R E C E N S I O N E
Recensione di Claudia Losini
Si definiscono sempre studenti, i membri della band canadese alt jazz Badbadnotgood, e di certo i loro lavori hanno dimostrato la loro voglia di continuare a crescere. Matthew Tavares, Alexander Sowinski e Chester Hansen si sono incontrati proprio al college, studiando jazz e da subito si sono incontrati in un terreno comune, quello dell’amore per l’hip hop, in particolare MF Doom e Odd Future. Il loro primo album BBNG è stato accolto con grande clamore dalla critica come una fresca reinterpretazione del jazz, e, grazie al loro sound innovativo hanno attirato a loro una serie di artisti tra cui Tyler, The Creator, Daniel Caesar, Mick Jenkins, Kendrick Lamar, e la loro musica è stata usata nelle sfilate di Louis Vuitton.
Talk Memory è il loro quinto album, il primo però senza Matthew Tavares, che ha lasciato la band nel 2019, e il secondo (dopo IV, uscito nel 2016) insieme a Leland Whitty, sassofonista che ha collaborato a lungo con loro e ora è membro fisso dell’ensemble.

Questo disco enfatizza sulla gioia dell’improvvisazione e si sviluppa come una costante conversazione musicale. A differenza di IV che aveva un’impronta molto più elettronica, stavolta i canadesi vogliono ripartire dal passato, dal jazz più “classico”, ma sempre con un occhio rivolto alla sperimentazione e non senza collaborazioni d’eccezione, come quella con il brasiliano Arthur Verocai, uno dei più importanti esponenti del jazz contemporaneo e loro stessa fonte di ispirazione. tutti i brani si compongono seguendo un elemento melodico funzionale all’ascoltatore, che deve ricordarlo anche se non propriamente pop o catchy. Su questo inseriscono ritmi diversi, anche complessi, che spaziano dall’ambient al free jazz, ma il risultato è sempre una forma di jazz facilmente apprezzabile anche dai neofiti e da chi fruisce la musica in modo meno tecnico. Non servono troppe competenze per lasciarsi trasportare dalla sensazione di libertà e di divertimento che accompagna il sassofono in Talk Meaning, Beside April e City of Mirrors, o per apprezzare la delicata sinfonia di Love Proceeding.
A primo ascolto potrebbe sembrare che i ragazzi di Toronto abbiano fatto un passo indietro rispetto alle sonorità che li hanno resi così famosi ed emblematici, al punto da diventare riferimento di un nuovo genere per molti musicisti, sia jazz che hip hop, e questo manierismo jazz potrebbe non essere ben accolto da chi si aspettava ritmi forse più da club che da locale intimo. Ma questo è quello che fanno gli artisti che compiono un percorso, che continuano a studiare e che mettono in pratica le loro esperienze individuali.
E noi, come pubblico, non possiamo che apprezzare lo studio e il lavoro di una band che non teme il giudizio di comporre un album jazz, dopo averlo rivoluzionato.
Tracklist:
01. Signal From The Noise
02. Unfolding (Momentum 73) feat. Laraajii
03. City of Mirrors feat. Arthur Verocai
04. Beside April feat. Karriem Riggins, Arthur Verocai
05. Love Proceeding feat. Arthur Verocai
06. Open Channels
07. Timid, Intimidating
08. Beside April Reprise feat. Arthur Verocai
09. Talk Meaning feat. Arthur Verocai, Terrace Martin and Brandee Younger
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