I N T E R V I S T A


Articolo di Joshin E. Galani

In uscita il 23 ottobre La Violenza della Luce ultimo lavoro discografico di Gianluca De Rubertis. Un bellissimo disco che offre un pop leggero e parallelamente molto raffinato ed elegante nei testi e negli arrangiamenti. Il risultato ripaga l’attesa di questi cinque anni, dopo l’ ultimo album L’universo elegante. Esce in autunno ma pare proprio una fioritura primaverile! Per Off Topic ecco la chiaccherata su questo bellissimo album. Buona lettura!

È più che mai evidente il tuo ricchissimo mondo interiore, emerge la voglia di raccontarsi in prima persona, si alternano luci ed ombre, ma alla fine pare vincere la luce, che si aggiudica la sua presenza già nel titolo La violenza della Luce, che è anche un brano del disco. Questa violenza a cui fai riferimento è una folgorazione potente che tutto illumina? Una consapevolezza che emerge?
La luce è violenta per sua costituzione, è in grado di cancellare i contorni della materia stessa e può perfino riuscire fastidiosa. Nel caso di questo disco è una violenza di luce bramata, che sia in grado di fare un po’ di chiarezza tra le paure incognite che ci attanagliano.

 

 

Il testo di Voi mica io all’inizio pare un “J’accuse”, una contrapposizione tra te e gli altri. È un dito puntato giudicante, separatista, che sul finire del brano, si rivolge anche verso di te. Quanto e come ti senti giunto o disgiunto dagli altri?
Questo brano punta il dito soprattutto contro me stesso, il coro di voci che incalza, “Voi, mica io!” è il coro di voci di tutto il genere umano, della nostra certezza di essere sempre dalla parte giusta. Il mio modo di congiungermi agli altri si palesa soprattutto attraverso quello che scrivo, quando una canzone giunge al cuore degli altri la missione di chi la scrive è finalmente compiuta, la comunione si compie a distanza, ma è egualmente profonda.

 

Il video uscito in anteprima è stato “Pantelleria”, accolto con grande calore. Molti commenti su youtube si sono scatenati con paragoni a Battiato, Bianconi e De Andrè. Come hai accolto questi paragoni e “complimenti“?
Non ci faccio troppo caso, chi scrive probabilmente non conosce tutto quello che ha fatto un artista prima di arrivare a quel nuovo traguardo. Cerco di essere sincero e personale, senza riferirmi a nessuno.

 

La seconda traccia dell’album Solo una bocca ha una genuina sensualità, trasuda bisogni primari di tocco, amore nella veste più autentica. Me la immagino già colonna sonora di nuovi amori 🙂 Spero possa essere il tuo secondo video!
E difatti lo sarà, in uscita a breve.

 

Versateci del vino è uno spaccato della vita notturna e del bisogno del sogno. Chi o cosa risponde meglio per te all’esigenza del sogno?
La gente vuole sognare, ed è giusto che soprattutto i più giovani ne abbiano prepotentemente voglia. Questa canzone la dedico a loro, oggi più che mai vilipesi da uno stato di emergenza che li costringe ad esser cauti e prudenti. Al di là di situazioni particolari come questa in cui siamo, la gioventù non dovrebbe essere cauta, sarebbe la fine del potere esplosivo della fantasia. L’esigenza del sogno è giovane per natura.

Questo album è costellato da canzoni molto “alte”. Un brano ispiratissimo è Nel cuore del cuore, dove hai la capacità molto forte di stimolare un immaginario. Come un raconteur, che con voce profonda fa entrare nel suo “nocciolo” il reale in chiave onirica. Credo che questa tua propensione sia un grande punto di contatto con chi ti ascolta, le tue parole generano l’immaginifico di ognuno. Forse è questa la sintonia col tuo pubblico…
Spero che sia così, quello di cui parli è il miracolo che avviene tra chi crea e chi fruisce, e se avviene anche solo poco o in parte è un grande successo per ambo le parti.

 

 

Ci racconti delle collaborazioni di questo album e chi sono i musicisti che hanno suonato con te per realizzare questo progetto?
Il disco è stato prodotto da Leziero Rescigno e Matilde Davoli (mia sorella con cui già condivisi l’esperienza degli Studiodavoli), che hanno anche suonato, la batteria il primo, e alcune chitarre e synt la seconda. Altre batterie le hanno suonate Andrea Rizzo e Lino Gitto. Poi ci sono gli archi di Jessica Testa e Francesco Del Prete e i cori di Barbara Cavaleri. Tutti grandi professionisti e amici.

Dimmi se lo sai chiude l’album con domande esistenziali. Ti sei dato qualche risposta, ci sono certezze?
Dimmi se lo sai è l’unico brano del disco che parte da una penna che non è la mia, ma da quella di Padre Bruno Facciotti, io ho completato la scrittura della parte musicale e arrangiato un po’ il testo. La storia di questa canzone viene da lontanissimo, visto che la sentii cantare da Padre Bruno quando avevo circa 13 anni. Mi era rimasta nel cuore, così, dopo trent’anni, sono riuscito a ritrovare Padre Facciotti, l’ho incontrato e mi ha regalato, oltre a questo bellissimo brano, anche uno dei sorrisi più aperti e sinceri che abbia mai avuto modo di ricevere; e le risposte alle domande così alte e profonde che il brano pone, se ci sono, devono assomigliare a dei sorrisi.