I N T E R V I S T A
Articolo curato da James Cook
Vivendo praticamente immerso nella musica, succede spesso che mi appassioni a progetti ed idee sentendo il desiderio di approfondirle. Sempre più, negli ultimi anni, mi lascio ispirare dall’universo che ruota intorno al jazz, alla world music, alle mille influenze e contaminazioni che si interconnettono tra di loro in riferimento a questi mondi sonori. Tra i numerosi canali disponibili per trovare stimoli sempre nuovi, da qualche tempo mi capita di esplorare mixcloud. Proprio qui ho incontrato un progetto che mi ha colpito: Pazzforthejazz.
Ho scoperto che dietro a questo curioso moniker si celano due giovani catanzaresi: Sharon Esse e Matteo Caglioti (MTCGT). Mi sono messo in contattato con Sharon per rivolgerle alcune domande alla vigilia di una interessante pubblicazione: il nuovo mix dedicato alla produzione recente della Auand Records, una delle etichette indipendenti di riferimento per il jazz italiano da circa vent’anni, guidata da Marco Valente.
Nel mix troverete brani tratti dai recenti lavori di Forefront, Gaetano Partipilo, Michelangelo Scandroglio, Paolo Bacchetta, Satoyama e Stefano Coppari.
Come nasce questa passione per un tipo di musica che in genere ha ascoltatori con un’età media nettamente superiore alla tua? (Sharon ha da poco compiuto 30 anni, ndr)
Hai ragione. Dal momento in cui mi sono approcciata al mondo del jazz ho sempre avuto a che fare con persone anche molto più grandi di me. Anche se devo dire che piano piano nel tempo ho scoperto un mondo celato, fatto di tantissimi giovani (anche più giovani di me), musicisti ed appassionati al genere, con la voglia di uscire allo scoperto, di farsi sentire e di farsi coinvolgere.
La passione nasce da un profondo amore per la musica trasmesso sin da quando ero piccola dalla mia famiglia. A casa dei miei c’è sempre stata musica, dalla mattina alla sera. Non siamo una famiglia di musicisti, ma di appassionati e di grandi ascoltatori. Tanto è stato ed è il tempo trascorso insieme ad ascoltarla.
In particolare, la musica era quella proveniente dalla collezione di cassette, vinili e cd di mio padre (che per un periodo ha anche lavorato in radio). Collezione di ampio respiro che ha da sempre abbracciato diversi generi (da Bolero di Ravel, a Porcelain di Moby). Da piccola, ai tempi delle medie e dei primi anni delle superiori, mi piaceva andare a selezionare un cd o anche due al giorno dalla collezione di mio padre ed ascoltare album su album, pomeriggio dopo pomeriggio, mentre ero intenta a studiare.
Poi un’altra grande influenza l’ho avuta da Matteo, all’epoca mio compagno di banco, ad oggi il mio compagno di vita e co-founder del progetto ‘PazzfortheJazz’.
Con lui, ho allargato i miei orizzonti. Ho approfondito il mondo del cantautorato italiano, rock britannico ed americano della seconda metà degli anni sessanta e settanta; ma anche quello della musica house e deep house degli anni novanta e contemporanea dell’epoca. Per cui le contaminazioni sono sempre state tante.
Ma piano piano col passare del tempo mi rendevo conto che ero attirata sempre più dai suoni che poi avrei col tempo scoperto far parte della black music. E così i mondi di Tracy Chapman, George Benson, Otis Redding, Aretha Franklin, Bill Whiters, R. Kelly, Norah Jones, Ray Charles, Stevie Wonder li sentivo anche un po’ miei. Ecco forse ‘un ponte di passaggio’ importante che mi ha spinto ad andare oltre e ad inoltrarmi nel mondo del jazz è stato proprio l’ascolto di Stevie Wonder.
In particolare, quando avete creato PazzfortheJazz e qual è l’idea che guida questo progetto?
L’idea è nata ai tempi dell’Università, era il 2012. PazzfortheJazz si può dire che è figlio del web. Nasce come community di un social non tanto diffuso che è Google Plus, dal 2019 chiuso al pubblico. Poi la decisione nel 2014/2015, su impulso di Matteo, di creare la pagina PazzfortheJazz su Facebook per arrivare a più persone seppur all’inizio solo virtualmente. L’idea guida del progetto è quella di condividere musica e di diffondere la cultura del jazz in tutte le sue forme e contaminazioni. Da qui il gioco di parole del moniker. Abbiamo realizzato un primo mix con Matteo nel 2016 che abbiamo condiviso sulla piattaforma Mixcloud, intitolato PazzfortheJazz (“we won’t have a cure”).
Sin dal principio si è unito il mondo del jazz a quello della musica elettronica. Perché è quello che siamo, quello attraverso cui ci esprimiamo e quello in cui ci riconosciamo. Il jazz è così presente nella musica hip hop, elettronica, house ecc. (a volte anche solo con un campionamento), che neanche ce ne rendiamo conto…
Dove è arrivato PazzfortheJazz oggi, quali i lavori fatti e le collaborazioni?
Fino ad ora, col tempo, siamo passati dal virtuale al fisico, senza un distacco vero e proprio, ma in continua integrazione. Nel 2015 su invito di Pietro Mungo, imprenditore catanzarese che sin da subito ha creduto nel nostro progetto, abbiamo realizzato un evento, “Diggin’ in Jazz – Tana Public House”. Un esperimento dunque. Nel 2016 in un locale della città di Cosenza abbiamo realizzato il primo dj set PazzfortheJazz su invito di un dj che io e Matteo stimiamo tanto, Ettore Loizzo.
Poi da lì una sfilza di eventi, una serie di dj set ad accompagnare mostre artistiche per Altrove (Festival di arte pubblica e contemporanea di Catanzaro) ad esempio, o ancora per Il Centro di Ricerca per le arti contemporanee (il CRAC – a Lamezia Terme). E poi cene, aperitivi e dopo cena in diversi locali della città, come ad esempio il Room 21 Speakeasy, o il Paddy’s, o ancora il Don Giovanni (mi scusino gli altri locali ma non posso citarli tutti).
Abbiamo poi partecipato nell’occasione della giornata internazionale del Jazz del 2017 anche ad un Festival svoltosi a Catanzaro, il “Mani festival”. E poi tante collaborazioni con altri djs (penso al dj Paolo Gentile per primo, con cui abbiamo condiviso tante serate in compagnia di ottima musica) e con collettivi di djs (penso al collettivo Immunity, nato da un’idea di due storici dj catanzaresi, Cesare Aiello e Paolo Tocci).
Con la pandemia abbiamo sospeso i nostri appuntamenti fissi, ma non ci siamo fermati. Abbiamo realizzato delle dirette facebook ed instagram nel rispetto di due motti: #IoRestoaCasa #LaMusicaEsceedUnisce. In questa fase siamo stati ospiti anche di un evento online realizzato da UMG Web Radio e Radio Iolex, dal titolo #MUSIPASQUETTA, a cui hanno partecipato artisti come Micol Arpa Rock ed Eman.
E poi abbiamo portato avanti il nostro appuntamento del sabato sera (che va avanti da novembre 2019) su radio RVS, su cui ci si può ascoltare in zona in fm e in tutto il mondo in webradio.
Ad oggi dai mix realizzati per la radio il sabato, nascono dei podcast che poi vengono pubblicati sul profilo PazzfortheJazz di Mixcloud ogni lunedì.
Grazie ai mix che andiamo a realizzare abbiamo collaudato importanti collaborazioni con negozi di dischi come Backflip Records di Milano ed etichette come A.Ma Records e adesso anche con Auand. Ma anche con musicisti come Emanuele Triglia, Carolina Bubbico ed Aldo Betto dei Savana Funk. E abbiamo avuto anche guest mix da dj come Massimiliano Conti aka Jazzcat di Pescara a Emilio Agosto e Classic Mode di Catanzaro. Ancora tanti i guest mix e le collaborazioni in programma, ma non voglio aggiungere altro…
Come pensi si possa quindi sviluppare in futuro il progetto, cosa desideri per PazzfortheJazz?
Le idee sono tante, ma ci vuole progettualità e programmazione. Nulla nasce per caso. L’intento è quello di continuare a registrare mix nel nostro piccolo ‘home recording studio’ e con i dj set (non appena sarà possibile riprendere), per avere un confronto ‘face to face’ con le persone.
Poi spero che si possa ricreare uno spazio fisico, come un punto di ritrovo per appassionati. Personalmente spero che PazzfortheJazz cresca sempre di più e riesca a coinvolgere sempre più persone e soprattutto che possa fuoriuscire anche fisicamente dai confini calabresi, andando a selezionare musica in giro per questo bellissimo paese che è l’Italia, con l’obiettivo principe che è sempre quello di condividere la passione per la musica e la musica stessa, che è il messaggio imprescindibile da trasmettere.
I vostri mix vengono creati principalmente su vinile o vi adattate anche con altri formati?
I mix miei e di Matteo sono creati principalmente con il supporto del vinile. Ma ci adattiamo anche ad altri tipi di formati di musica digitale, come il WAV, l’AIFF ed anche il formato Mp3. Questo per esigenze nate dal fatto che non tutta la musica viene prodotta su vinile e quello che conta non è il mezzo con cui si condivide il messaggio, ma il messaggio stesso. Anche se il vinile per noi è una sorta di oggetto sacro.
Sei una collezionista di dischi? Se sì, qual è il primo che hai acquistato?
Si, decisamente sì. I miei soldi li spendo per la maggiore per collezionare dischi. Mentre sto rispondendo a questa intervista sto aspettando un disco ad esempio dalla cantautrice e musicista Serena Brancale (“Vita d’artista”).
Mi metti in difficoltà, però se non vado errato i miei primi due dischi li ho acquistati in un negozio di dischi a Roma: un vinile di Stevie Wonder (della Motown, “Fulfillingness’ First Finale”, stampa del 1981, anche se l‘album è uscito nel 1974) e un altro di Ray Charles (“Ray Charles Sings” dell’Atlantic, in stampa originale danese del 1957).
Da esperta della materia, puoi indicarci qualche nome poco conosciuto che tu apprezzi particolarmente o comunque ascolti che ritieni imprescindibili?
Innanzitutto, grazie per il – esperta in materia –, ma non mi reputo un’esperta, il jazz è un mondo sommerso tutto da esplorare, non si finisce mai di imparare, si scopre sempre qualcosa di nuovo. Semplicemente mi ritengo un’appassionata.
Un progetto quasi sconosciuto ma che ho apprezzato molto è stato “Zonabros” del 2010 dei Divieto di Bop, un quartetto romano che ascoltai molto tempo fa dal vivo, di cui oggi, lo dico sinceramente, ho perso le tracce. Ma questo album per me rimane sempre una dolce culla. Ci ho scritto la tesi di laurea con questo album, messo a ripetizione, mi aiutava a concentrarmi nello scrivere. Poi altri progetti preziosi derivano dal pianista e compositore Roberto Zanetti di Colà, nel Veneto, per chi volesse ascoltarlo consiglio “Minor Time” (della Dodicilune del 2014) e “N.P.U. – No Prohibition Unit” (della Cat Sound Studio, del 2015). Poi per chi apprezza sonorità più funk, quasi “africane”, non posso non citare i Savana Funk (Aldo Betto, Blake C.S. Franchetto e Youssef Ait Bouazza), già più conosciuti, grazie anche al recente tour nelle spiagge che hanno fatto insieme a Jovanotti. Io ho apprezzato molto due dei loro progetti: “Musica Analoga” (di Galleria Continua, del 2006) e “Savana Funk” (della Duna Studio, del 2016).
Ascolti imprescindibili posso dire che per me sono Billie Holiday, Django Reinhardt, Glenn Miller, B.B. King, Muddy Waters, Miles Davis, Donald Byrd, Hank Mobley, Lee Morgan, Herbie Hancock, Milt Jackson, Dave Pike, Jimmy Smith, Horace Silver, Duke Ellington, Count Basie, Oscar Peterson, Thelonious Monk, Dave Brubeck, Kenny Burrell, Wes Montgomery, Art Blakey, Paul Desmond, Serena Brancale, Ainé, Nicola Conte, Gerardo Frisina, Raphael Gualazzi, Yussef Dayes, Kamaal Williams, Alfa Mist, Maurice Brown, Quincy Jones, Robert Glasper, Erykah Badu, US3, Moonchild, Hiatus Kaiyote… potrei continuare all’infinito!
Passiamo ora a qualche dettaglio circa il tuo ultimo mix. Perché la scelta è ricaduta proprio su Auand?
La scelta sull’etichetta Auand nasce in realtà già nel 2015, quando acquistai “Travelers – Time Images”, per inseguire, se così si può dire alcuni grandi musicisti italiani come Matteo Bortone e Francesco Diodati. Nel dettaglio questo ultimo mix dedicato al catalogo Auand è nato da un input esterno, che mi ha permesso di essere ‘attenta’ alle (e di rituffarmi nelle) sonorità jazz-rock e sperimentali dell’etichetta.
Come vedi il panorama jazzistico italiano contemporaneo?
Il panorama jazzistico italiano contemporaneo lo vedo molto in fermento (penso al batterista Enrico Morello, al pianista Enrico Zanisi, al chitarrista Andrea Molinari… o ancora ad Andrea Infusino, un altro chitarrista e anche contrabbassista e compositore bravissimo, tra l’altro della mia terra) e molto contaminato. E non parlo solo dei musicisti in sé, parlo anche dei fruitori di questo genere musicale.
C’è voglia di mescolare, rivisitare, quasi come un ritorno, perché il jazz è un ritorno alle origini, che permette però di guardare al futuro. Secondo me in questo periodo il jazz è tornato un po’ di moda, è tornato ad essere un po’ più popolare (della gente), anche se vorrei che fosse ancora meno d’élite. L’utilizzo dei social ha permesso al jazz poi di spandersi in ogni forma e luogo come macchia d’olio. Vedo adesso un grande mercato attorno a questo mondo.
1 giugno 2020 at 11:15
Grazie di cuore James Cook da parte di MTCGT e mia per lo spazio dato a PazzfortheJazz! Viva la musica, sempre! Grazie anche ad Auand Records!