R E C E N S I O N E
Recensione di Giovanni Tamburino
Dire che questi siano tempi strani è fondamentalmente ridicolo. Sono tempi completamente fuori fase, in cui apparenti sicurezze si alternano a instabilità fin troppo concrete, in un loop senza fine di riaperture e chiusure, prima ancora che di negozi, stadi e ristoranti, mentale.
La crisi che si è innescata è subdola quanto evidente: lobotomizzati tra indici Rt e conteggi, veri o falsati che siano, ci ritroviamo a galleggiare senza la capacità di fronteggiare la prossima onda. O ondata.
Imperversano opinioni, titoli di giornale e allarmismi di ogni sorta, strappando le giornate dalla nostra presa e rendendoci utenti passivi della vita, mentre la stessa ci scorre davanti. In tale contesto di sincopata disperazione, dove tutto è indice di un problema, ma nessuno riesce a comprendere se questo sia il Covid-19, il governo o un’informazione spicciola da clickbait, il ritorno di una band di veterani come i Ministri ha in tutto e per tutto l’effetto di una sana e necessaria terapia del dolore.
Tre anni dopo l’uscita di Fidatevi, sesto album, e anticipato dal singolo Peggio di niente, esce il 14 maggio Cronaca nera e Musica leggera: un’inattesa quanto necessaria mazzata sulle gengive in quattro brani, un EP che condensa in sé tutta la capacità di osservazione e di reazione che la band milanese ha sempre dimostrato negli oltre quindici anni di carriera.

Il giorno prima della data fatidica, i Ministri siedono nello schermo del mio pc per una videoconferenza come ormai tante. Noto anche, con un certo fastidio, che se da una parte questa modalità permette di comunicare con chiunque da ovunque tu sia, dall’altra sta finendo per privarmi del brivido, dell’emozione di parlare con le bestie sacre del rock italiano.
Davide, Federico e Michele, invece, sebbene sia evidente che questa modalità non sia la più confacente a degli eroi del palco come loro, sono carichi. Ci sfidano a domandare, non vedono l’ora di parlare del loro nuovo lavoro. Ridono, sorridono, rispondono e ribattono senza lasciar cadere nessuna domanda nel vuoto. Vogliono farci innamorare con loro di questo disco. Non sanno che è già successo al primo ascolto.
Nessuno “spiegone” sulla società e su come gli uomini debbano comportarsi tra loro, nessuno sguardo distaccato dall’alto di una torre d’avorio. Chitarre distorte e batterie pestate in quello che ha tutta l’aria di un reportage rock, privo di censura nei confronti del disagio che dilaga nelle nostre strade e, ancor di più nelle nostre case. L’urlo dei Ministri viene dal mezzo della bolgia, sebbene supportato dall’evidente recettività nel distinguere realtà e apparenza, dal fiuto di chi non si accontenta del proprio angolino e cerca le ferite scoperte per gettarci il sale sopra.
Un brano dopo l’altro, tra l’aggressività di Peggio di niente e della title track, l’energia quasi californiana di Inferno e l’ironia spietata di Bagnini, viene mostrato il re nudo che alberga in ciascuno di noi, smontando pezzo per pezzo il muro di velleità che abbiamo iniziato a costruire ben prima che il nostro alibi fosse una pandemia mondiale.
Dalla fine della morale no-global e del perseguimento di una verità unica, fino all’apatia di un anno trascorso nelle stesse quattro pareti, emerge il piccolo girone privato di ciascuno, che non sembra intenzionato a mollare nessuno, nemmeno dopo il “liberi tutti”, séguito dell’emergenza presente.
Un disco che fa da ponte tra il vecchio e il nuovo, nella carriera della band, ma non solo – dal loro sound elettrico e sempre fresco al richiamo alle storiche copertine dei saggi Einaudi, ad opera di Munari, nelle cover dei singoli brani. Negli stessi vengono messi a nudo tutta la confusione e il rumore che impediscono di comprendere realmente noi stessi e la realtà che ci sfila davanti senza avere la minima intenzione di fermarsi per farsi conoscere. Su una visione che non sembra lasciare scampo ad altro che non sia lo svolgersi del tempo, l’andamento ritmico e melodico tira inaspettatamente per i capelli. Nessuna lezione di vita, si diceva, ma nemmeno la voglia di lasciarsi trascinare giù dalla corrente.
Un bipolarismo che diventa una possibilità di approccio al mondo da prendere seriamente in considerazione. Nessun palliativo, niente vesti stracciate nell’indignazione: solo riconoscendo il dolore della nostra epoca, solo una volta preso coscienza di questo e di quello che alberga in ciascuno di noi, è possibile fare ordine in quell’anarchico susseguirsi di azioni subite nelle nostre giornate e riappropriarsene.
Tracklist:
01. Peggio di niente
02. Bagnini
03. Inferno
04. Cronaca nera e musica leggera
Foto © Chiara Mirelli
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