R E C E N S I O N E
Recensione di Mario Grella
Jazz e sciamani sono sempre andati d’amore e d’accordo e non costringetemi a fare lunghi e noiosi esempi. Del resto l’anima del jazz, nera era e nera resta, anche quando suonano dei bianchi. L’ennesima corroborazione della teoria, è in questo bellissimo disco, di Idris Ackamoor & The Pyramids, in uscita il 7 agosto, che per fugare ogni dubbio si intitola Shaman!, se vogliamo un’invocazione più che un titolo didascalico. Un disco diviso in quattro atti, una sorta di dichiarazione d’intenti su quattro grandi temi come amore e perdita, mortalità, l’aldilà, famiglia e salvezza. E già questa struttura, apparentemente non necessaria per giustificare un album di per sé di alta qualità, dimostra piuttosto bene l’importanza “rituale” della musica, in rapporto agli accadimenti della nostra vita spirituale.
Quando Idris Ackaamor dà fuoco alle polveri usa espressioni da vero sciamano: “ascia della verità”, “bianca lama calda”, “carne che brucia”, “denti serrati” che ci portano dritti e filati nel cuore del mistero, ma volte anche a svelare la scintilla che è nel cuore di ognuno: “…Reach down into your heart/Find that buried spark/Massage until it starts/Just don’t want to part…” Fin qui le parole, ma quando poi, dopo una lunga introduzione, Idris incomincia ad insufflare vita nel suo sax, allora lo “sciamanesimo” diventa quasi palpabile. E da qui in avanti la magia non si ferma più ed assume i toni più pacati e meditativi nel sublime Tango of Love e nel seguente brano strumentale Eternity. Tornano poi con forza le parole in When will I see you again, serena riflessione sulla morte dai toni caldi e pastosi con le voci di Sandra Poindexter, Margaux Simmons, Bobby Cobb che accompagnano quella recitante ed ispirata di Idris. E così, di meditazione in meditazione, Idris Ackamoor arriva al magnifico Theme for Cecil dedicato al suo mentore, Cecil Taylor. Un grandissimo, tortuoso, intenso brano giocato su una contrapposizione costante tra acuti del sax, e un tessuto di percussioni di Jack Yglesias, la batteria di Gioele Pagliaccia, il ritmo della chitarra di Bobbi Cobb e il basso di Ruben Ramon Ramos. A seguire con Salvation e con The Last Slave Ship, Idris non dimentica il tema delle origini della musica nera con un omaggio alla “Clotilda”, ultima goletta utilizzata per il trasporto degli schiavi, i cui resti sono stati recentemente ritrovati negli abissi dell’oceano. C’è ancora spazio nei quattro atti musicali di Shaman! per una invocazione alla Vergine Maria, che dimostra ancora una volta il legame ancestrale tra riti sciamanici e un certo spiritualismo religioso, lontano dalla religione normata e categorica a cui siamo abituati; si tratta di Virgin con un soave inizio fatto di delicate percussioni ed effetti che si trasforma ben presto in canto corale, sotto la guida del sax di Idris. Lavoro complesso e profondo di una fomazione che occorre ricordare: Idris Ackamoor al sax contralto, sax tenore, keytar e voce, Margaux Simmons flauti e voce, Sandra Poindexter violini e voce, Bobby Cobb, chitarra, effetti, mbira e voce, Ruben Ramon Rams, basso acustico ed elettrico, Gioele Pagliaccia batteria, Jack Yglesias percussioni. Tutti i testi sono scritti da Idris Ackamoor e la magnifica cover del disco è realizzata su un dipinto del pittore giapponese Tokio Aoyma. Altro da aggiungere? Se amate il jazz non perdetelo, se non lo amate è un ottimo motivo per cominciare a farlo.
Tracklist:
– Act I: Fire Rites Of Penance
01. Shaman!
02. Tango Of Love
– Act II: A Glimpse Of Eternity
03. Eternity
04. When Will I See You Again?
– Act III: Upon Whose Shoulders We Stand
05. Salvation
06. Theme For Cecil
– Act IV: 400 Years Of Clotilda
07. Virgin
08. The Last Slave Ship
09. Dogon Mysteries
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