Articolo di Luca Franceschini, fotografie di Paolo Pozzi
Costello’s è un marchio di ormai sicura garanzia quando si parla di musica dal vivo e uscite discografiche, lo abbiamo detto tante volte e non ci stancheremo mai di ripeterlo.
E anche questa nuova iniziativa risulta degna di nota: l’organizzazione in Cascina Triulza, all’interno dell’area di Expo, di uno showcase acustico con alcuni dei suoi migliori artisti.
La Cascina Triulza, a quel che ho capito esisteva già, ma è stato proprio il progetto di Expo a fare in modo che venisse valorizzata e posta in una zona centrale della fiera, come sede di eventi vari nel corso dei sei mesi della manifestazione.
Expo, per quanto ho avuto modo di vedere e in faccia a tutte le sterili polemiche, sta diventando un luogo decisamente interessante e suggestivo, sia per le visite giornaliere ai vari padiglioni, sia perché alla sera è una piacevolissima meta per la movida milanese, tra padiglioni aperti, ristoranti, locali e tantissimi dj set per tutti i gusti.
Adesso, grazie ai tipi di Costello’s, ci si mette anche la musica dal vivo, che fino ad ora era un po’ la grande assente di questa manifestazione.
La location è bellissima, immersa com’è nel verde della zona e dotata di un affascinante palco all’aperto di forma circolare, con tutt’attorno comode sedie sulle quali letteralmente stravaccarsi per seguire la performance.
Stiamo parlando di un concerto rock, ma le atmosfere sono davvero intime e rarefatte, dati gli artisti in ballo. In questo caso, dunque, rilassarsi un po’ non costituisce per forza peccato.
Il piatto è molto ricco ma purtroppo arrivo troppo tardi per godermi appieno i Disco Noir. Il quartetto milanese, questa sera in formazione ridotta a due, ha pubblicato a fine anno “Aware”, un disco di piacevole indie pop, con diverse influenze elettroniche, sul quale ogni tanto aleggia lo spettro degli Amor Fou.
Ho sentito una canzone e poco più, troppo poco per capire se valgono anche in sede live.
Subito dopo viene il momento di Morning Tea: il progetto personale del giovane cantautore Mattia Frenna è ormai una realtà consolidata: il suo esordio “Nobody Gets a Reprieve” è vecchio ormai di un anno ed è una delle cose più belle che mi sia capitato di sentire nei tempi recenti. Successivamente è arrivato “Tangles”, un ep di cover che ha messo bene in chiaro quali siano le influenze di Mattia e la sua grande abilità nel rileggerle e nel reinterpretarle. E in giro ha suonato tanto, vantando anche una partecipazione, pochi mesi fa, al celebre Pop Fest di Birmingham, un’occasione più unica che rara per far arrivare la sua musica dove certe sonorità le masticano davvero.
Si presenta da solo, con l’immancabile chitarra acustica e ci propone immediatamente “10 Past 8”, il pezzo nuovo che da pochi giorni si può ascoltare in una bella versione live, registrata nella suggestiva cornice del Sofar di Brescia. Episodio davvero molto efficace, in linea con quanto fatto sinora, un cantautorato acustico che ricorda molto Nick Drake ma con un gusto più spiccato per la melodia accessibile.
Il suo set è breve, come del resto quello di tutti gli altri artisti in cartellone. Dal disco arrivano “A Place Like Home” e “Peckinpah”, che sono tra le sue cose migliori. Poi una cover di “Love is All” di Tallest Man on Earth, bella ma forse un po’ fuori posto, tra le atmosfere malinconiche delle sue canzoni.
Mattia è bravo e ancora una volta ci ha convinto, con quel suo modo molto discreto di suonare e di proporsi, che a tratti può anche sembrare timidezza. Avrebbe forse solo bisogno di un aiuto sul palco da parte di altri musicisti: gli arrangiamenti delle versioni in studio sono davvero molto belli e l’impressione, a sentire questi pezzi in versione così scarna, è che qualcosa vada perso per strada. Ma queste sono cose che, ovviamente, risolverà lui, se ne avrà voglia.
Rapidissimo cambio palco e via con Old Fashion Lover Boy. Anche qui c’è un uomo solo al comando: Alessandro Panzeri, un ragazzo che divide la vita tra Milano e Napoli e che, come Mattia, ha una capacità di scrittura decisamente invidiabile.
Ha pubblicato un disco, “The Iceberg Theory”, su cui mi sono già espresso a dovere, per cui evito di aggiungere altro. Dal vivo non lo avevo mai visto e mi ha letteralmente spazzato via: anche lui solo voce e chitarra, dotato di una vocalità affascinante e ricca di potenziale, ha saputo rileggere brani come “Your Song”, “Smile” (la mia preferita in assoluto, vero picco emotivo dello show, per quanto mi riguarda) e soprattutto “Barracudas”, rendendoli un’altra cosa rispetto alle versioni in studio, ma senza far perdere loro neppure una goccia del loro fascino originario. È un tutt’uno con quello che canta e suona, accarezza le canzoni, ci lavora sopra con grande naturalezza e il risultato è davvero sbalorditivo. Lo si è visto soprattutto nella sua versione di “Have You Ever Seen The Rain?”, un brano a cui, come ci ha detto introducendolo, sono legati molti ricordi della sua giovinezza. È un pezzo famoso, coverizzato talmente tanto da essere diventato quasi insostenibile. Eppure, eseguendolo questa sera, Alessandro ce lo ha riportato in tutta la sua bellezza; una versione che, non dubitiamo, John Fogerty apprezzerebbe particolarmente se avesse modo di sentirla.
Steve Howls è italiano ma ha deciso di far nascere questo progetto musicale dopo un lungo viaggio a Copenhagen, dove ha avuto modo di vivere e respirare musica, confrontandosi con la ricchissima scena locale. Tornato in Italia ha partecipato al Pending Lips (forse il più valido concorso per artisti emergenti che abbiamo oggi da noi), lo ha vinto e ha potuto così aprire il recente concerto di Soft Moon al Carroponte. Sono seguite altre esibizioni in giro per Milano e dintorni, in attesa dell’uscita dell’ep d’esordio, prevista tra ottobre e novembre.
La sua proposta è ben lontana dall’accessibilità pop folk dei due artisti precedenti. Steve usa la chitarra acustica come un vero e proprio strumento, più che come un mezzo di accompagnamento, privilegia fraseggi e parti a diteggiatura complessa, con continui cambi di ritmo e di atmosfera. Canzoni non lineari, dunque, ma tremendamente affascinanti, complice anche una voce espressiva e spesso quasi eterea. Anche per lui solo una manciata di episodi, prima del congedo, con la promessa di risentirlo al più presto su disco.
Tirando le somme, è stata una serata molto più che piacevole. Che si possa godere di una proposta del genere, per una volta ad un orario decente, nell’afa della Milano di agosto, è una cosa che non può che fare onore ai ragazzi di Costello’s.
Dispiace solo che, come al solito, il pubblico abbia risposto molto poco. Lamentarsi però non porta a niente, sappiamo che ormai da noi va così. Serve solo non arrendersi e continuare con queste proposte, nella speranza che sempre più gente se ne accorga e che comincino ad entrare un po’ di soldi, cosa che, lo sappiamo, troppo male non fa.
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