R E C E N S I O N E


 

Articolo di Giovanni Carfì

Terzo lavoro per LRDL o se preferite La Rappresentante Di Lista; dietro ad un nome così lungo in realtà si nascondono in pochi, per l’esattezza Veronica Lucchesi alla voce e i cori, e Dario Mangiaracina che si occupa del resto: chitarre, synth, basso e voce. Sono undici le tracce di questo disco, ognuna ricca di immagini e significati, un capitolo di uno stesso libro dove il tema dell’amore viene usato come chiave di lettura e dove la protagonista è una donna, intesa nella sua interezza, con mille sfaccettature.
Go Go Diva non è solo il titolo, ma è anche il nome della nostra protagonista, oltre ad un invito chiaro e dinamico verso il quale indirizzare l’ascolto e il viaggio; un percorso senza nessun tipo di ostacolo, senza indugi sonori, ma ricco di episodi interpretati in modo diretto, anche troppo alle volte, ma tutto è fatto con l’intento di attrarre e raccontare senza nessun tipo di distrazione.

L’apertura è affidata a Questo Corpo, scelta anche come singolo; ma non pensate sia solo un brano orecchiabile, è un’immagine, quella più intima soprattutto per una donna, un corpo, uno strumento a doppia lama. Ma in questo frangente è come se avesse una vita indipendente, accesa dal desiderio di consumarsi e allo stesso tempo di preservarsi davanti ad una crisi o alla solitudine. Ecco che entriamo subito nel mood, con suoni di synth e clap sui quali la voce di Veronica è cristallina e segnante, una di quelle voci che ruba dalla tradizione di altre cantanti degli anni 70/80.
Ci sono continui cambi tra una canzone e l’altra, proprio come in una pièce teatrale ogni brano corrisponde ad un cambio d’abito, ma mantenendo ovviamente la stessa personalità; contraddizioni e desideri nella canzone Giovane femmina, “io sono la giovane femmina, adesso che bevo, voglio ancora la sete…adesso che parli voglio solo che taci”. Anche nella successiva Guarda come sono diventata, dopo un inizio soft, un’esplosione vocale, esponendosi in quel brillare, in quella “luna che splende del mio bagliore”; una traccia breve, un messaggio diretto a qualcuno e un auto affermazione di cosa si sente oggi, nel vivere quotidiano.
Come già detto in apertura, l’amore è inteso come chiave di lettura univoca per i vari episodi raccontati, come in Ti amo (Nanana), un amore uguale e diverso, dove il ritornello inizialmente paragonabile ad uno scioglilingua, viene poi districato con dolci parole su un arrangiamento dondolante; “e mentre ti amo come mi ami, tu mi ami come ti amo”, un sentimento uguale a se stesso tanto da perderne il significato e la coesione.
Troviamo anche limiti e debolezze in Maledetta tenerezza, un’altra di quelle canzoni da cantare con tono liberatorio, in contrapposizione alle debolezze di ognuno di noi, che spesso sono dei limiti che ci imponiamo, evitando proprio di esprimerci “ad alta voce”.
Un’altra caratteristica sono le immagini evocate, ci sono frasi che hanno un effetto visivo molto forte, e ci sono due brani su tutti che ne contengono; la prima è la dolce/amara Panico, l’altra è la drammatica e vera The Bomba. Nella prima l’immagine “mio padre e mia madre hanno ripreso a fare l’amore”, “la pioggia si calpesta e quello che rimane è che ho perso le scarpe e anche mia madre mi cammina in testa”, evocano una sensazione strana rimarcata dallo stridere degli archi sovrapposto alla risata forzata e nervosa finale. Ispirata in realtà ad un episodio drammatico avvenuto a Torino qualche anno fa, quando il panico ebbe la meglio.
Cantata inizialmente come un motto da cheerleader, T-h-e B-o-m-b-a, cristallizza il momento clou di una partoriente, con la sensazione sgradevole di mille voci fuse alle grida di dolore per lo sforzo o per la drammaticità stessa della scena, e che nessuno può sentire per le spesse mura che ne soffocano il suono. Muri metaforici e camere tecnologiche che funzionano come “comfort zone”, per salvarci dalle bombe che potrebbero arrivare, o per non sentirne le esplosioni.

 

Nascondersi, esporsi, lo facciamo tutti spesso, anche se in cuor nostro vorremmo apparire, risaltare, esprimerci e affermarci; ognuno ha i suoi desideri, ma quando questi si realizzano, dobbiamo riuscire a mantenere il nostro equilibrio, e alle volte l’instabilità tra il nostro essere e il nostro desiderio, sono la soluzione più stabile.
Un lavoro che si può ascoltare senza regole o ordini particolari; troviamo canzoni dolcissime e accorate, alcune dirette, altre da interpretare, ma tutte contribuiscono a rendere Go Go Diva un disco maturo e centrato, dove l’amore, elevato a sentimento primario, assume tutte le sfumature possibili, e si pone a elemento necessario per capire e capirsi, come nella conclusiva Wow, dove l’amore si sposta verso l’esterno, verso uno specchio nel quale guardarsi, o negli occhi di qualcun altro; stupiamoci della bellezza ovunque sia.