R E C E N S I O N E


Recensione di Simone Catena

Sotto le vesti geniali del progetto Glitterer c’è il carismatico Ned Russin, artista eccellente dal grande gusto sonoro che va sopra le righe. Questa creatura nasce a New York, il nucleo centrale americano nel 2018. Dopo una grande parentesi dei Title Fight, progetto molto interessante alternative/emo rock dove Ned era bassista e cantante, i viaggi sperimentali prendono forma con il primo mini ep Not Glitterer, seguiti dal primo full lenght Looking Through The Shades del 2019. Accumulando un discreto successo, su un pubblico attento al genere. In questa nuova opera Life Is Not a Lesson per l’etichetta Anti-Records, il musicista dal punto di vista dei testi, inserisce tematiche molto più precise e delicate. Nelle strutture dei brani il sound è corposo, con una batteria più spaziosa e di larghe vedute, le chitarre risultano più aggressive e tendono al punk melodico stile Guided By Voices, altra band storica americana.
Il tema principale del disco è il desiderio, alla ricerca di una forma più naturale, per rassicurare una grande certezza interiore.

Bodies apre con il botto, un tiro energico e di grande fattura che si abbandona al ritornello stupendo dal timbro grunge ruvido. Composizione notevole carica di effettistica. A seguire il primo singolo Are You Sure, cambia subito le carte in tavola, giocando sul groove malinconico del basso che si unisce alla voce formidabile dal gusto fresco. Il brano è una lezione di vita che arriva dritta all’anima e abbandona la mente togliendo i pensieri negativi. Viene inserito anche un videoclip molto interessante diretto dal fratello Ben Russin.
Try Harder Still è una take leggera, con un passaggio triste in chiave acustica, le note dolci scorrono lentamente alla scoperta del passato. Su Little Backwards Glance il mood si incentra su un inno all’odio e alla speranza, la durata breve del brano lascia il giusto significato. Il synth spaziale e fuori dal mondo culla How song a Should go, una composizione semplice arricchita dalla seconda voce ospite di Sarah King. The End chiude il primo ciclo di brani ritmati, con sonorità indie rock, meno acide che portano ai primi Pixies.
Sulla successiva Didn’t Want It la storia non cambia, le qualità vocali di Ned si incontrano con uno scenario ripetitivo, che sposta il tempo sul riff sporco di sottofondo. Stesso discorso vale per Indeed, qui si notano i primi segnali commerciali electro pop, che si spengono sul rumore noise.
Una buona dose di sperimentazione misteriosa, viene affrontata in Birdsong, nel breve brano strumentale.
I Made the Call, è l’opera migliore di tutto questo lavoro, con grande attenzione a livello tecnico in fase di incisione. Verso la fine Fire riporta la grinta immensa nella linea vocale e sul tempo preciso della drum machine che innalza un vortice simmetrico fino alla chiusura. Chiudiamo con il synth ovattato della title track. Racconta un episodio vissuto in armonia e dolcezza per una bella atmosfera che viaggia su un assolo di pianoforte e un finale godibile.
Un disco commerciale con infiniti cambi di tempo e emozioni differenti, nelle composizioni più dirette e d’impatto si sente tutta la cultura musicale del musicista, che viene da molto lontano e lascia un chiaro segnale alle nuove generazioni.

Tracklist: 
01. Bodies
02. Are You Sure
03. Try Harder Still
04. Little Backwards Glance
05. How A Song Should Go
06. The End
07. Didn’t Want It
08. Indeed
09. Birdsong
10. I Made The Call
11. Fire
12. Life Is Not A Lesson