L I V E – R E P O R T
Articolo di Stefania D’Egidio
Ci sarà un ultimo concerto o c’è già stato? è il dubbio che attanaglia gli operatori del settore da un anno a questa parte, lasciati dalla nostra classe politica in balia della cattiva sorte, tra promesse disattese di aiuti economici e false speranze di riapertura: l’ennesima dimostrazione che, in Italia, il settore cultura e spettacolo, pur dando da mangiare a migliaia di persone, tra musicisti, tecnici e maestranze varie, sia l’ultima ruota del carro, non una risorsa da cullare e proteggere, bensì un problema da ignorare.
Dopo mesi passati a cercare termometri a infrarossi e dispenser per igienizzanti, sanificazioni selvagge che manco dopo Chernobyl, dopo settimane a scervellarsi su come distanziare le persone, ecco arrivare in autunno il coprifuoco, che costringe gli artisti a esibirsi in orario di aperitivo; giusto il tempo di vedere iniziare il JazzMi e subito un nuovo stop forzato. Cartellino rosso per tutti, buoni e cattivi, live club, cinema, teatri e musei.
Nulla da ridire sulla delicatezza del momento e sulla difficoltà delle scelte, ma non si può lasciare morire un intero settore senza battere ciglio, senza fare proposte alternative, come se, ignorando il problema, il problema si risolvesse da solo: la cultura è forse meno importante di una pizza o di una messa in piega??? Forse per molti sì, ma per chi ci lavora e ci vive di cultura sicuramente no! Bene fanno i Live Club di tutta Italia a unirsi nella protesta, dopo essersi visti snobare perfino la proposta di mettere a disposizione i loro enormi spazi come centri vaccinali: succede così che per sabato 27 febbraio l’intero stivale sia accomunato sul sito http://www.ultimoconcerto.it da una lunga scia di punti interrogativi, con la promessa, pubblicizzata su tutti i social, di eventi live in streaming di decine di artisti, molti della scena indipendente, ma non solo, tra cui Lacuna Coil, Subsonica, Diodato, Destrage, Marina Rei, 99 Posse, Punkreas, ecc…ecc… tutti uniti in un messaggio di resilienza e di protesta contro chi ci vuole lobotomizzati dalla tv spazzatura, dai videogames e dai fenomeni da baraccone, creati ad hoc per essere pompati sulle principali piattaforme di streaming. Alle 21.00 quindi occhi incollati sul pc, ma il sistema sembra essere completamente in tilt: mi dico tra me e me che è la solita storia, che in Italia si fa fatica pure a stare dietro alla tecnologia, che ogni volta ci si debba collegare in massa a qualche sito, che sia per la richiesta di un bonus o per l’adesione alle vaccinazioni o, appunto, per un concerto, tutto va in palla. Nulla da fare, non c’è modo di far andare qualcosa per il verso giusto in questo paese e, dopo quaranta minuti di attesa, ipnotizzata dal pallino e dalla scritta live che lampeggia sul pc, mi sento come la bambina a cui hanno fatto vedere la caramella per poi sottrargliela. Non mi resta che sperare di recuperare qualcosa su youtube nei giorni successivi, ma mentre spengo il computer e scambio messaggi su whatsapp con la mia amica Niska, un dubbio mi assale: che sia stato tutto una grossa operazione di marketing per attirare l’attenzione delle masse sul problema?
La risposta dopo pochi minuti dagli stessi Destrage: organizzare un evento mediatico per tenere la gente attaccata alla piattaforma nella speranza di vedere gratis un mega concerto, per poi svelare che, in realtà l’ultimo concerto l’hai già visto nel 2020 e che potrebbe essere stato davvero l’ultimo, una manovra degna di Orson Welles insomma! Che burloni questi Live Club… del resto, dopo mesi che vengono presi per il culo dal nostro establishment, una mossa del genere è più che legittima.
Comunque stiano le cose lunga vita alla musica, perché, come dice Brian Eno, un mondo senza musica è un mondo morto; forse torneremo a suonare nei garage, nelle cantine, nei sottopassi o per strada, in qualche modo faremo, ma nonostante tutto e tutti, torneremo a suonare, costi quel che costi!
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