R E C E N S I O N E
Recensione di Andrea Notarangelo
Fuse inizia di colpo. Lo inserisci nel lettore e ti immergi di nuovo nel suono di Tracey Thorn e Ben Watt come se questi quasi 25 anni non fossero mai passati. Un mondo ben definito eppure mai scontato. Nothing Left To Lose, prima traccia dell’album è qui a dimostrarlo avvolgendoti attraverso la calda voce di Tracey e l’ottimo lavoro dietro le quinte di Ben. Quindi? Finita così? Neanche per sogno.
Questa è la storia di un duo, una coppia per la precisione, che dal 1982 (anno della loro fondazione), ha sfornato album più o meno riusciti con una certa cadenza, a cominciare da quel capolavoro che corrisponde al nome di Eden (1984). Nel 1999 però, Tracey e Ben decidono di intraprendere carriere soliste, anche se i due (moglie e marito nella vita di tutti i giorni), da sempre hanno flirtato con altri musicisti, dando del loro meglio aggiungendo qualcosa che ha lasciato il segno. Un esempio su tutti può essere Protection, la canzone che ha fatto conoscere al grande pubblico i Massive Attack e che ha contribuito a sdoganare in modo definitivo il genere trip-hop. Questa recensione non vuole però risultare celebrativa nei confronti di due musicisti navigati, ma l’occasione per raccontare una storia di (stra)ordinaria follia.

Fuse esce ad aprile di quest’anno, ma è un disco che ha avuto una gestazione lunga due anni e iniziata in periodo di pandemia. In un momento nel quale l’ambiente musicale si è fermato quasi completamente o si è reinventato con una condivisione di file e idee attraverso la rete, i Nostri, condividendo lo stesso tetto, hanno avuto un percorso completamente diverso. La coppia ha registrato in segreto, nella propria casa e in seguito in un piccolo studio sul fiume fuori Bath assieme all’ingegnere Bruno Ellingham. Non essendo stati per decenni attivi, sono riusciti a mantenere uno stretto riserbo, tant’è che nei primi due mesi, l’accredito dell’artista etichettato sui loro file in studio era un anonimo Tren (sigla sotto la quale si nascondevano Tracey e Ben), e i primi esperimenti si concentravano su montaggi di suoni ambientali e improvvisazioni di piano mandate in loop. Una fase interessante che più che altro è servita alla band per capire quali strade non percorrere; molte di quelle idee furono sbocciate per riempire brani di atmosfera ma in seguito accantonate. Ed è così che When You Mess Up e Interior Space suonano diversi da com’erano stati immaginati. Il primo, giusto per dare alcune coordinate, può ricordare il lavoro di un altro duo geniale, i Lamb. In questo caso però la voce di Tracey assume un tono più duro e meno trattato. Il secondo pezzo invece, sembra riprendere quanto appena descritto e ciò fa pensare che entrambe le canzoni siano uscite da una lunga sessione sperimentale.
La grazia sopraffina esplode invece nella seconda canzone in scaletta, quella Run A Red Light che ci convince sulla bontà dell’operazione e ci conforta sul fatto che la reunion è genuina. Tracey Thorn l’aveva detto nella sua proposta al marito: facciamo qualcosa ora che possiamo, ora che la pandemia ci ha bloccato, ora che con gli attuali strumenti possiamo creare ancora qualcosa di nuovo e unico. E la seguente Caution to the Wind sembra proprio andare in questa direzione e nel rispetto al credo degli Everything But The Girl di non ripetersi mai, ecco giungere alle nostre orecchie un ballabile elettronico che suona fresco e notturno. No One Knows We’re Dancing, brano scelto anche come singolo, è un’ottima rappresentazione del mood del disco e dimostra come la mancanza di pressioni possa creare una coperta magica che avvolge i protagonisti di un’opera musicale. La cantante in merito al pezzo ha affermato: «Credo che a tutti noi sia mancata la comunanza della vita notturna e delle uscite durante la pandemia». La canzone è un elogio al periodo d’oro dei club domenicali affollati – le facce, la vita segreta, i club dove Ben faceva il DJ nei primi anni 2000.
Con un po’ d’immaginazione possiamo osservarli mentre riascoltano i file abbozzati nel salotto di casa e davanti a un tè che vorrebbe essere un cocktail, si interrogano sulla bontà dell’operazione. Dopo un sorriso complice, lo stesso che li ha uniti quarant’anni fa circa, li si osserva ballare al ritmo delle loro idee. In questo tappeto notturno non si può non notare come i loro sintetizzatori e il loro strumenti analogici riescano a suonare contemporanei anche oggi. E forse la differenza è data proprio dalla presenza di pochi ingredienti nella ricetta; nella quale pochi strumenti, una voce cristallina e il giusto groove creato da ritmi spessi ma mai invadenti, concorrono alla creazione di una musica senza tempo dove il passato cede il passo al futuro e viceversa e dove il presente ci riconsegna una band che ha ancora molto da dire. Bentornati!
Tracklist:
01. Nothing Left To Lose
02. Run A Red Light
03. Caution To The Win
04. When You Mess Up
05. Time And Time Again
06. No One Knows We’re Dancing
07. Lost
08. Forever
09. Interior Space
10. Karaoke
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