R E C E N S I O N E
Recensione di Stefania D’Egidio
Nonostante la freschezza della voce, che potrebbe far pensare ad una qualsiasi college band emergente, i Weezer sono ormai in giro dal lontano 1994 e non hanno mai nascosto il loro amore per gruppi storici, come i Kiss, i Nirvana e i Pixies. Dal debutto a oggi hanno venduto circa 35 milioni di dischi e già questo rappresenta un bel biglietto da visita per Rivers Cuomo e soci. Lo scorso 7 maggio è uscito il loro quindicesimo album in studio, Van Weezer, per Crush Music/Atlantic Records, prodotto da Suzy Shinn, nota per le sue collaborazioni con artisti pop come Panic!, Dua Lipa e Kate Perry.

Sì ok, lo so che è già passato un mese dalla pubblicazione, ma la roba da ascoltare è tanta e, purtroppo, non si vive solo di musica, come dire: “meglio tardi che mai”, anche perchè stare dietro ai Weezer, di questi tempi, è impresa ardua. In questo 2021 si sono concessi il lusso di sfornare ben due album, l’orchestrale Ok Human e, appunto, Van Weezer, 30:49 per dieci tracce (più due bonus track nella versione in vinile) zeppe di samples e tributi agli artisti metal che li hanno influenzati. Questo bizzarro accostamento con una produttrice pop dovrebbe già di per sé stuzzicare la vostra curiosità, se non fosse che, ormai, il gruppo californiano ci ha abituato a strani esperimenti di mash up tra diversi generi musicali, anche solo per il loro coraggio andrebbero, pertanto, amati. Io rimasi folgorata già ai tempi del brano Buddy Holly, con quel video stupendo ispirato a Happy Days, telefilm culto della mia infanzia.
La loro allegria è maledettamente contagiosa, sprizzano energia da tutti i pori e, anche stavolta, si sono dimostrati fottutamente geniali, provando che il metal non è solo per tipi “incazzosi” vestiti di nero e con catene, ma, soprattutto, per chi vuole semplicemente divertirsi a fare musica. Perchè il titolo Van Weezer? probabilmente un omaggio al grandissimo Eddie Van Halen, che ci ha lasciato nel 2020, e che è stato un faro per tutti i chitarristi rock. L’inizio è un po’ in sordina con i primi due brani, Hero e All The Good Ones, che richiamano la tradizione punk californiana, poi le chitarre si fanno più pesanti, con una maggiore distorsione in The End of The Game, in cui si sente aleggiare il fantasma di Eddie sui tapping buttati qua e là, tra una strofa e l’altra. Si prosegue di power chord anche nella nostalgica I Need Some of That, ricordo degli anni della gioventù, passati ad ascoltare gli Aerosmith e a cazzeggiare in giro con gli amici. L’omaggio alle band di riferimento prosegue in Beginning of The End (“in heavy metal we trust”) e in Blue Dream con il riff di chitarra di Crazy Train, reso immortale da Randy Rhoads e Ozzy Osbourne e comparso anche in una puntata dei Simpson dello scorso anno.
Fighissimo l’intro di 1 More Hit, con la ritmica suonata in palm muting, il ritornello da brano teen pop e l’intermezzo tostissimo alla Slayer. I samples usati sono davvero tanti, in Sheila Can Do It ad esempio c’è qualcosa di Girls, Girls, Girls dei Motley Crue, nei primi pezzi c’è qualche rimando agli Asia, ai Blue Oyster Cult e a Billy Joel, come se l’album fosse una magnifica matrioska da cui ne vengono fuori altri. Dieci tracce che scorrono veloci a suon di chitarre grintose, ad eccezione del brano di chiusura, l’acustica Precious Metal Girl, che vi faranno compagnia in auto sulla strada per il mare: l’estate è arrivata, si comincia a intravedere la fine di questo lunghissimo tunnel, durato ormai un anno e mezzo, c’era bisogno solo della giusta colonna sonora; scordatevi le hit ispaniche trita maroni, arrivano i Weezer!
Tracklist:
01. Hero
02. All The Good Ones
03. The End of the Game
04. I Need Some of That
05. Beginning of the End
06. Blue Dream
07. 1 More Hit
08. Sheila Can Do It
09. She Needs Me
10. Precious Metal Girl
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