R E C E N S I O N E


Articolo di Stefania D’Egidio

Il 2020 è stato un anno funesto sotto molti aspetti, ma mi ha dato l’occasione di riscoprire vecchi amori mai dimenticati, come quello per la musica anni ’80, grazie al ritorno sulle scene di alcuni gruppi storici dell’epoca. Tra questi gli Psychedelic Furs, rispolverati grazie ai brani inseriti nelle colonne sonore di Chiamami col tuo nome, del regista Luca Guadagnino, e la celebre serie tv Stranger Things.
L’ottavo album in studio della band è uscito alla fine dello scorso luglio, dopo ben 29 anni di assenza, anche se in realtà dal 2000 non hanno mai smesso di suonare dal vivo con una formazione che, oltre ai fratelli Richard e Tim Butler, rispettivamente alla voce e al basso, comprende anche Paul Garisto alla batteria, Rich Good alla chitarra, Amanda Kramer alle tastiere e Mars Williams al sax.

Un lavoro intitolato Made of Rain, a sottolineare quella sottile vena malinconica che da sempre contraddistingue la loro musica, composto da dodici tracce prodotte interamente negli ultimi mesi, ad eccezione di Wrong Train, composta nel 2005.
Quasi un trentennio passato a progettare il rientro, con la paura però di non essere all’altezza della discografia passata, fino al fatidico giorno in cui si sono detti: “ora o mai più”, spinti anche dal ritorno di fiamma per tutto il movimento new wave e postpunk d’oltremanica, che ha ispirato gruppi di successo come i Killers e gli Arctic Monkeys.
Un ritorno in grande stile per i fratelli Butler, che hanno ritrovato la sana rabbia degli esordi, quella che aveva fatto paragonare Richard a John Lydon per la grinta, seppur con le dovute differenze di stile, e a David Bowie e a Bryan Ferry per l’eleganza del timbro vocale. Quello che ne vien fuori è un album con gli attributi e ammaliante allo stesso tempo, ricco di atmosfere malinconiche e sognanti, il cui unico difetto, se proprio lo vogliamo trovare, è la mancanza di un tormentone alla Love My Way.

Le chitarre sono stilose e nel contempo graffianti, nella traccia di apertura, The Boy That Invented Rock & Roll e nell’assolo di You’ll Be Mine, di grande effetto in This’ll Never Be Like Love, la ballad per eccellenza insieme Turn Your Back on Me. Gli assoli di sax ti scaldano il cuore, i giri di sintetizzatore ti ricordano quanto sia stato creativo, per la ricchezza di suoni che è riuscito a produrre, tutto il decennio che va dalle ceneri del punk al sorgere del grunge, ingiustamente liquidato con una certa superficialità dalla critica. Ce n’è per tutti i gusti in Made of Rain: dal rock al dark con il pezzo No One, in cui Tim sfodera un basso cupo e potente alla Gallup mentre Good si scatena con riff ossessivi di chitarra, al progressive di Ash Wednesday e al pop di Hide The Medicine, per chiudere infine con Stars, un brano in crescendo con un bellissimo assolo di chitarra ed effetti speciali sul finire.
Quali sono i punti di forza dell’album? Beh, sicuramente la voce calda e avvolgente, l’ingordigia di note in ogni singolo pezzo, l’alternanza di chiaroscuri, il songwriting pulito ed essenziale. Il mio pezzo preferito? Senza alcun dubbio Wrong Train per il ritmo e la tensione emotiva che riesce a creare.

Voto: 8/10 

Tracklist:
01. The Boy That Invented Rock & Roll
02. Don’t Believe
03. You’ll Be Mine
04. Wrong Train
05. This’ll Never Be Like Love
06. Ash Wednesday
07. Come All Ye Faithful
08. No One
09. Tiny Hands
10. Hide The Medicine
11. Turn Your Back On Me
12. Stars