I N T E R V I S T A


Articolo di Joshin E. Galani

Dopo l’album Pensieri Passeggeri del 2019 della band Pablo e il Mare, il cantautore torinese leader della band Paolo Antonelli esce con un singolo a suo nome, dal titolo Houdini. Non si tratta di un cambio di rotta ma di nuova proposta solista che si affianca a quella in band.
Canzoni retrò, demodé, d’antan, quelle che sta presentando una alla volta al grande pubblico sulle piattaforme online. Abbiamo il piacere di avere questo secondo singolo in anteprima e per l’occasione abbiamo scambiato quattro chiacchere con Paolo per saperne di più…

Questo tuo nuovo singolo che abbiamo il piacere di avere in anteprima, “Houdini”, è il secondo a nome tuo, come mai non l’hai realizzato con il tuo consueto progetto “Pablo e il Mare”?
È una cosa che desideravo da tempo: affiancare alla band una proposta più minimale, informale, snella. Un po’ per ritrosia alla formula in solo, un po’ per impegni, riesco a farlo per davvero solo adesso. Anni fa, in occasione della nascita di mio figlio, partii con la famigliola per qualche data qui e là. Ricordo che al Gattò di Milano eri in prima fila!
E poi questa lunga pausa dagli eventi e dalle prove in band mi ha dato il tempo per definire meglio il progetto, che a differenza di Pablo e il mare non guarda al pop contemporaneo ma si fa più classico, tra bossa, rumba, swing. Più… d’antan.

Il brano ha atmosfere retrò un po’ tanghère, la narrazione è sul personaggio di Houdini, il famoso illusionista che fa un po’ da simbolo alla via di fuga, un possibile deus ex machina in grado di attivare una fuga per tutti, prima dello scoppio della guerra. Che fascino ti ha solleticato per scrivere questa canzone?
Più della Storia, quella con la S maiuscola, alcune mie canzoni parlano di storie minori, per le quali la storia è un contesto, uno scenario, un fondale.
Le vicende di Houdini le puoi leggere sui libri o vedere al cinema.
Ho provato invece a indagare sul fatto che per la gente del tempo e nell’Europa di quegli anni un mago della fuga potesse avere un certo appeal…

La Storia quindi, e non più la Geografia nelle tue canzoni da giramondo?
A scuola me la cavavo meglio in Geografia che in Storia… In entrambi i casi si tratta di un voler raccontare un altrove e la magia che quell’altrove ci regala.
Episodi e personaggi sono spesso stati punto di partenza di alcune mie canzoni, penso a Ferdinandea o a Fidelina.
Che emerga un’isola in mezzo al mare o avvenga una rivoluzione, mi piace cogliere in eventi eccezionali le storie personali e minori di uomini e donne.

Il periodo mondiale di questa pandemia ha lasciato e lascia tante riflessioni, la tua è stata su momenti storici passati?
La portata di questo evento è gigantesca. Ha cambiato il mondo per sempre.
Una riflessione a caso: questa faccenda ha creato nuovi stili di vita ma soprattutto ci ha resi più differenti tra noi, nel quotidiano.
Fondamentalmente un po’ tutti si faceva una vita simile, prima. Oggi ognuno di noi ha un vissuto diverso, più sfaccettato, la faccenda ha avuto impatti diversi su ognuno di noi.

Il video è un bianco nero, elegante con le movenze dei ballerini, storico per le foto d’epoca inserite, ma anche a tratti cupo, con quelle orchidee che senza colore, sembrano evocare la catastrofe alle porte. Ci racconti la genesi di questa clip?
Un esperimento noir, una mia produzione, amatoriale.
Ho collaborato in passato con videomaker professionisti di grande valore.
“All’alba di ogni giorno” diretto da un esordiente Tak Kuroha, il clip di “Farfalle” diretto da Franz Gallero che diede a Pablo e il mare una bella visibilità, quello di “Tortuga” diretto da Fabrizio Vacca che ha vinto premi interessanti, anche in America.
Il mio video ha velleità ben più modeste, ma senza nulla togliere agli splendidi lavori di queste persone lavorare in completa autonomia ha almeno un pregio: l’occhio è il mio e il video si avvicina di più al brano e lo completa, per così dire.

“Stupido” è il primo brano uscito a tuo nome, sono esperienze isolate o prevedi un album completo da solista?
Prevedo di lanciare un singolo alla volta, poi chissà, l’appetito vien suonando. Lanciare un progetto nuovo significa dover sollecitare di nuovo interesse, ricostruire un pubblico. Ci vuole tempo.

Nella difficoltà del periodo, c’è margine per fare una previsione di live?
Pablo e il mare farà i suoi concerti estivi, anche se chi organizza ha di fronte troppe incognite, quest’anno. Quel che è certo è che sono in tanti ad aspettarci e dobbiamo ritornare a suonare.
Ma Joshin, qui voglio invitare gestori e direttori artistici a proporre anche questo mio live-set minimal, soprattutto laddove si richiede sul palco un progetto ridotto e acustico. [Booking: cielazzurro@gmail.com ]

Ricordo che in concerto a Milano omaggiasti Franco Battiato. Hai un pensiero da aggiungere, in questi giorni?
Ci ha lasciato un altro gigante della canzone. In Italia incaselliamo in questa parola “cantautore” talenti molto diversi tra loro. Ci sono quelli più musicisti, quelli più poeti, quelli più narratori.
Franco Battiato è stato anche un po’… Sacerdote. Ha avuto, parere personale, la capacità di insinuare in ognuno di noi un pensiero filosofico e spirituale, di instillare una riflessione sublime anche nel più terrestre degli ascoltatori.
Ha accompagnato, a fasi alterne, tutta la mia vita a partire dalla “Voce del Padrone” di cui ripetevo, da bambino, i versi a memoria. Aggiungo che in concerto non mi esaltava, anche se “Unprotected”, un suo disco dal vivo, l’ho letteralmente consumato. Credo mi abbia influenzato e non poco, nei miei live-set solisti di qualche anno fa proponevo “Summer on a solitary beach”.
Cosa altro aggiungere? È un momento triste, sì, ma ricordiamo che a lasciarci è l’uomo, la sua carne, mentre l’opera dell’artista resta e resterà per sempre.