Intervista di E. Joshin Galani
Si apre bene questo 2019, l’11 Gennaio è in uscita Inexorable, da VRec Music Label, quarto album solista per l’ex frontman degli Estra. Viene alla luce nella sua interezza, integrando il lavoro iniziato con l’Ep Cinque Anni del 2017. L’album contiene undici brani nella versione CD e tredici nella versione LP.
Prima di questa nuova uscita discografica, ho visto Giulio offrirsi nelle sue diverse anime. Un anno fa circa sul palco con il “Libera-mente” Tour, concerto accompagnato da Lorenzo Corti. Un viaggio musicale libero, senza scaletta, senza vincoli al proprio repertorio, sia raconteur che chansonnier. Una forma di intrattenimento spontanea, di teatro canzone
L’ho poi visto in primavera, nella sua veste teatrale, alla mostra “La musica dell’inchiostro” presso la Biblioteca Nazionale Braidense. Una riunione di diverse culture intrecciate dallo stesso ritmo: la performance calligrafica del maestro calligrafo Silvio Ferragina, Giulio Casale in un recitato tratto dall’Hamlet Suite di Carmelo Bene, Michele Rabbia a fare da tappeto sonoro con le sue percussioni.
Sono felice di aver ascoltato in anteprima questo album, dove le sensibilità e l’occhio attento di Giulio, ci accompagnano in undici episodi il cui sguardo cade sulla bellezza, sul tempo, il disincanto, spazi ironici e la sicurezza che chiude, con il ritorno a se stessi.
Con Giulio ho chiacchierato per entrare meglio in questo curato lavoro d’autore. Ecco la mia intervista.
Bentornato Giulio!
A te, voi..
Il titolo, Inexorable nasce da un verso di Michel Houellebecq: “un vento forte, inesorabile”. Il vento è simbolo di trasformazione, cambiamento, movimento, per natura è erratico e non ha sede fissa… Tu senti che ci sia in atto questo agente di cambiamento o è più un invito a rimanere nella freschezza di ciò che si muove e muta, come essenza dell’espressione vitale?
Certamente più la seconda, e magari! Non sento alcun vento intorno a noi, nessun orizzonte ideale diverso dall’unico imperante e mi manca, terribilmente. Lo invoco, lo chiamo, lo immagino.. Stiamo qui tutti in uno stallo assurdo, dopo svariati crolli (“tutto cadeva..”) Forse non resta che essere quel vento, ciascuno di noi, nel proprio piccolo ambito. Soffiarci addosso l’un l’altro, eroderci, fino a plasmarci nuovi, altri. Irriconoscibili.
L’album si apre con “Soltanto un video (L’orrore)” storia di una fine. Ci ho letto due riflessioni. La prima, su quanto l’impegno a rappresentare se stessi possa disgregare quella che dovrebbe essere la ricerca del vero sé e di conseguenza la chiara lettura de rapporti con gli altri. E poi c’è l’orrore, quasi un’arrendevolezza a leggerlo come parte dell’animo umano, un po’ come la storia zen dello scorpione e della rana… è così?
Leggi bene.. Mi ha sempre inchiodato la consapevolezza che soltanto l’uomo sia in grado di concepire e persino organizzare l’orrore. Non c’è niente di “naturale” nell’orrore. In natura non si dà.. Mi viene in mente Kurz/Marlon Brando in Apocaplypse Now.. Poi domandarsi l’autenticità è quesito quanto mai contemporaneo: se tutto è immagine cosa c’è, quanto c’era di vero? Ché poi anche le immagini son tutte ritoccate.. Troppe foto è come dire nessuna, troppi video è il medesimo mal di mare, mal di male..
La riflessione social c’è anche in “Coscienza c” la scrittura è ricercata, quasi a sottolineare modalità diverse di espressione rispetto a certe comunicazioni “social basic”. Tu hai una pagina Fb ma non un profilo personale, qual è la tua visione, di questo grande contenitore che da una decina d’anni ha cambiato il nostro modo di rapportarci?
Che se serve a darci un appuntamento, faccia a faccia, magari in riva al lago, oppure a una mostra, o a un concerto, va ancora bene. Sul resto no comment: l’illusione di contare, l’illusione di esprimersi, l’insulto gratuito liberato.. Qualche tempo fa ho provato anche a pubblicare dei veri racconti lì dentro, e c’entrava davvero poco o niente: molto interessante.
“Scolorando Bice” ha suoni molto alla Wall of Woodoo, musicalmente si scosta dal resto dell’album. Come mai hai inserito in questo nuovo lavoro tutti i brani dell’ep 5 Anni?
Intanto grazie per i riferimenti che cogli, e che hai.. Poi tutte le canzoni erano nate per finire in questo disco, sarebbe stato assurdo non inserirle.. E’ stato un percorso faticoso, travagliato, l’Ep è stata una boccata d’ossigeno che ci ha traghettati all’album intero, ma il viaggio era il medesimo e andava testimoniato intero. Bice tra l’altro non smette di commuovermi..
La produzione del disco è di Lorenzo Tomio e, in parte, da Alessandro Grazian, ci parli di queste collaborazioni?
Di Lorenzo Tomio avevo apprezzato una sua colonna sonora per un film australiano e ancora prima il disco dei Norman “La Grandine!”; coi Norman abbiamo poi fatto anche un piccolo tour, di cui serberò un gran bel ricordo. Volevo che portasse nelle mie canzoni il suo suono “sintetico”, siamo partito da “Un minuto” e dopo ci abbiamo sovrapposto una vera band a suonare, le chitarre etc.. Cerco il suono del mio tempo, questo qua. Potevo realizzare un disco acustico, elegante, ineccepibile, e invece ho bisogno di contraddizione, cercando il “noi” utopico al posto dell’ “io” sin troppo ovvio. Con Grazian c’è invece un rapporto più consolidato: già da qualche anno sono ammirato dalla sua preparazione, dal suo gusto, anche dal suo senso della misura, in un mondo di “esagerati”, poi per niente..
“Un minuto” è la canzone più teatrale del disco. Indiscutibilmente la tua voce e l’uso che ne fai rendono questo brano una perla di poesia urbana: la richiesta di un frammento di tempo, il Naviglio… ascoltandola sembra di vedere il pavè e le illuminazioni notturne della mia città! Che rapporto hai con Milano?
Ti sbagli: è la MIA città! (ride..) Milano è l’unica città in Italia in cui, a tratti, io senta appartenenza. Le sono molto grato, specie da quando ha ricominciato ad aprirsi al mondo intero, dopo il ventennio che tutti sanno, ma che evidentemente negava la sua natura che da sempre è curiosa, accogliente e propulsiva. Milano è soltanto bellissima, e pazienza per chi non lo capisce.
“Un giorno storico” l’hai scelto come video per presentare in anteprima l’album. C’è la tua esibizione in un locale, le pole dancer, anziani che giocano a carte e poi c’è lui, il premio per la persona meno rilevante. Abbandonare l’ego fa viaggiare leggeri… potrebbe essere che la valigia, all’uscita del locale, si sia alleggerita delle mille foto incorniciate? Chi ha curato il video?
Oh sì.. L’ego è epidemia primaria in questi giorni, non ce la faremo.. Tutta la sceneggiatura ha a che fare con quello: e il cantante sedicente rockstar è elemento misero e malinconico, nessuno se lo fila. La persona meno rilevante dell’anno. Un bel rovesciamento mi pare. Poi il fatto che io mi sia tagliato i capelli (dopo 20 anni) e indossi degli occhiali da sole ha infastidito qualcuno, ma ci sta. Sono anche un attore, ma non c’è verso: David Bowie resta irraggiungibile da qui.. Il video l’ha curato Carlo Tombola che sa davvero il fatto suo, e che ringrazio, perché so di essere di difficile lettura e lui proprio su quello ha lavorato – ambivalenze, mistero. E ha lavorato bene, molto bene.
“Sono Corpo”, ha visto la luce con un video lo scorso anno, coi disegni di Alessandro Grazian.
E’ una dichiarazione di essere corpo d’amore, con citazione finale di Gaber e Luporini. In tutto il tuo percorso artistico, musica e teatro sono manifestazioni della tua arte che si intrecciano. C’è un diverso modo di essere il tuo corpo mentre canti, suoni o reciti?
Certamente. Quello che non cambia è il vento, sempre quello, che mi attraversa. Sono campi (sportivi?) diversi, ma agiti dallo stesso corpo, dalla stessa richiesta d’amore negato. Il teatro riassume il tutto, ma come fare a spiegarlo ai rockers.. Quella canzone è proprio rock, è fisica, ed è sin troppo breve. Nove minuti doveva durare, ciclicamente tornando al punto: siamo corpo, non abbiamo un corpo. Siamo corpo, non abbiamo un corpo.. E si fottano le farmacie.
Chiude l’album “Resto Io”, dedicata a Paolo Benvegnù, ci racconti di questo omaggio?
Paolo è uno dei pochi fratelli percepiti in questo baraccone dello show-biz, anche nella fatica oltre che nell’eccellenza della sua ricerca e scrittura. Nei giorni in cui registravo il pezzo seppi di un suo malore e allora questo tener duro a se stessi, questo permanere sé (nonostante tutto) di cui canto alla fine mi parve subito anche cosa sua, o almeno da donargli, restituirgli in questo modo un poco il tanto che ci ha dato in questi anni. Pure se l’Italia non sembra accorgersene. Inesorabili, non smettiamo. Non c’è ragione: la ragionevolezza non serve, non serve più.
A breve partirà il tour, chi ti accompagnerà ?
Alessandro Grazian e Emanuele Alosi (Stella Maris, etc). Sarà il contrario di un unplugged. Bisogna assistere, venirci. Non si può raccontare, neanche in video.
Grazie sai
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