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Articolo di Luca Franceschini.

Humus è la terra, il suolo, ciò a cui stiamo attaccati e che ci troviamo a calpestare ogni giorno. Dalla stessa radice deriva la parola “umile”, che in origine è proprio chi ha ben presente che viene dalla terra, che polvere era e polvere ritornerà, e che dunque non si attribuisce meriti che non ha, ma neppure ha intenzione di chinare la testa ai colpi della sorte.
Un po’ come la ginestra cantata da Leopardi, quel fiore che cresceva alle pendici del Vesuvio e che per il poeta marchigiano era divenuto il simbolo di una condizione umana triste ma non tragica, al contrario piena di dignità.

Si potrebbe partire da qui, per descrivere il primo disco solista di Fabrizio Pollio. Gli Io?Drama, molto probabilmente, non esistono più. Non c’è stato nessun messaggio esplicito in tal senso, ma il comunicato stampa diramato prima dell’estate non lasciava molti dubbi in merito e adesso l’uscita di questo disco (per la verità in lavorazione da tempo, lo stesso autore non ne ha mai fatto mistero) pare arrivata al momento giusto per fugare ogni dubbio.

Una storia strana, quella degli Io?Drama. I primi due album avevano fatto il botto, soprattutto “Da consumarsi entro la fine” (per chi scrive uno dei più bei dischi di rock italiano degli ultimi vent’anni), i loro concerti erano sempre affollatissimi (nei limiti di una band di nicchia, ovviamente) e soprattutto erano tanti, in ogni buco della penisola.
Poi è arrivato “Non resta che perdersi”: salto di qualità (e di budget) nella produzione, duro lavoro in sede di songwriting e di arrangiamenti, un prodotto eccellente, forse un filino sotto al suo predecessore, forse privo dell’hit single trascinante da rotazione radiofonica, ma in ogni caso di altissimo livello.
E non lo so, da lì qualcosa si è perso. Meno live, meno pubblico, forse meno entusiasmo. Fino alla decisione di sciogliersi, nella consapevolezza che un ciclo si era chiuso ed un altro bisognava aprire.
O forse non è vero, forse sono solo suggestioni mie, dopotutto io sono un fan che ha vissuto tutto questo da fan, che non ci è mai stato dentro davvero.

Rimane una verità, però: gli Io?Drama potevano esplodere e non sono esplosi. Avevano tutte le carte in regola per farlo, le avevano dopo il primo disco, dopo il secondo ancora di più e anche dopo il terzo (che pure era meno facile degli altri due) avrebbero potuto sfondare.
Invece non è successo nulla. I motivi? Siamo davvero sicuri che ce ne siano? Dopotutto, se esistesse una formula per il successo la storia della musica non sarebbe piena di occasioni mancate e di promesse non mantenute.

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Meglio dunque concentrarsi sul presente. “Humus”, il primo disco di Fabrizio Pollio, uscirà il 4 novembre e la sera precedente verrà presentato dal vivo, nell’intima cornice del Serraglio di Milano.
Ci hanno messo le mani Iacopo Pinna, un ingegnere del suono giovanissimo, ma che sta già lavorando a Los Angeles, giusto a dimostrare che si può ancora arrivare da qualche parte con il talento; e poi Giuseppe Magnelli, che ha sostituito Fabrizio Vercellino nell’ultimo album degli Io?Drama, diventando nel frattempo (un po’ lo era già prima in realtà) partner indispensabile del cantante.
Con la loro preziosa collaborazione, Fabrizio ha provato a mettere insieme canzoni che stavano da anni nel suo hard disk e altre scritte da poco, nell’intento di descrivere una particolare fase della propria vita; una fase non esattamente semplice, per motivi musicali e personali.

Il risultato è un lavoro che sa essere allegramente Pop, nello stesso momento in cui racconta in maniera schietta e niente affatto retorica che cosa voglia dire aver superato i trent’anni ed essere totalmente immersi nella drammaticità (in senso buono) della vita, quando la musica rimane il tuo lavoro, ma i sogni da rock star sono sfumati, il dolore vissuto in diverse circostanze ti ha reso più forte e nello stesso tempo più realista sulle tue possibilità.
Ma non chiamatela disillusione, questo no. C’è tanta, tantissima consapevolezza e tantissima umanità. Quell’umanità che è poi la cifra del titolo, ed è quella di cui nella sua dimensione autentica dell’apertura all’altro, tutti noi ne avremmo bisogno.

È un disco Pop ma non è leggero, nelle tematiche che tratta. Eppure, allo stesso tempo, è un disco apertissimo, solare direi quasi.
Ci sono fiati che esplodono quasi ad ogni momento, in una sorta di marcia trionfale che si sente sia nell’opener “Oggi è domenica” (uno dei testi meglio riusciti che Fabrizio abbia mai scritto) sia nella conclusiva “Angelus”, due canzoni dove il tema della morte e quello della vita sono indissolubilmente legati, senza che una possa stare senza l’altra.

È un disco Pop, ed è quel Pop che gli Io?Drama hanno saputo scrivere e interpretare alla grande in “Da consumarsi entro la fine”, ma che appare più pulito, sincero, spogliato di quella patina di manierismo ed autocompiacimento che affiorava spesso e che pur non dando fastidio (“Nel naufragio” rimane a mio parere una delle più belle canzoni italiane degli ultimi anni) apparteneva ad una fase ben precisa che adesso è giusto sia stata superata.
È un disco poco elettrico, ma è tutto un’esplosione di suoni: dall’acustica (spesso presente nell’ossatura ritmica dei brani), ai fiati, agli archi, alle tastiere, ad un certo punto sembra di intravedere pure un banjo; definirlo un disco folk sarebbe un azzardo, ma il folk in queste nove canzoni è presente in quantità, in un caleidoscopio di melodie sempre azzeccatissime che vanno a comporre un inno alla vita, lasciando senza fiato nella sua disarmante sincerità.
Non manca neppure quella componente elettronica che a Fabrizio non è mai dispiaciuta e che già sull’ultimo disco degli Io?Drama si era presa una bella fetta della scena. Qui ci sono soluzioni che sembrano parodistiche da quanto sono tamarre, ma che invece sono un sincero omaggio ad un genere che ha marchiato a fuoco un bel pezzo dell’identità musicale italiana.

“Nessun dogma”, da questo punto di vista, è EDM puro, con una base potentissima e un ritornello killer che fa da contraltare ad un testo complesso e per nulla “leggero”.
Una soluzione simile è stata tentata in “Incompiuta”, dove la disincantata elegia per un amore finito viene cantata come un inno Power Pop che sembra quasi lontano parente di quella “A piedi scalzi” che ci aveva fatto ballare alla grande per tutto il 2014.

“Humus” è un lavoro diretto, ma non per questo privo di sfumature, di declinazioni. Chi ha amato gli Io?Drama vi troverà la scrittura di Pollio valorizzata al massimo, in una dimensione essenziale che nasce da chi per forza di cose si trova a lavorare senza dover declinare il tutto al servizio di una band.
Ma è anche un Pollio cresciuto, maturato, migliorato. Pronto a consegnarci un album che arriva giusto giusto per entrare nella lista dei migliori di questo 2016.
E il 3 novembre tutti al Serraglio: con queste canzoni, coi musicisti che lo accompagneranno e con (speriamo!) qualche piccolo ripescaggio dal passato, sarà davvero una serata di quelle da non perdere…

Tracklist:
01. Oggi è domenica
02. Generico
03. Le vite degli altri
04. Nessun dogma
05. La comparsa
06. Il figlio malpensante
07. incompiuta
08. Sospesa
09. Angelus