L I V E – R E P O R T
Articolo di Luca Franceschini
immagini di Silvia Violante Rouge
Serata all’insegna del ritmo, festa comune delle chitarre e dei Synth, quella che si è vissuta questa sera al circolo Ohibò. Sono di scena due band esordienti, arrivate per strade diverse, più o meno contemporaneamente al disco di debutto, entrambe dedite a sonorità che si potrebbero definire “retrò” ma espresse attraverso formule senza dubbio efficaci. Non sappiamo come andrà a finire ma al di fuori dei circuiti mainstream, queste sono due proposte che ci sentiamo di consigliare.

Il set dei Pijamaparty ci mette davanti al fatto compiuto: gli anni ‘90 non sono solamente il passato ma sono ormai divenuti un periodo storico-culturale a cui guardare per trovare ispirazione. Per fortuna non è la fin troppo inflazionata epopea del Grunge quella a cui guarda la band toscana, bensì la fase più colorata ed eclettica delle contaminazioni (la parola che andava di moda all’epoca era crossover). Lasciati a casa i pigiama da animali delle Photo session ma comunque agghindati in maniera improbabile, tra magliette colorate, canottiere da basket, tute e pantaloncini dai colori che sono un vero pugno nell’occhio (abbiamo posseduto tutti almeno un capo di vestiario di questo tipo, ammettiamolo), il quintetto ci mette poco a far capire di che pasta è fatto.

Le canzoni del debutto Ca$h Machine sono un allegro concentrato di groove, fatto di Up tempo irresistibili, bassi pulsanti, inserti Reggae, suggestioni Afro Beat ed improvvise botte di chitarra distorta, con accelerazioni tipiche di un certo modo di intendere il Metal, tra Faith No More e Rage Against the Machine, senza lasciare fuori i ritmi funkeggianti dei migliori Red Hot Chili Peppers. I ragazzi sanno suonare, hanno una sezione ritmica che viaggia a meraviglia, un chitarrista che sciorina riff e assoli nella migliore tradizione di quegli anni, una tastiera che riempie tantissimo e che è responsabile di gran parte del gioco melodico ed una cantante carismatica e divertente, che canta bene e tiene altrettanto bene il palco. La dimostrazione che la carta della nostalgia, se giocata con intelligenza, può produrre risultati interessanti.

I Cactus? vengono dalla provincia di Vicenza (Tezze sul Brenta, per la precisione) e nel corso della loro breve esistenza hanno già fatto capire di avere parecchie frecce al loro arco. Nel 2017 il rapper americano Bodhi ha inserito il sample di un loro brano su un proprio pezzo e ne è nato Amazing, un singolo che è andato benissimo su YouTube e che di fatto ha aperto la strada al terzetto. No People No Party, uscito un paio di mesi fa, ne ha ulteriormente messe in luce le qualità e mentre scriviamo si profilano per loro interessanti appuntamenti live al di fuori dei nostri confini. A vederli in azione, diresti che se lo meritano davvero. Simone, Francesco e Andrea hanno un set allestito benissimo, sin dalla parte visuale: Francesco sullo sfondo, dietro la sua batteria, Simone e Andrea uno di fronte all’altro, chinati su una enorme consolle, suonano Synth e programmano basi, il tutto intervallato da efficacissime linee di basso, chitarra e qualche inserto vocale (che non è però la componente fondamentale della loro proposta). Ritmi serrati, tempi sincopati e ripetitività ossessiva tipica di un certo Post Punk, senza dimenticare le geometrie un po’ folli che hanno reso famosi gruppi come i Battles.

Come per chi li ha preceduti, seppure in una chiave diversa, il groove danzereccio la fa da padrone e ne viene fuori un’esibizione totalmente godibile. Sono effettivamente un ottimo prodotto da esportazione, questi Cactus?, sarebbe bello che a breve dall’estero comincino ad invidiarceli. Unica nota di demerito, all’interno di una serata senza dubbio riuscita, l’affluenza non proprio memorabile, decisamente non proporzionata alla qualità delle band. Rassegniamoci all’evidenza: per quanto le cose stiano migliorando, per quanto gli appuntamenti di qualità siano sempre più numerosi, far muovere la gente per mera curiosità, per una serata che al di fuori del circuito dell’hype rimane ancora un’impresa impossibile…
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