R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Non credo che la metafora del volo e la simbologia degli uccelli sia legata “solo” all’evocazione della libertà. L’uccello è un essere poco addomesticabile, è un essere a suo modo misterioso, chiuso nella sua impenetrabile individualità. Come sono gli uccelli dell’ultimo lavoro di Jamie Branch che si intitola Fly or Die II: Bird Dogs of Paradise? Strani; e forse che i cani “da uccello” siano proprio i musicisti? del resto, se non fossero stati strani, non avrebbero nemmeno popolato il disco della trombonista di Brooklyn, che ho avuto la fortuna di ascoltare a NovaraJazz giusto un anno fa.

Guarda caso, che io ricordi, solo un’altra tromba si era occupata di volatili, ed è quella di un certo Miles Davis in “Bird of Paradise” (omaggiato dalla Branch nel primo brano che porta lo stesso titolo), ma forse lì i riferimenti erano più diretti e meno aleatori. Qui invece nella foresta occorre procedere col macete tanti e tali sono gli intrecci e i riferimenti musicali, con una sola certezza, già espressa in altri lavori, che per non morire è necessario volare.
Suoni ipnotici e sotterranei, ritmi profondi, voci stridule di uccelli e una tromba che è la guida sicura per continuare a percorrere la foresta che urla nel brano introduttivo. Ma nel disco non c’è solo natura, c’è anche l’America dolente e urlante di “Prayer for Amerikkka pt 1 & 2” con cui fare i conti. Di che America si tratta? Inutile dirlo, quasi uno “sprecht-gesang” contro Trump che contiene un po’ di tutto e che si apre facendoci partecipare ad una veglia-blues del Delta e ci fa terminare come fossimo alla Fiesta de San Firmin. Poco dopo un magnifico “Lesterlude” con una Tomeka Reid che sembra appena uscita da un set con il Kronos Quartet. E che dire della focosa gioia di “Twenty-three n me, jupiter redux”, dove sembra che Jamie abbia prestato la sua tromba a Sid Vicious e che lui, persosi nel bosco, incominci a “dare di matto” (cosa che gli riusciva anche particolarmente bene). Ma non temete, c’è spazio anche per il divertimento nella voliera di Jaimie Branch; ecco a proposito la tromba cristallina e melodiosa in “Nuevo roquero éstereo” godibile, leggera e vagamente caraibica. Chi sono gli altri “birdwatchers” oltre a Jamie Branche? Tomeka Reid al violoncello, Jason Ajemian al contrabbasso, Chad Taylor alla batteria. In fondo, parafrasando Rudy Fucks, possiamo ben dire che “i critici per i musicisti sono come gli ornitologi per gli uccelli” ed è giusto che sia così. 

Tracklist:
01. Birds of paradise
02. Prayer for Amerikkka pt 1 & 2
03. Lesterlude
04. Twenty-three n me, jupiter redux
05. Whales
06. Simple silver surfer
07. Bird dogs of paradise
08. Nuevo roquero estéreo
09. Love song