R E C E N S I O N E


Recensione di Aldo Del Noce

In qualsiasi corso d’ arrangiamento s’impara che tre fiati sono la combinazione più difficile con cui lavorare per ottenere un suono pieno; con tre strumenti ci si trova costantemente incastrati negli angoli, e se avessi solo una voce in più si potrebbe colmare l’armonia in modo più chiaro, è quindi stata una grande sfida orchestrale, specialmente con questo gruppo!”
Nonostante le sfavorite premesse, ed il franco rischio d’impasse, si conferma nel caso del quintetto Triceratops la formula già affrontata dal leader e trombonista John Yao nel precedente album How We Do, riconfermandone la line-up (con il solo avvicendamento di Robert Sabin al basso) e nella sostanza energie e traiettorie.
Dall’eponimo dinosauro a tre corna (che dunque immaginiamo di difficile contenimento) la band sembra trarre possanza e movenze espansive, delegate non soltanto alle “tre punte” dei fiati, e tra le tese energie del suo strumento e le vivaci fioriture delle ance Yao manifesta di spendersi in termini complessi ed alterni già dal virulento ed impattante Below the High Rise, che lancia il via della sequenza conformandosi come una stanza di arduo inquadramento ritmico, cornice per un fitto lavorìo della brass-section, ed il carattere formale sembra confermarsi nella successiva Labyrinth, se possibile ancor più intricata per artificio strutturale.

Oscura e bizzarra l’impostazione del conciso Interlude no. 1, molto affidato alle risonanze gravi dei tamburi e ad un generale clima cospirativo, preludente ad un sostanziale calo delle tensioni, che in Quietly s’esplicita nella ordinata esposizione delle linee dei fiati, peraltro vivacemente incalzati da un’allure funkeggiante del basso. La voce solista del titolare apre lo sviluppo tra quadrature ed obliquità in Crosstalk, plateau scenico ulteriore per le complesse linee dei sassofoni e del trombone, diversamente esposti nel clima celebrativo e solenne di Unflitered, che nelle sue linee distaccate ed eleganti sembrerebbe segnare una distanza rispetto al corpus dei materiali. Le sommesse voci a cappella dei fiati aprono Interlude nr. 2, a sviluppo dichiaratamente sghembo ed angoloso; l’eponimo Off-Kilter chiude con spedito passo fusion, imbastito su un dominante clima metropolitano ma ad onor del vero oltre ad una generale dismissione delle energie collettive ne sfuggono i tratti originali.

Nel complesso riescono palesi sia l’orientante e pervasiva regia del leader che il suo interventismo solistico, a tratti imperioso ma più spesso di esplorativa fisionomia, alterno o in contrappunto con la timbrica provocatoria dell’iperacuto sax soprillo di Jon Irabagon e le spedite e serpiginose linee del contralto di Billy Drewes, rilevando negli esiti del sound il notevole spessore conferito dal bordone a corde basse delle new entry Robert Sabin, laddove i perigli della ritmica e la corposità del groove appaiono affrontati in sicurezza dal giovane batterista Shawn Baltazor, cui di fatto si potrebbe attribuire caratura da veterano.  
Del Nostro, docente alla Berkelee e già ruolo solista presso la Vanguard Jazz Orchestra e l’Afro-Latin Jazz Orchestra, e di suo titolare di più incisioni tra cui l’esperienza da leader di un ampio combo (Yao’s 17-Piece Instrument big band – in  Flip-Flop, del 2015), Off-Kilter fungerà non solo da rinnovato biglietto da visita per l’autore e per le sue pulsioni partecipative, e se verosimilmente l’album non si rivelerà epifanico per il neofita né attingerà a scuotere i fondamentali dell’orecchio sperimentato, sono diversi i punti qualitativi segnati dalla nuova esternazione discografica.
Nelle dinamiche dell’album il trombonista sembra apportare quanto sedimentato anche con ben più ponderosi ensembles, e nella sua valutazione sono state scomodate financo compattezze e forze eversive mingusiane (pur non ravvisandone il verace dramma né lo spirito sanguigno): Yao sembra non desistere dai propri investimenti nella scrittura e consideriamo di rivalutarlo ulteriormente, avendo qui attinto più che al disegno, già arduo, di fissare almeno un punto d’attenzione nel pletorico milieu contemporaneo del jazz e canoni correlati.

John Yao Bandacamp page

John Yao: trombone
Jon Irabagon: sax tenore e soprillo 
Billy Drewes: sax contralto e soprano
Robert Sabin: contrabbasso
Shawn Baltazor: batteria

Tracklist:
01. Below the High Rise
02. Labyrinth
03. Interlude No. 1
04. Quietly
05. Crosstalk
06. Unfiltered
07. The Morphing Line
08. Interlude No. 2
09. Off-Kilter