R E C E N S I O N E


Articolo di Antonio Sebastianelli

«La route, c’est aussi mon métier. »
B. Biolay

Un disco per l’estate. Non suoni irrispettoso verso il grande chansonnier francese, ma è di questo che andremo a parlare. Biolay, titolare di un numero considerevole di album e di almeno un paio di capolavori, confeziona il disco pop perfetto con questo Grand Prix.

Estivo ma anche malinconico, superbamente arrangiato, godibile sia per l’ascoltatore occasionale che per l’appassionato. Che sicuramente avrà di che gioire tra kraut rock, synth, accenni jazz, colonne sonore, Morrisey e Smiths, archi, funk e New Order. A tenere insieme il tutto con classe sopraffina e quella leggerezza che è dominio dei grandi è il talento e la personalità di Benjamin. Quasi sconosciuto qui da noi mentre incensato oltralpe, attore oltre che musicista e produttore.

Troppo breve lo spazio a disposizione per poter illustrare un ritratto a tutto tondo dell’artista che si divide tra le luci della ribalta (ex di Chiara Mastroianni e con all’attivo un certo numero di relazioni con stelle e stelline dello star system tra cui Vanessa Paradis) e feroce introspezione. C’è chi lo ama e chi lo odia, per alcuni erotomane decadente e superficiale, per altri (tra cui il sottoscritto) semplicemente uno dei più grandi songwriter degli ultimi vent’anni.

Grand Prix si dimostra sin dal primo ascolto come la summa di tutto un percorso artistico e di vita che dalle delicatezze acustiche e naif di Rose Kennedy del 2001 e l’enciclopedismo di Negatif, passa attraverso quel capolavoro degli anni zero che risponde al nome di La Superbe e arriva agli ultimi Lp: l’infatuazione per Buenos Aires di Palermo Hollywood e il quasi ritorno a casa di Volver. Un percorso ricco e importante ma non scevro da precipitose cadute (Vengeance del 2012 in particolar modo). L’ora di Grand Prix è l’ora magica. Del risveglio e della consapevolezza, della maturità che nonostante tutto suona lieve. Il punto di partenza è stata la scrittura della titletrack (quasi una metafora dell’esistenza sotto i riflettori, della morte in scena) in seguito alla morte del pilota Jules Bianchi nel 2014, come ricorda il diretto interessato: “La morte di Bianchi mi ha colpito profondamente. Tra il suo incidente e la sua morte ci fu una lunga attesa, con notizie più o meno rassicuranti sul suo stato di salute. È una tragedia romantica, la storia di un destino infranto. È nata come tributo, ma non avrei mai immaginato che alla fine sarebbe stato il tema dell’intero album”.

A canzoni dal fine del mondo interiore, melodiche, ballabili e intense come Papillion Noir e Ideogrammes fanno da contraltare lo slow samba della Title Track, la saudade finale di Interlagos e soprattutto le meravigliose ballate: Vendedri 12, l’apripista Comment est ta peine? e La Roue Tourne: drammatica e romantica; quello che era stata Ton Heritage per La Superbe. In quest’ultima si avverte il soffio della vita che si consuma e passa, degli anni che avanzano, degli errori destinati a definirci per sempre. Ma è solo un istante, prima che, in una notte d’estate per le strade deserte di periferia, risuoni un motivetto che sembra ascoltato mille volte eppure è ancora in grado di emozionarti e trascinarti via: “Je suis visiteur du soir/ je suis les vestiges du soleil noir/ Je suis le veilleur de nuit/ je suis le garçon bizarre/ Je suis visiteur du soir/je suis celui qui n’a rien à voi/ Je suis ton seul alibi/ ta libido provisoire” (Papillion Noir) Il fardello è deposto/ l’epoca dell’apprendistato conclusa/ ecco l’ora magica/ ora c’è soltanto la Vita.

TRACKLIST
01_Comment Est Ta Peine ?
02_Visage Pâle
03_Idéogrammes
04_Comme Une Voiture Volée
05_Vendredi 12
06_Grand Prix
07_Papillon Noir
08_Ma Route
09_Virtual Safety Car
10_Où Est Passée La Tendresse?
11_La Roue Tourne
12_Souviens-toi L’été Dernier
13_Interlagos (saudade)