Ricerca

Off Topic

Solo contenuti originali

Tag

ECM Records

Fred Hersch – Silent, Listening (ECM Records, 2024)

R E C E N S I O N E


Recensione di Nicola Barin

C’è una frase che può riassumere meglio di altre il nuovo progetto del pianista americano Fred Hersch, ed è il titolo della sua biografia: Good Things Happen Slowly. Il pianista di Cincinnati all’età di 68 anni ci regala un altro progetto in piano solo, un album che esalta le atmosfere notturne e umbratili. Ognuno di noi incontra musicisti con i quali trova, per motivi oscuri, una sorta di sintonia particolare, una costante empatia, una folgorazione. La mia con Fred Hersch è avvenuta con l’album The Fred Hersch Trio +2 del 2004. Con un amore verso la lezione di Bill Evans l’artista ha saputo far confluire e distillare un timbro unico e irripetibile creando il miglior piano trio attualmente in circolazione (insieme a John Hébert al contrabbasso e Eric McPherson alla batteria). Il pianismo di questo artista si insinua lentamente, si fa strada con garbo senza stravolgimenti, ad un primo ascolto, successivamente le sensazioni mutano, ascoltate la versione di Bemsha Swing di Thelonious Monk tratta dal Live al Village Vanguard del 2003: la pulsazione ritmica è possente, lo swing scorre con ferocia.

Continua a leggere “Fred Hersch – Silent, Listening (ECM Records, 2024)”

Matthieu Bordenave – The Blue Land (ECM Records, 2024)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Il titolo dell’ultimo lavoro di Matthieu Bordenave, The Blue Land, mi ha fatto pensare al ruolo quasi marinaresco di questo sassofonista francese appena quarantenne, che vive attualmente in Germania. Ciò per via di un curioso e ludico accostamento di parole, la nave inserita nel suo cognome, la Terra Blu su cui sbarcare, la traversata suggerita dal suo penultimo album e infine l’approdo all’ECM, inizialmente avvenuto come sideman in occasione dell’incisione dell’album For 2 Akis del batterista Shinya Fukumori (2018). Dopo un percorso discografico iniziato con l’incisione di un paio di album per l’etichetta tedesca Enja e una piccola parentesi per la Doublemoon Records di Istanbul, lo sbarco in grande stile in casa di Eicher avviene con il celebrato La Traversée del 2020 e oggi Bordenave replica con The Blue Land. La formazione dell’Autore – che in questo album possiamo ascoltare sia al sax tenore che al soprano – ha origini prevalentemente classiche e sarà comunque a Parigi che il sassofonista s’indirizzerà verso il jazz, alla ricerca di un nuovo linguaggio espressivo basato sull’improvvisazione e non concentrato solamente sulle linee esecutive, come richiesto dall’approccio più diretto di una partitura d’autore.

Continua a leggere “Matthieu Bordenave – The Blue Land (ECM Records, 2024)”

John Surman – Words Unspoken (ECM Records, 2024)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Non usa formule facilmente ripetibili, il sassofonista britannico John Surman. Con i suoi ottant’anni d’età e almeno sessanta di carriera, di lui possiamo raccontare tutto, tranne che nella sua vita, come musicista, non abbia sperimentato le più eclettiche combinazioni strumentali suonando con i migliori artisti di mezzo mondo. Attraverso i corsi seguiti presso il London College of Music e con le prime esperienze londinesi all’inizio dei ’60, tra cui le esibizioni a fianco del pianista Mike Westbrook e del suo gruppo, Surman giunge alla sua prima incisione ufficiale per l’etichetta Deram nel 1969, fino ad arrivare all’esordio presso ECM dieci anni più tardi con Upon Reflection (1979). L’avventura musicale di Surman ha toccato, con disinibita noncuranza, vari stili e diversi aspetti espressivi, non ultimo le collaborazioni con la danza contemporanea, con il teatro, la radio, la Tv e la musica corale. Ma forse è proprio con l’etichetta tedesca di Eicher che il suo suono si è, diciamo così, maggiormente caratterizzato. Le sue note, spesso allungate e immerse in una limpida chiarezza timbrica, dimostrano la padronanza nell’emissione di fiato e la fluidità dei fraseggi, qualità che l’hanno via via allontanato sempre di più dallo stereotipo del sassofonista di stampo statunitense e gli hanno conferito uno stile riconoscibile molto personale.

Continua a leggere “John Surman – Words Unspoken (ECM Records, 2024)”

Vijay Iyer – Compassion (ECM Records, 2024)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Uno tra i 147 precetti delfici dell’antico tempio apollineo recita così: “disprezza l’arroganza”. Le parole del pianista Vijay Iyer, a questo proposito, e che possiamo leggere in un suo scritto datato 02/11/23 pubblicato sul sito ufficiale della Chamber Music America, sembrano non lasciare dubbi. Personalmente mi sono piaciute così tanto che mi sento di sottoscriverle in toto. In particolar modo quando egli si scaglia, con veemente energia, contro il termine eccellenza, quella “maledetta clava di parola”, come meglio specifica lui stesso. La medesima espressione è in effetti tanto amata da una certa categoria di persone a cui piace riempirsi la bocca con sintagmi ad effetto e soprattutto con un termine divisivo come questo che separa il mondo in due categorie, gli eccellenti e… gli altri. Perché, aggiunge e chiosa Iyer nel suo lungo scritto, “…l’eccellenza riguarda le brochure, le sale riunioni e i marchi, ma la musicalità è per la gente. L’eccellenza è ciò per cui ci viene insegnato a lottare ma la musicalità è letteralmente ciò che conta.” In termini più pragmatici, Iyer ci vuol dire che questa presunta qualità appiattisce tutti verso lo stesso, convenzionale ipotetico traguardo, mentre la sola bontà della Musica può essere espressione di pura creatività soggettiva, senza modelli necessari a cui ispirarsi, senza deliberazioni aprioristiche su tutto ciò che dovrebbe per forza essere più significante. Di questo importante musicista contemporaneo abbiamo già abbondantemente parlato in una precedente recensione di Off Topic che potrete leggere qui, a proposito del suo precedente lavoro ECM del 2021, Uneasy.

Continua a leggere “Vijay Iyer – Compassion (ECM Records, 2024)”

Arve Henriksen, Harmen Fraanje – Touch of Time (ECM Records, 2024)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Musica dal profondo Nord. Touch of Time rappresenta la prima volta di questo duo costituito dal norvegese trombettista cinquantacinquenne Arve Henriksen e dall’olandese pianista quarantasettenne Harmen Fraanje. Henriksen è uno dei musicisti più citati in Off Topic, anche se in effetti ci siamo occupati direttamente di lui solo in occasione della partecipazione ad Uma Elmo (2021) – leggi qui – con Jakob Bro alla chitarra e Jorge Rossy alla batteria. Il suo tratto personale nella gestione dello strumento non sta tanto nell’ottenere il caratteristico suono squillante, quanto nel far udire anche il soffio prodotto dal fiato, a volte quasi un mormorio appena percepibile. Lo stile così creato è diventato un riferimento esplicito per altri trombettisti, soprattutto nordici, pensando a Verneri Pohjola e a Jakob Sorensen, ad esempio – vedi qui e qui. Certamente anche Henriksen, a sua volta, deve qualcosa allo statunitense Jon Hassell, pure se il suono di quest’ultimo era infarcito di effetti elettronici che il musicista norvegese utilizza con un po’ più di discrezione. Infatti Henriksen ha una collocazione ideale più acustica, alle volte sembra immettere nella sua tromba nuances che ricordano il suono di un flauto o strumenti esotici come il duduk, addolcendone la sonorità complessiva e arricchendo il tutto di sfumature timbriche dai sapori medio-orientali. L’impressione è che l’artista norvegese abbia de-strutturato il suono della tromba, andando a cogliere non tanto la tipica impronta sonora penetrante dello strumento, ma ponendo più attenzione all’energia che la produce, cioè il respiro. Un ànemos proveniente non solo dai polmoni ma dall’interiorità psichica del musicista che crea note umbratili fluttuanti nell’aria ed un senso rarefatto di distensione. Fraanje è un bravissimo pianista, dall’impronta piuttosto classica – la possiamo avvertire non solo in questo album ma ad esempio nel bell’Avalonia del 2021, uscito a nome di Harmen Fraanje Trio – che ben si adatta alle asciuttezze di Henriksen, offrendo all’equilibrio dei brani un tono intimo e cameristico che si confà apertamente alle intenzioni progettuali dell’album. Un parallelo con un altro pianista, questa volta non nordico ma armeno come Tigran Hamasayan, viene spontaneo soprattutto nei momenti più modali delle composizioni, tenendo presente che anche quest’ultimo musicista ha suonato con Henriksen in Atmospheres del 2016.

Continua a leggere “Arve Henriksen, Harmen Fraanje – Touch of Time (ECM Records, 2024)”

The Gurdjieff Ensemble, Levon Eskenian – Zartir (ECM Records, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Dopo tutta l’attenzione dedicata ai sogni, coi loro significati latenti e manifesti che hanno giustificato una delle filosofie più fortunate e diffuse nella Storia dell’Occidente, l’avventura di Georges Ivanovič Gurdjieff iniziava in Europa più o meno nello stesso periodo con un motivo di fondo paradossalmente opposto. Se la psicoanalisi individuava nel mondo onirico un Altrove pieno di significati simbolici da decriptare, per Gurdjieff gli esseri umani avrebbero dovuto invece svegliarsi, riflettendo su un invito peraltro già presente nei Vangeli. Le persone vivono, secondo quanto affermava l’esoterico filosofo armeno, in un perenne stato di torpore ed hanno della realtà una visione amputata. Credono di possedere un Io che è invece una raccolta di frammenti tra loro separati, per cui gli individui non desti non possono esprimere nessun atto veramente volontario ma solo reiterare comportamenti automatici, a meno di recuperare la loro integrità cosciente. Al di là di chi fosse realmente Gurdjieff, oltre la sua visione dell’esistenza che si dice racchiudesse un’antica sapienza tradizionale mediorientale, egli ha lasciato una serie di composizioni, tradotte inizialmente per pianoforte e per orchestra dal pianista e compositore russo Thomas de Hartmann. Queste creazioni sono state riprese dallo straordinario Gurdjieff Ensemble diretto dal libanese Levon Eskenian – attualmente vive in Armenia – che ha provveduto a rivederle e riarrangiarle per la sua orchestra di dodici elementi, tutti alle prese con strumenti rigorosamente acustici e di provenienza tradizionale asiatica.

Continua a leggere “The Gurdjieff Ensemble, Levon Eskenian – Zartir (ECM Records, 2023)”

Palle Mikkelborg, Jakob Bro, Marilyn Mazur – Strands (ECM Records, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Quando la giovinezza finisce e la vitalità tende a stemperarsi con gli anni, si attraversa un naturale processo di crisi che spesso ci porta a rivedere il giudizio su noi stessi, valutando lo scarto tra gli obiettivi immaginati e quelli effettivamente raggiunti. La ricerca del processo d’individuazione, il cammino che porta a validare i nostri scopi, coinvolge un po’ tutti e a maggior ragione gli artisti, soprattutto quelli che nella loro carriera hanno accumulato un gran numero di esperienze professionali. Tirando le opportune somme, se il fine è quello di raggiungere l’essenziale, da questo punto di vista possiamo considerare esemplare questo lavoro ECM – Strands, un live registrato nella sala-concerto della Radio Danese – dell’ottantaduenne trombettista e flicornista danese Palle Mikkelborg che, insieme a Marilyn Mazur alle percussioni e Jakob Bro alla chitarra, costituisce un trio in cerca di coerenza artistica e poetica che scandaglia il fondo dell’anima per intravedere qualcosa di più di un semplice bagliore di luce. Mikkelborg, in una carriera di oltre sessant’anni di attività, ha lavorato con due grandi orchestre come quelle di Gil Evans e George Russell, ha suonato con gente come Jan Garbarek, Terje Rypdal e Gary Peacock ed ha anche composto e firmato gli arrangiamenti di un disco di Miles Davis, Aura, pubblicato nel 1985, all’interno del quale suonava le percussioni la stessa Mazur che ora compare in questo nuovo album.

Continua a leggere “Palle Mikkelborg, Jakob Bro, Marilyn Mazur – Strands (ECM Records, 2023)”

Nitai Hershkovits – Call On The Old Wise (ECM Records, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Dato che viviamo in una società incoerente, anziché razionale, oggi dobbiamo stare attenti persino nel compilare una semplice recensione musicale. Spesso i metalinguaggi si sovrappongono, s’incrociano e si confondono l’un l’altro aumentando la babele interpretativa. Se infatti di questi tempi parlando di un autore russo si rischia di essere definiti filo-putiniani, cosa potrebbe succedere commentando l’album di un pianista israeliano? E ovviamente il discorso può essere girato dall’altro capo, qualora il musicista in questione fosse palestinese o ucraino. L’esempio interculturale della West Eastern Divan Orchestra del maestro Barenboim avrebbe dovuto pur insegnare qualcosa… Nitai Hershkovits, pianista israeliano trentacinquenne, figlio di madre marocchina e padre polacco, è già, di per sé, geneticamente parlando, un ponte tra culture diverse. Il suo percorso formativo è stato differente da quello della maggior parte dei suoi colleghi. Solitamente, soprattutto nel caso dei pianisti, s’inizia con studi classici per poi orientarsi verso sonorità più contemporanee, come ad esempio il jazz. Invece, con Hershkovits, il cammino si è realizzato al contrario in quanto l’approdo alla musica classica è avvenuto in un secondo tempo rispetto all’interesse per il jazz. In questo ultimo Call on the Old Wise pubblicato da ECM – nonostante l’esordio per questa etichetta, il pianista israeliano ha già quattro album da titolare alle spalle – la componente più evidente, direi anche in modo preponderante, è proprio quella della matrice classica. A dire il vero Hershkovits si era già scoperto, da questo punto di vista, come un musicista assai vicino alla tradizione così detta colta della musica occidentale tipicamente europea e a questo proposito basta ascoltare Lemon the Moon del 2019 ma ancor più New Places Always, opera splendida del 2018 che suggeriva un cambio direzionale rispetto ai lavori precedenti, più orientati verso formule jazz-fusion o addirittura nu-jazz come si può ascoltare ad esempio in I Asked You a Question (2016).

Continua a leggere “Nitai Hershkovits – Call On The Old Wise (ECM Records, 2023)”

Wolfgang Muthspiel – Dance of the Elders (ECM Records, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Immaginate di essere nati in Austria e che i vostri genitori vi abbiano chiamato Wolfgang. Poi fantasticate ulteriormente e figuratevi di studiare musica per farne una professione. Forse Wolfgang Muthspiel, austriaco cinquatottenne, tra i migliori chitarristi jazz al mondo – nonché incluso nella rosa circoscritta dei miei preferiti in assoluto –  era proprio un predestinato. Che lo sia stato o no, stiamo parlando di un musicista che ha inciso circa venticinque album come titolare e che ha suonato insieme ad artisti come Patricia Barber, Gary Burton, Brad Mehldau, Marc Johnson, Paul Motian, Ralph Towner, Dhafer Youssef ecc… Muthspiel passa con naturalezza dallo strumento elettrico a quello acustico e non solo, dimostrando un camaleontismo formale che lo porta, ad esempio, ad esprimersi anche in veste cantautoriale, così com’è avvenuto in passato con due potenti album dedicati a Vienna, Vienna Naked nel 2012 e Vienna, World del 2015 – se non li avete mai ascoltati è la volta buona per iniziare a farlo. Ma in questa circostanza ci occupiamo dell’ultimo suo album targato ECM – il quinto in assoluto partecipato per questa etichetta – che a causa del titolo Dance of the Elders (Danza degli Anziani) mi vede emotivamente coinvolto. Muthspiel è un chitarrista estremamente raffinato, meno intellettuale e forse meno tecnico di un Ralph Towner ma probabilmente più vicino ad uno spirito come quello dell’ungherese Ferenc Snetberger e non tanto per questioni storico-geografiche quanto per il tocco sulle corde che oltre ad una gentilezza intrinseca racchiude anche tutta la storia di una peculiare formazione classica.

Continua a leggere “Wolfgang Muthspiel – Dance of the Elders (ECM Records, 2023)”

Sito web creato con WordPress.com.

Su ↑