R E C E N S I O N E
Recensione di Mario Grella
Karoline Wallace voce, Hilde Marie Holsen tromba, Håkon Aase violinoe percussioni, Alessandro Sgobbio piano, sono i Silent Fires e Forests è il loro primo lavoro. Non so quanto possano essere silenziosi i fuochi, soprattutto quando si manifestano nelle foreste, ma probabilmente il lavoro di questi artisti ha avuto una genesi precedente al propagarsi degli incendi che stanno divorando interi continenti. Mi è sempre piaciuto interrogarmi (anche), sui titoli dei brani e sui nomi dei gruppi; non la ritengo una questione di poco conto, ma piuttosto rilevante semanticamente, poiché le parole, in qualche caso, sembrano supplire o evocare atmosfere, o suggerire emozioni che la musica poi dovrebbe veicolare.
In questo caso la musica, arte a-semantica per eccellenza, è integrata da testi cantati, ma la musica è talmente bella e pregnante, che persino i titoli sembrano superflui. Intenso, il viaggio tra il chiaro dei suoni e delle voci e l’ombra del silenzio, intrapreso dai Silent Fires, dove, già dal primo brano “En Asthenìa”, la dialettica è chiara: la voce e il suono sono le parti armoniche del silenzio. Non un testo, ma tanti testi, da Maya Angelou a William Butler Yeats, fino all’autore della musica, il raffinatissimo Alessandro: “Nobody but nobody/Can make it out here alone”, quasi una dottrina e una preghiera: “Listen to my voice/When I cry, answer me”. Poesia, preghiera, salmi, suoni che fanno vibrare l’unicità del sacro che può dare un senso alla nostra solitudine.
La voce di Karoline trasporta la poesia con l’aiuto del violino di Håkon, quasi solo percepito, e il pianoforte di Alessandro che segna con vigore passaggi e capisaldi di questa antologia spirituale. Più inquieto, tormentato e labirintico in “Similar Lymphs” il percorso in una foresta naturale e mentale, dove le parole di Alessandro seminano dubbi e speranze. Prosegue su queste evocazioni e su queste atmosfere di lirismo appena suggerito, il percorso nella foresta della spiritualità che a tratti si affida alla sola musica strumentale come in “Qàf”, con uno struggente piano dalle tinte pastello; qualche volta basta “una borsa di sogni” per dar senso all’esistenza, come suggerisce Yeats e che, come salmodiando canta Karoline.
C’è anche lo spazio per qualche ermetismo necessario come in “Alla volta del sole”, dove “nostalgie nuove” sembran fatte da “distrazioni da silicio”, parole che sono sufficienti per dare alla spiritualità un ancoraggio al reale e al contemporaneo. Una dislocazione dei luoghi deputati alla spiritualità e all’armonia cosmica, che va dalle profondità arboree delle foreste all’oceano, come in “Banyak”, remote isole al largo di Sumatra, sempre sulle rarefatte movenze della voce straordinaria della Wallace.
Per chi volesse toccare con mano, orecchie, cuore e anima, non resta che passare all’ascolto…
Tracklist:
01. En Astheneía
02. From The Entrance Of Love
03. Similar Lymphs
04. Luce Della Perfezione
05. Love
06. Silent Fires
07. Qâf
08. Prajnà
09. The Lights Of The Light
10. Banyak
11. Alla Volta Del Sole
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