R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
Il nuovo anno inizia sotto l’egida dei quartetti d’archi. Violini, violoncelli, viole che compaiono all’interno dell’economia di gruppi jazz, affiorando come una tessitura in trasparenza, tra un crash di piatti e un accordo di pianoforte. Se poi a impegnarsi con gli arrangiamenti è un musicista eccezionale come Fred Hersch – circa una settantina di incisioni discografiche dal 1984 ad oggi – il risultato ottenibile è un album come questo Breath by Breath, un cominciamento del 2022 come meglio non si sarebbe potuto. Dopo l’ultima uscita discografica di questo pianista di Cincinnati, Songs from Home – una serie di brani registrati in pieno periodo Covid – ci troviamo ora di fronte ad una suite in otto movimenti – alcuni nuovi altri no – che formano la Sati Suite, a cui si aggiunge un’ultima traccia, la Pastorale che in realtà è opera di Kenny Wheeler già peraltro pubblicata da Hersch con il titolo originale di Consolation (A folk Song). Il termine Sati viene da una lingua di derivazione sanscrita, il Pali, e significa “consapevolezza”. Questa parola, tradotta nell’inglese ”mindfulness”, allude all’acquisizione dello stato di coscienza di sé. La pratica meditativa che coinvolge Hersch sembra essere, stando a quello che racconta lo stesso artista, di tipo dinamico, cioè basata sull’attenzione al proprio respiro, giusto quel breath che compare nel titolo dell’album. L’atto del respirare, infatti, è un’ancora di stabilità che mantiene il praticante collegato con sé stesso per tutta la durata dell’esperienza lasciando libero il cervello di essere “osservato” mentre i pensieri, come fossero semplici fenomeni obiettivabili, trascorrono attraverso la mente. La musica di questo lavoro non è però un tedioso sottofondo new-age ma un’opera a metà strada tra ricerca espressiva – mai forzata o fine a sé stessa – ed eleganza estetica. Gli archi sono discreti, tutto sommato in “minoranza” rispetto alla presenza del classico trio jazz. Accanto al piano dello stesso Hersch, si affianca un vecchio compagno d’armi come il contrabbassista Drew Grass che ha diviso con il titolare una collaborazione trentennale e alla batteria c’è il tedesco Jochen Rueckert, già forte dell’esperienza con Marc Copland, Kurt Rosenwilken, John Abercrombie, Pat Metheny ed altri. Infine il brasiliano Rogerio Boccato è ospite in un brano alle percussioni. Ultimo ma non meno importante è poi il Crosby Street String Quartet con una classica formazione ad archi costituita da due violini, una viola e il violoncello.

Si avvertono influenze tardo romantiche e a tratti qualche suggestione proveniente da Samuel Barber o anche da Ennio Morricone, soprattutto nella seconda traccia Awakened Heart. Ci si trova dinnanzi non tanto ad una tradizione musicale disarticolata bensì ad un’operazione integrativa per cui i due modelli presenti – impostazione classica e jazzistica – si amalgamano in un cerimoniale di accordi e fioriture, di dolcezze e fremiti ritmici che rendono quest’album sempre più coinvolgente, ascolto dopo ascolto.
Begin again è il primo brano che incontriamo, già edito nella scaletta di un disco con il medesimo titolo e pubblicato dallo stesso Hersch nel 2019. Il preludio s’innesca con un paio di note – due ”Mi” – suonate con la mano destra, alternate a distanza di un’ottava una dall’altra e la mano sinistra che lavora su una sequenza di accordi in tonalità di “La” minore, mentre gli archi appuntano un accompagnamento molto “schubertiano”. Un inizio decisamente classico, se non fosse per la presenza della batteria toccata delicatamente in prevalenza sui piatti. Il pezzo prosegue in corsia jazz, con qualche bagliore sudamericano sullo sfondo e le fugaci apparizioni dei violini. Hersch intraprende poi un assolo di zampillante invenzione, prima di essere ripreso dalla batteria e secondariamente dagli archi che si concedono un intermezzo quasi in solitaria. La conclusione riprende la tematica iniziale e ci accompagna verso la chiusura del brano. Awakened Heart, come detto in precedenza, risente maggiormente delle influenze sinfoniche già accennate. L’introduzione è affidata esclusivamente al quartetto d’archi che s’interrompe alla comparsa del piano solo. Hersch si mette qui in evidenza con una prima parte in contrappunto quasi bachiano che gli serve per far evolvere l’assolo verso una forma pianistica romantica, molto intimista che sembra più un classico contemporaneizzato che non un vero e proprio pezzo jazz. Comunque è a mio parere tra le cose migliori in assoluto di questo album. Breath by Breath, la title-track del disco, ribadisce il rapporto stretto tra musica e meditazione. Un ritmo regolare di basso sembra simulare un battito cardiaco, allietato da una splendida performance di violini dal sapore viennese che appaiono come momenti di intensa serenità calati nel centro della coscienza del meditante. Il contrabbasso va in assolo mentre il pianoforte gli si avviluppa intorno in un abbraccio simbolico. Anche in questo frangente, come nel brano precedente, l’ottimo equilibrio tra archi e strumentazione del trio riesce a realizzare una piccola riserva di paradiso, almeno per quello che mi riguarda. Monkey Mind, con quel suo incedere volutamente instabile, racconta gli sforzi mentali che cortocircuitano i pensieri – l’idea di non distrarsi è già distrazione di per sé… Si tratta di un dialogo frammentato tra gli strumenti, compresi i pizzicati degli archi e le note solitarie improvvisate dal piano. Divertente, se vogliamo, ma in definitiva poco incisivo.

Rising, Falling è un altro brano recuperato dal paniere di Hersch, uscito nel 2012 in Alive at the Vanguard, originariamente eseguito in forma esclusivamente triadica. Il pezzo incede in ¾ con un’aria svagata, vagamente velata d’ironia, totalmente sottovoce e colloquiale, con i violini che rischiarano le ombre completando il fascino quasi demodè dell’intera traccia. Mara è il nome che i buddhisti danno alla tentazione, non tanto dal punto della sollecitazione sessuale – come le “tentazioni” dei santi cristiani – quanto da quello che può rappresentare ogni diversivo che precluda il procedere del bodhisattva lungo il sentiero del Dharma. La presenza di questi stimoli disturbanti viene accennata inizialmente da un pizzicato di archi, corroborato poi dal rinforzo delle percussioni discrete di Boccato. Il piano, inizialmente con le sue note singole e poi con qualche accordo dissonante, sembra quasi voler alludere al procedere, pur difficoltoso, della pratica meditativa, aggirando le trappole tentatrici. Saranno gli ultimi accordi di Hersch, più netti e decisi, a ribadire la vittoria dell’intento liberatorio sulle lusinghe del Samsara. Know yhat you are è affidata esclusivamente agli archi ed è composizione solida, cameristica, dal tono malinconico e riflessivo ma di ampio respiro che dimostra l’abilità di Hersch nell’arrangiamento polifonico. Worldy Winds, presentata originariamente in trio dal vivo al Village Vanguard nel luglio 2020, viene qui proposta insieme al quartetto d’archi che all’inizio parte in progressione, prima un violino, poi l’altro a cui si aggiunge la viola e infine il violoncello. Entra energicamente il trio che si prende la scena sospingendo gli archi in sottofondo e favorendo l’assolo di piano. In un secondo tempo assistiamo al dialogo a distanza tra Hersch e Rueckert da un lato e i violini dall’altro. In questo brano le briglie si sciolgono maggiormente, la musica sale d’intensità e relativamente di potenza, chiudendosi con una plastica configurazione cadenzata. L’ultimo brano è quella Pastorale di cui abbiamo già parlato all’inizio di questa recensione. Brano molto lirico caratterizzato da un intermezzo in cui tutti gli archi vengono pizzicati e il piano sembra voler imitare il suono di un clavicembalo coi tasti toccati velocemente e senza pedale di sustain. Un curioso e melodico andamento molto classicheggiante tra Mozart e romanticismo.
Breath by Breath ci racconta di una bellezza iniziatica, desiderando descrivere l’esperienza spirituale della meditazione non attraverso sonorità orientali ma lasciando alla tradizione più pura dell’occidente – quella classica del passato e quella più moderna del jazz – il compito della narrazione di questa consapevolezza tutt’altro che ripiegata su sé stessa.
Tracklist:
01. Begin Again
02. Awakened Heart
03. Breath By Breath
04. Monkey Mind
05. Rising, Falling
06. Mara
07. Know That You Are
08. Worldly Winds
09. Pastorale
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