R E C E N S I O N E
Recensione di Claudia Losini
The inevitable end dei Röyksopp sembrava un dichiarazione di intenti, e di fine. Uscito nel 2014, era quasi un commiato alla musica così come l’abbiamo sempre intesa. Avevano infatti affermato che quello sarebbe stato l’ultimo lavoro pubblicato con la “classica forma di disco”. Otto anni dopo Svein Berge e Torbjørn Brundtland tornano sulle scene con Profound Mysteries, un lavoro che abbraccia la nuova filosofia del duo norvegese: è stato infatti anticipato da un corto intitolato Nothing but ashes e da un portale dove si invitava a “premere R” per ascoltare stralci musicali differenti. Dallo stesso portale si può accedere inoltre a una serie di cortometraggi, tutti accompagnati dai nuovi brani. Un progetto audio visuale a tutti gli effetti, non un’idea innovativa nel genere, ma sicuramente un mezzo efficace per il concept del disco, ossia quello di raccontare la fascinazione per il mistero, l’infinito e l’impossibile. Per questo, il portale si apre su un nuovo simbolo, una sorta di triscele intrecciato come se fosse un triangolo di Penrose: un chiaro richiamo a un immaginario mistico, a un altro universo e alla magia.

Tutto il disco è un bilanciato equilibrio tra estasi e beat, tra la contemplazione di una bellezza infinita e l’energia che si libera ballando.
È un gioco di contrasti, che spesso avvengono all’interno della stessa canzone, e, se da un lato è vero che il viaggio è tutto ciò che c’è di magico e di ignoto, quello che emerge è anche un radicamento nei misteri della Terra e nella coscienza della nostra presenza, del qui e ora. Possiamo considerare Profound mysteries un’analogia con la vita, a partire dall’inizio del disco, (Nothing but) ashes, un invito alla consapevolezza di essere soltanto cenere, un brano oscuro, riflessivo, una scelta all’apparenza azzardata come intro, ma che crea la giusta apertura all’energia vitale che si sprigiona nei brani centrali, per poi terminare con The morning sun un saluto estatico al sole, quasi un religioso addio.
Anche l’outro Press R, la lettera R può essere letta sia come “refresh”, ma anche come “reset”: cancellare tutto e immergersi nell’ignoto per poter ricominciare, in una nuova vita, in un nuovo mondo, in un altro universo.

Il disco ci racconta le varie sfumature del mistero, e lo fa con una struttura sonora ben nota. Profound mysteries crea un continuum coi lavori precedenti, ed è chiaro come alcune sonorità siano quelle di inizio millennio, a cominciare da Impossible, il singolo che ha anticipato il disco, con la voce di Alison Goldfrapp (un’altra icona immensa dei primi 2000): il suono, con quella caratteristica vena di malinconia intrecciata ai beat, ricorda l’electro indie che si ballava sulle piste dei club nel 2007, così come This time, this place… è un omaggio alle atmosfere di The inevitable end. D’altronde i Röyksopp sono maestri nel saper far piangere sul dancefloor (tutti ricordiamo il loro capolavoro What else is there?), come dimostra If you want me, accompagnato dalla struggente voce di Susanne Sundfør, o Breathe, una rivisitazione di un brano house in chiave deliziosamente norvegese. The ladder invece sorride all’ambient music e alle sonorità di Melody A.M., creando quella sensazione di luminosità tra i brani più scuri.
La costruzione sonora del disco porta l’ascoltatore su un terreno conosciuto, crea una comfort zone in cui cullarsi per affrontare il viaggio nell’ignoto, offre un abbraccio avvolgente in cui abbandonarsi per lasciare vagare la mente e il corpo.
Come sempre, i Röyksopp riescono a incantare con la magia delle loro canzoni, trasportandoci dentro le loro visioni e il loro universo misterioso. E per non farlo finire, basta premere R.
Tracklist:
01. (Nothing But) Ashes…
02. The Ladder
03. Impossible
04. This Time, This Place…
05. How The Flowers Grow
06. If You Want Me
07. There, Beyond The Trees
08. Breathe
09. The Mourning Sun
10. Press «R»
Foto © Stian Andersen
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