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Ferito a morte @ Piccolo Teatro Strehler, Milano

T E A T R O


Articolo di Mario Grella

Napoli è una città che ti ferisce a morte o ti addormenta. È questo l’assunto di base e la conclusione del magnifico testo di Raffaele La Capria, adattato per il teatro da Emanuele Trevi e portato in scena in questi giorni al Teatro Strehler di Milano per la regia di Roberto Andò, una coproduzione del Teatro di Napoli, Teatro Nazionale, Teatro dell’Emilia Romagna, Teatro Stabile di Torino. Andò è un napoletano non ortodosso, se mi si passa il termine, ovvero uno di quei napoletani, la cui “napolitanità” (io lo chiamerei di più “napoletanismo”) non gli ottunde le facoltà mentali e quindi non gli impedisce una visione critica della “capitale del Mezzogiorno d’Italia”. Appartiene cioè a quella schiera di artisti, registi, musicisti che, lontani dal manicheismo di maniera e dal facile folklore che ormai sembra dominante quando si cita Napoli, sa guardare in profondità i vizi e i vezzi della società e della popolazione napoletana. In realtà l’elenco potrebbe essere piuttosto nutrito e potrebbe comprendere registi come Paolo Sorrentino e Mario Martone, scrittori come Roberto Saviano, attori come Tony Servillo, ma anche musicisti come Peppe Barra o il compianto Pino Daniele.

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Dineo Seshee Bopape – Born in the first light of the morning [moswara’marapo] @ Pirelli HangarBicocca, Milano

A R T E – M O S T R E


Articolo di Mario Grella

Non è solo da oggi, che sono attratto dagli artisti africani molto più vivaci, molto più motivati, molto più attenti è molto più prolifici dei cosiddetti artisti occidentali (sempre che queste definizioni significhino ancora qualcosa). Allora se amate l’arte africana contemporanea (ma anche se non sapete neppure cosa sia e/o come sia) non dovreste perdervi Born in the first light of the morning di Dineo Seshee Bopape, allestita nello “Shed” del Pirelli HangarBicocca a Milano. Di solito a questo punto sarebbe d’uopo presentare l’artista. Mi limiterò a dire che Bopape è nata a Polokwane, in Sudafrica, nel 1981 ed è proprio il luogo di nascita, più che il prestigioso curriculum di studi, che dà profondissimo senso alla sua arte che, inutile negarlo, ha necessariamente a che fare con molte avanguardie artistiche della seconda metà del Secolo breve, nonostante queste ancestrali e remote radici. Video, installazioni, Land Art, sono i mezzi coi quali la Bopape costruisce il suo universo segnico e i “resti” di un mondo fattuale, costruito spesso da terra, roccia, fuoco e acque che, quasi invariabilmente, ritornano al tema più caro all’artista africana: il colonialismo e l’Apartheid. Ispiratrici di Dineo Seshee Bopape sono state numerose figure di scrittori e attivisti anti coloniali del sud del mondo, come lo psichiatra e attivista Frantz Fanon, lo scrittore Sol Plaatje, la scrittrice femminista afro-americana Audre Lorde, il sociologo Stuart Hall, l’attivista anti-Apartheid Winnie Mandela.

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Cesare Malfatti – I Catari di Monforte a Milano (Riff Records/Sound To Be, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Aldo Pedron

Il nuovo ed ambizioso progetto di Cesare Malfatti è uscito lo scorso 30 agosto 2022 per la Riff Records. In realtà si tratta di un saggio, di un libro intitolato “Monforte D’alba – Storia di un’eresia” di 151 pagine. Un saggio scritto da Domenico Garelli (il nonno di Cesare Molfatti che illustra la vicenda dell’eresia catara di Monforte D’Alba in provincia di Cuneo conclusasi nel 1028 con il rogo in Corso Monforte a Milano), le foto di Bruno Murialdo e le canzoni di Cesare Malfatti con un CD allegato in fondo al libro.
Il saggio di Domenico Garelli è stato pubblicato per la prima volta nel 1979 ma è stato nuovamente aggiornato in una nuova edizione e qui affiancata dalla musica del nipote.

Cesare Malfatti (Milano 25 novembre 1964), in gioventù abbandona gli studi di ingegneria elettronica per dedicarsi alla musica. Suona prima coi Weimar Gesang (1986-1988), poi con gli Afterhours (1989-1992). Attivo presso il Jungle Sound Station di Milano, collabora con Casino Royale, Dj Gruff, Ritmo Tribale, Out of Body Experience e altri. A partire dal 1995 è attivo sul fronte discografico coi La Crus e come produttore (ad esempio per i Mau Mau di Eldorado, 1998). Una lunga carriera artistica di oltre trentacinque anni in cui Cesare Malfatti tra l’altro fa nascere con Mauro Ermanno Giovanardi ed Alessandro Cremonesi il progetto La Crus. Incide 6 album più un live con i La Crus (1993-2008), con i Dining Rooms dal 1999, con i Noorda (2002), con gli Amor Fou (2007), con i Semb’ro (2010) ed ha all’attivo 6 album da solista tra il 2011 e il 2018. 

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Jonathan Coe & Artchipel Orchestra (Musica Jazz, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Il numero di novembre del mensile Musica Jazz ha regalato ai suoi lettori il cd firmato Jonathan Coe & Artchipel Orchestra, diretta da Ferdinando Faraò. È piuttosto singolare che in una jazz band sia ospite (quasi) fisso uno scrittore ed è ancora più singolare, che i pezzi di un disco jazz siano composti da uno scrittore. Un connubio che, oltre ad essere singolare ed originale, offre risultati musicali di primissimo piano. Certamente gran parte del merito di questa operazione è del poliedrico direttore dell’Artchipel Orchestra, Ferdinando Faraò appunto e dei suoi musicisti ovvero Marco Fior alla tromba, Alberto Bolettieri al trombone, Rudi Manzoli al sax soprano, Andrea Ciceri  al sax alto, Germano Zenga al sax tenore, Rosarita Crisafi al sax baritono, Alberto Zappalà clarinetto basso, Carlo Nicita al faluto, Paola Tezzon al violino, Jonathan Coe alle tastiere, Luca Pedeferri alla fisarmonica, Luca Gusella al vibrafono, Giuseppe Gallucci alla chitarra, Gianluca Alberti al basso elettrico, Stefano Lecchi alla batteria, Lorenzo Gasperoni alle percussioni, Naima Faraò e Francesca Sabatino, voci. Uno scrittore che abbia nello studio un pianoforte, non è poi così strano, più strano è, invece, che lo scrittore il piano non solo lo suoni, ma ci componga pure dei brani.

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Recycling Beauty @ Fondazione Prada, Milano

A R T E – M O S T R E


Articolo e immagini di Mario Grella

Che questa mostra non si possa leggere indipendentemente dal luogo che la ospita, lo si evince già dalle parole di Rem Koolhaas nel catalogo. Non dimentichiamo che Koolhaas è l’architetto che ha curato il restauro dell’antica distilleria della periferia sud di Milano che, come d’incanto, si è trasformata nella meraviglia che conosciamo. Tutto questo è pertinente con la mostra? Lo è, visto che il curatore Salvatore Settis ha voluto intitolarla Recycling Beauty. Non si tratta della semplice esposizione di una serie di sculture di epoca classica, bensì di un progetto più sottile, così come di grande acume fu la prima mostra con cui fu inaugurata la Fondazione Prada nel 2015, quel Serial Classic che proponeva una lettura molto originale della statuaria greco-romana, come grande creazione “collettiva”.

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Mondo Reale @ Triennale, Milano

A R T E – M O S T R E


Articolo di Mario Grella

“Man in the boat” di Ron Mueck e “Real World” di Alex Cerveny, sono certamente tra le opere d’arte contemporanea che tra la scorsa primavera e l’inizio dell’autunno hanno suscitato in me le maggiori emozioni. Naturalmente non le uniche visto che, nella consueta parentesi parigina di fine estate, ho avuto modo di turbarmi, e non poco, con “Echo2” di Philippe Parreno, al centro della Rotonde della Bourse de Commerce (purtroppo mi sono colpevolmente perso “Storia della notte e destino delle comete” di Gian Maria Tosatti nel Padiglione Italia alla biennale veneziana, ma non si ha quasi mai tempo per tutto). Certamente si tratta di umori e riflessioni molto diverse, ma per chi scrive, di sicuro queste sono le tre opere d’arte più suggestive di questo 2022. Chi volesse condividere questo mio godimento estetico/estatico, ha ancora tempo fino all’undici dicembre per lasciarsi inquietare da “Man in the Boat” e da “Real World”, esposte entrambe, nella magnifica mostra intitolata appunto Mondo Reale realizzata, non per caso direi, con la parigina Fondation Cartier, nell’ambito della XXIII Esposizione della Triennale di Milano, intitolata “Unknow Unknows”.

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Milano Music Week 2022

P R E S E N T A Z I O N E


Recensione di Riccardo Provasi

Ieri ci siamo trovati alla periferia sud di Milano, precisamente alla Santeria Toscana, tempio della musica live della città, per assistere alla rassegna stampa introduttiva della sesta edizione della Milano Music Week. Pensata per la settimana tra il 21 e il 27 novembre, vedrà Milano autoincoronarsi “capitale italiana della musica”, colorando l’intera città e invadendola di note ed emozioni in grado di attrarre appassionati da tutta Italia.

Il sindaco Giuseppe Sala ha introdotto coloro che hanno direttamente lavorato alla realizzazione di questo progetto: Nur Al Habash, direttrice generale dell’iniziativa, accompagnata sotto il profilo dell’ideazione dai cantautori Colapesce e Dimartino, piacevolmente sfidati ad uscire dal mero ruolo di artisti e porsi dall’altro lato, quello dell’organizzazione. Numerosi e di notevole importanza sono i promotori dell’iniziativa, una rete di imprese e soggetti cardine nel mondo della musica, come la Fimi, Assomusica, Nuovoimaie e la SIAE, a loro volta organizzatori e moderatori di alcune delle iniziative e dei talk presenti durante l’intera settimana.

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Porcupine Tree @ Mediolanum Forum, Assago (MI) – 24 ottobre 2022

L I V E – R E P O R T


Articolo di Andrea Notarangelo

Un ottobre decisamente caldo accoglie i Porcupine Tree per il loro rientro nelle scene tredici anni dopo l’ultima uscita in studio. La band è in tour per la promozione del nuovo disco, quel Closure/Continuation, che è uscito a giugno, ha diviso i fan, e che in questa tappa meneghina verrà riproposto nella sua interezza in alternanza a pezzi storici del repertorio. Il Mediolanum Forum è tutto esaurito come nelle migliori occasioni e alla temperatura quasi estiva che fa da cornice a questo autunno anomalo, ulteriori tinte calde sono dipinte sugli sguardi di chi ha atteso, con impazienza da un anno, questo momento. La band sale sul palco con disinvoltura ed è proprio Steven Wilson, leader e ideatore del progetto in quel lontano ‘87, che prende parola per scusarsi con il pubblico per l’attesa infinita. I fan lo perdonano da subito, dal momento in cui parte l’attacco di Blackest Eyes, traccia di apertura di quell’album capolavoro che corrisponde al nome di “In Absentia” e che dal 2002 in avanti proietta i Porcupine Tree da ‘stupido sogno’ (per citare l’intro del concerto, Stupid Dream, oltre che titolo di un altro pregevole disco), a fenomeno rock di portata mondiale. Un palazzetto intero raccoglie l’invito a cantare in coro il famoso ritornello I got wiring loose inside my head / I got books that I never ever read / I got secrets in my garden shed / I got a scar where all my urges bled, ma la gente chiude gli occhi e prosegue all’unisono fino al termine del brano. La band si è ripresa il suo pubblico e dai cenni d’intesa con Richard Barbieri e Gavin Harrison (rispettivamente tastierista e batterista storici), si capisce che sarà una serata magica. Come anticipato, Wilson precisa che verranno suonati tutti i brani dell’ultimo disco e infatti, in successione, vengono proposti Harridan, Of the New Day e Rats Return che sono rispettivamente, primo, secondo e terzo brano di Closure/Continuation, nonché singoli promozionali. A giudicare dalla risposta del pubblico si può affermare con certezza che le canzoni sono state ben assimilate e sono già entrate a far parte dell’immaginario collettivo.

 

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Vertigo Film Fest @ Anteo Palazzo del Cinema, dal 21 al 23 settembre 2022

C I N E M A


Articolo di Lucio Vecchio e Fabio Bresciani

Dal 21 al 23 settembre si è svolto in tre serate all’Anteo Palazzo del Cinema la terza edizione del Vertigo Film Fest, festival milanese dedicato ai cortometraggi nato nel 2019. I corti presentati, provenienti da vari paesi nel mondo e divisi in tre categorie (Animazione, Fiction, Documentario), si sono distinti per la loro qualità e per i temi sollevati. Per avvicinare questo mondo al pubblico si sono tenuti interessanti dibattiti post visione in cui gli spettatori hanno potuto porre domande e curiosità ai registi presenti in sala. Inoltre chi ha partecipato alle serate ha potuto votare tramite un Qr Code i cortometraggi in gara assegnando il Premio del Pubblico.

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