R E C E N S I O N E


Recensione di Claudia Losini

Julia Stone è sicuramente più conosciuta per la sua collaborazione con il fratello Angus, un duo indie folk, intimo e sognante, attivo dal 2007.
Meno promossa dai media è la sua carriera solista, cominciata nel 2011 con The Memory Machine e proseguita con By The Horns. La cantautrice australiana nel suo terzo lavoro, Sixty Summers, si slega dall’immaginario folk un po’ selvaggio che ha sempre contraddistinto le sue produzioni, spesso con toni scuri e con tematiche più legate all’amore, per rinascere in una nuova figura, più libera e molto più pop.
Di questa nuova vita sono complici Thomas Bartlett e l’iconica St.Vincent, co-produttori del disco, che hanno lasciato spazio a Julia, permettendole di acquisire quella fiducia che forse non era ancora del tutto emersa nelle precedenti uscite.

L’ispirazione principale di questo lavoro è la città, in particolare quel romanticismo notturno che si respira soltanto camminando per le vie illuminate dalla luce della luna, dalle paure, dai rischi e dai pericoli della vita cittadina. Non solo ricordi d’amore da cui liberarsi, quindi, ma un cambio netto di direzione verso suoni e temi più complessi, più sfaccettati, ma molto più completi: se il sound di I am no one è ancora legato al passato di Julia, Break, come suggerisce il titolo, è una rottura verso un avant pop che ricorda i Talking Heads.
Unreal è un brano totalmente inaspettato da una cantautrice folk, da cui ci si aspetterebbe un percorso più lineare, come potrebbe essere quello che emerge in Sixty Summers: un approccio più orchestrale al pop ma sempre incentrato sulla sua voce. Ma Julia non è qui per farci percorrere una strada conosciuta: vuole stupirci e farci esplorare tutte le differenti personalità che albergano nella sua mente.
We All Have è una ballata romantica e delicata che prende a piene mani dall’indie rock, compresa la collaborazione d’eccezione con Matt Berninger dei National, mentre i synth di Substance ci fanno pensare subito a Lorde, mentre il testo, in un arrabbiato sussurro chiede più sostanza: basta finzioni, basta false pretenziose realtà, è il momento di avere qualcosa di vero.
Quella voglia di esplodere e fiorire vibra attraverso tutta Fire In Me: è un’urgenza a sentire, a provare tutte le sensazioni, a vivere il brivido sottopelle di chi ha il cuore in fiamme, forse la canzone più rappresentativa della svolta di Julia verso una produzione più personale e libera.
La cantautrice australiana vuole farci ballare e farci innamorare, ma soprattutto vuole farci perdere nella sua musica e nella sua voce.

Tracklist:
01. Break
02. Sixty Summers
03. We All Have
04. Substance
05. Dance
06. Free
07. Who
08. Fire In Me
09. Easy
10. Queen
11. Heron
12. Unreal
13. I Am No One