dei brani, Vito invece ha lavorato, successivamente, alla produzione. È stato un lavoro “collegiale”, il risultato credo non l’avessimo previsto neanche noi. La tua definizione comunque mi sembra incontestabile.
C’è una grande attenzione all’uso della voce, un grande rispetto per la vocalità che si esprime in canto melodico e pulito. È per me un piacere sentire cantare in maniera elegante, mantenendo intatte le parole, senza tagliare le vocali finali. Ci racconti qualcosa sul tuo approccio alla scrittura dei testi?
Sulle voci devo menzionare il lavoro di Guido Andreani, che ci ha dato una grossa mano. Le tracce di voce sono un’unica ripresa, cantate dall’inizio alla fine. Questo perché abbiamo voluto umanizzare molto il canto, in contrasto con l’ambiente elettronico. Io stesso ho cercato di evitare evoluzioni o parossismi nell’interpretazione. Sui testi ho molti approcci, non uso sempre lo stesso. In questo caso i testi sono stati scritti interamente dopo le melodie, ho quindi dato priorità al suono nella scelta delle parole, e adattato i contenuti di conseguenza. Il significante prima del significato, insomma.

Nella copertina c’è un buco in uno spazio non ben identificato, dei modellini; in questo cerchio non si capisce se si entra o se si esce, se sia una voragine o la porta della realtà o del suo confine. Cos’hai voluto rappresentare?
L’idea della copertina è di Mamo, la realizzazione di Simone Pezzolati. Cerchiamo di comunicare lo straniamento di prima, alcuni bagnanti in atteggiamento rilassato e vacanziero, ma sull’orlo di un abisso. Penso sia una buona sintesi del nostro paradosso
Dopo la presentazione dell’album il 12 Aprile a Milano, dove potremo vederti live?
Ovunque spero, non ho ancora un calendario preciso, ma ci sarò.
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