R E C E N S I O N E
Articolo di Sabrina Tolve
È un mondo sotterraneo quello di Fossora, decimo album di Björk, un album fatto di livelli stratificati, emozionalmente complesso, che indica la terra come madre universale e territorio inusuale e sconosciuto dal quale si dipana tutta l’architettura cosmica, ostile ed eterna della nascita, della vita e della morte.
Funghi, vagine, cuori e cordoni ombelicali sono la luce di un album che si presenta come un tessuto ctonio che mostra l’abisso delle profondità terrestri.
Il corpo sepolto è quello materno, e il terreno tutt’intorno è nido sofferente e sacrificale: la terra fertile che ha permesso la nascita, l’infanzia, il futuro, si fa trama ancestrale e custode di speranza mentre il tempo scorre via attraverso momenti di vita quotidiana, spesso grottesca, ma reale: perché la morte, proprio come la nascita, rientra inevitabilmente nel ciclo vitale e prescinde da tutte le costruzioni filosofiche ed ideologiche che tentiamo di costruire negli anni. L’incontro con la realtà, la sua accettazione e la sua comprensione, contraddice spesso l’idea e l’immaginario che abbiamo di essa, e la riorganizzazione della concretezza si fa spesso difficile da gestire.

Tra gli strati di terra che la scavatrice di fosse vede e sente tra le dita, c’è tutta una fitta rete di non detto, di incompreso, di perdonato e di forzosamente dimenticato. C’è una ristrutturazione del mondo che si era conosciuto fino a ieri, c’è una scoperta e una rivalutazione della propria storia personale, c’è una nuova attribuzione di senso, c’è una nuova esperienza – che all’inizio è un tentativo di riconnessione intima con il sé e con l’ambiente che c’è intorno.
Le radici si fanno base di crescita personale, di nutrimento, e nell’evolversi dell’esistenza ci sono dei passaggi necessari: la perdita, la ribellione, la rabbia, e infine la pacificazione, la ricerca di una sorta di serenità e la voglia di accettare l’eredità che ogni separazione comporta.
In questo album – che è un’opera famigliare e corale -, c’è una nuova Björk: una donna messa a nudo e maturata, trasformata ma sempre presente a sé stessa, sempre coerente, sempre imprevedibile ma intuibile nella sua essenza. E il coro permette di curare ognuno dei suoi membri attraverso un vigilare e un reindirizzare le capacità di espressione attraverso il canto, e che rafforza così l’elaborazione del senso e del sentimento che qui s’incarna.
Fossora è la sua storia, e la storia di tutti: c’è struggimento e c’è speranza, che si alternano tra cimbali, clarinetti ed archi; ma nella sua unicità ci sono percorsi disorientati e irregolari – perché per risollevarsi da una privazione così grande bisogna necessariamente camminare e danzare a modo proprio, nonostante l’universalità della solitudine, l’elaborazione della perdita, l’affrontare nuovi impulsi e fantasie.
Sono tensioni esistenziali comuni ad ognuno e per ognuno differenti.
Ognuno celebra le proprie radici come riesce, ognuno celebra la vita e si genuflette alla morte come riesce.
In Fossora il mondo terrestre è il cuore d’una madre: e quel cuore è la sua casa, ed ogni ventricolo ha una stanza.
Qualunque sia quell’architettura, esserne consapevoli dà voce a nuove canzoni.
Tracklist
01. Atopos
02. Ovule
03. Mycelia
04. Sorrowful Soil
05. Ancestress
06. Fagurt Er í Fjörðum
07. Victimhood
08. Allow
09. Fungal City
10. Trölla-Gabba
11. Freefall
12. Fossora
13. Her Mother’s House
Rispondi