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Fast Animals and Slow Kids – È già domani (Woodworm, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Giovanni Tamburino

Dopo più di una decade di valorosa carriera, quando ci si trova davanti al nuovo disco di una band come i Fast Animals and Slow Kids l’aspettativa è duplice. Se da una parte c’è la curiosità per un nuovo sound, per rivivere vecchie emozioni prese in prestito dagli album precedenti, dall’altra si sente l’aria del ritrovo. Si entra in una casa accogliente a incontrare volti familiari dopo tanto tempo.
Si sta lì, uno di fronte all’altro, giocando a riconoscere tra i lineamenti noti i segni del cambiamento, del tempo che passa. Si indaga su cosa è successo durante l’assenza, su che ne è stato dei propositi della volta prima, si riconoscono fatiche e vittorie.
Sintetizzando, la domanda che ci si pone in questi casi potrebbe essere: come sei diventato più grande dall’ultima volta?

Anticipato dai lanci di Come un animale, Cosa ci direbbe (con le barre dell’amico Willie Peyote) e Senza deluderti– secondo prodotto da Matteo Cantaluppi, pubblicato in casa Woodworm –, È già domani, sesto disco della band perugina, esce venerdì 17 settembre, portando la risposta che Aimone, Alessio, Jacopo e Alessandro hanno dato a quell’interrogativo dopo i quasi due anni che li hanno tenuti lontano dai loro devotissimi, tanto da cercare di raggiungerli in ogni modo. Da un tour estivo in acustico – che ha dimostrato la loro incapacità di perdere mordente anche di fronte ad una platea seduta composta – ad un altro viaggio a tappe per presentare il nuovo arrivato, questi ragazzi non vogliono proprio saperne di passare altro tempo sul divano ad aspettare.

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Ministri – Cronaca Nera e Musica Leggera (Woodworm/Universal 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Giovanni Tamburino

Dire che questi siano tempi strani è fondamentalmente ridicolo. Sono tempi completamente fuori fase, in cui apparenti sicurezze si alternano a instabilità fin troppo concrete, in un loop senza fine di riaperture e chiusure, prima ancora che di negozi, stadi e ristoranti, mentale.
La crisi che si è innescata è subdola quanto evidente: lobotomizzati tra indici Rt e conteggi, veri o falsati che siano, ci ritroviamo a galleggiare senza la capacità di fronteggiare la prossima onda. O ondata.

Imperversano opinioni, titoli di giornale e allarmismi di ogni sorta, strappando le giornate dalla nostra presa e rendendoci utenti passivi della vita, mentre la stessa ci scorre davanti. In tale contesto di sincopata disperazione, dove tutto è indice di un problema, ma nessuno riesce a comprendere se questo sia il Covid-19, il governo o un’informazione spicciola da clickbait, il ritorno di una band di veterani come i Ministri ha in tutto e per tutto l’effetto di una sana e necessaria terapia del dolore.
Tre anni dopo l’uscita di Fidatevi, sesto album, e anticipato dal singolo Peggio di niente, esce il 14 maggio Cronaca nera e Musica leggera: un’inattesa quanto necessaria mazzata sulle gengive in quattro brani, un EP che condensa in sé tutta la capacità di osservazione e di reazione che la band milanese ha sempre dimostrato negli oltre quindici anni di carriera.

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Emma Nolde: A volte la coerenza è una virtù sopravvalutata

I N T E R V I S T A


Articolo di Luca Franceschini 

Accade sempre più raramente, forse per l’eccessiva ricchezza di impulsi e la nostra sempre più cronica distrazione, ma continuo a pensare che il modo migliore per scoprire un nuovo artista sia quello di sentirlo dal vivo. Mi è successo pochi giorni fa con Emma Nolde: un nome che nei circuiti specializzati gira da parecchio (la partecipazione, tra le altre cose, al Mi Ami TVB è stata di per sé una certificazione di garanzia), due singoli usciti durante l’estate che però, tra una cosa e l’altra, mi ero dimenticato di ascoltare. Me ne sono ricordato il 27 agosto, quando sono andato a sentire Francesca Michielin nell’ambito di una delle serate di “Cuori impavidi”, la rassegna concertistica messa coraggiosamente in piedi da Carlo Pastori e dal team del Mi Ami, di fatto l’unica occasione, a parte Parco Tittoni, Mare Culturale Urbano e qualche sporadica data qua e là, di ascoltare musica dal vivo a Milano durante questa estate interlocutoria. Emma Nolde (che vive a San Miniato ma di fatto è cresciuta ad Empoli) si è presentata sul palco subito dopo il pregevolissimo set di Hån (spendiamo due parole anche per questa ragazza e per il suo ultimo Ep ”Gradients”, uscito a luglio; magari non originalissimo ma di pregevole fattura, certificazione indubbia di un talento cristallino, anche se forse sul palco c’è qualche cosa da aggiustare), in compagnia di Renato d’Amico e Andrea Pachetti, amici e collaboratori di lunga data, fondamentali anche per gli arrangiamenti e la produzione dei pezzi. Ha aperto con “Nero ardesia”, uno dei due singoli già usciti e che non avevo ascoltato, e non ci è voluto altro per conquistarmi. Capacità di scrittura, voce, personalità, impatto: questa ragazza possiede tutto questo e fa impressione perché ha solo vent’anni e le canzoni che compongono il suo disco d’esordio le ha scritte tutte durante l’adolescenza. Ci sono voluti cinque anni di lavoro, subito dopo la decisione di passare dal cantato in inglese a quello in italiano, ma alla fine le canzoni selezionate, otto in tutto, hanno trovato il loro vestito migliore e anche grazie alla sapiente cura di Renato e Andrea, brillano di luce propria, mettendo a nudo un’artista dalla maturità sorprendente, che sa perfettamente cosa vuole fare e che non sembra troppo preoccupata dalla quantità di influenze che ha disseminato nel disco, caratteristica che si avrebbe la tentazione di bollare come mancanza di sicurezza. La incontro a Milano, nella sede di Universal, che pubblica “Toccaterra” assieme a Woodworm, durante una giornata interamente dedicata alle interviste promozionali. Chiacchierata molto interessante, che, come vedrete, ha offerto parecchi spunti che sarebbero stati meritevoli di approfondimento. Anche questo non è un dato da poco: è verissimo che un artista debba innanzitutto sapere esprimersi attraverso la propria arte, ma se si trova qualcuno che è anche in grado di riflettere e di mettere a fuoco ciò che fa, tanto meglio!

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La Rappresentante Di Lista – Go Go Diva (Woodworm, 2018)

R E C E N S I O N E


 

Articolo di Giovanni Carfì

Terzo lavoro per LRDL o se preferite La Rappresentante Di Lista; dietro ad un nome così lungo in realtà si nascondono in pochi, per l’esattezza Veronica Lucchesi alla voce e i cori, e Dario Mangiaracina che si occupa del resto: chitarre, synth, basso e voce. Sono undici le tracce di questo disco, ognuna ricca di immagini e significati, un capitolo di uno stesso libro dove il tema dell’amore viene usato come chiave di lettura e dove la protagonista è una donna, intesa nella sua interezza, con mille sfaccettature.
Go Go Diva non è solo il titolo, ma è anche il nome della nostra protagonista, oltre ad un invito chiaro e dinamico verso il quale indirizzare l’ascolto e il viaggio; un percorso senza nessun tipo di ostacolo, senza indugi sonori, ma ricco di episodi interpretati in modo diretto, anche troppo alle volte, ma tutto è fatto con l’intento di attrarre e raccontare senza nessun tipo di distrazione.

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Campos – Umani, vento e piante (Woodworm Label, 2018)

Articolo di Giovanni Carfì

Secondo disco per i Campos, band pisana composta da Simone Bettin, voce e chitarra, Davide Barbafiera all’elettronica e Tommaso Tanzini al basso. Nascono ufficialmente nel 2011, dall’idea del cantante Simone, e da Davide, il cui intento era unire il suono della chitarra folk, con basso e percussioni elettroniche. I primi passi vennero mossi a Berlino, a causa del trasferimento di Simone nella capitale tedesca, dove si unì a loro una bassista australiana di estrazione classica, Dhari Vij. Questa parentesi diede loro modo di esibirsi in vari club, e parallelamente di lavorare alle registrazioni del loro primo lavoro, dal titolo “Viva”, registrato nel 2015 e dato alle stampe nel 2017. Nello stesso anno, il basso passa nelle mani di Tommaso Tanzini, che entra in pianta stabile nella band, e insieme portano in giro per l’Italia il loro album in versione live.

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Giorgieness – Siamo tutti stanchi (Woodworm label, 2017)

Articolo di Giovanni Carfì

Secondo album per la band capitanata da Giorgia D’Eraclea; dopo il precedente “La giusta distanza” e i lunghi km percorsi per la promozione dello stesso, eccoli tornati.
Nonostante la stanchezza, tipica del ritorno a casa dopo una vacanza, dove ci si sente più  affaticati di prima, Giorgia e compagni trovano il modo e la voglia di realizzare il “temutissimo” secondo disco, relegando la sensazione di spossatezza al titolo.

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Angela Baraldi – Tornano sempre (Woodworm, 2017)

 

Articolo di Luca Franceschini.

Negli ultimi anni Angela Baraldi si è occupata soprattutto di impreziosire con la sua voce progetti di altri artisti. Dalle collaborazioni con Giorgio Canali (il duetto su “La solita tempesta” nell’ultimo disco in studio del cantautore emiliano, nonché il tributo ai JoyDivision che i due portano in giro ormai da diverso tempo) a quelle con Massimo Zamboni relative al repertorio dei C.S.I, sfociate più recentemente in “Breviario partigiano”, il prodotto che ha riportato in vita la storica formazione, pur senza Giovanni Lindo Ferretti alla voce, e sotto il monicker di Post C.S.I.

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Edda – Graziosa utopia (Woodworm, 2017)

Articolo di Eleonora Montesanti

Tutte le volte che esce un disco di Edda inizio le mie recensioni allo stesso modo: tutte le volte che esce un disco di Edda ci si ritrova a dire che è il suo capolavoro. Dopo l’intimo e distorto Semper Biot (2009), il crudo e fragile Odio i vivi (2012) e lo spietato e sincero Stavolta come mi ammazzerai (2014), anche il nuovissimo Graziosa utopia non è da meno. Si potrebbe dire, dunque, che ogni disco di Edda è un regalo. Sia per noi, sia soprattutto per lui stesso. Soprattutto nel caso di quest’ultima uscita Edda ce la mette davvero tutta per trovare un filo conduttore in un utopico ottimismo: fattela passare, è questo il messaggio che l’artista milanese ci tiene a far rimbalzare sui disagi, sulle paranoie e sulle paure di cui è colma la quotidianità.
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Alessandro Fiori – Plancton (Woodworm, 2016)

plancton

Articolo di Eleonora Montesanti

Il fulcro di Plancton, il nuovo lavoro di Alessandro Fiori, sta tutto concentrato nel non-ritornello del primo brano, Aaron: il sole rimane dietro. Nelle dieci tracce che compongono il disco, infatti, si parla principalmente di oscurità, di stasi, di passività, di morte perennemente incombente e lo si fa con toni ipnotici, ossessivi, quasi morbosi.

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