I N T E R V I S T A


Articolo di Iolanda Raffaele

Il 2 ottobre è uscito Echoes of Unspoken Words, il nuovo album di An Early Bird. Off Topic vi prepara all’ascolto attraverso una breve intervista a Stefano De Stefano. L’occasione per questa chiacchierata è anche la presentazione del video di Fire Escape, focus track del disco, che vi proponiamo oggi in anteprima.

Ciao Stefano, inizierei questa intervista parlando del brano e del video che presentiamo oggi. Fire Escape è una canzone particolare ma più datata rispetto alle altre, cosa ti ha spinto ad inserirla ora?
Lo avrei fatto ai tempi dei Pipers, la mia vecchia band, ma era troppo personale e mi sembrava di diluirlo troppo in una dinamica di gruppo. Ho registrato altre versioni nel corso degli anni ma erano fini a sé stesse: in questo contesto invece mi sembra che sia tornata a casa e possa congiungersi in modo onesto con le altre canzoni dell’album. Il video realizzato è il primo che io abbia mai provato a sviluppare da solo: me ne frego che sia in qualità lo-fi, il senso era quello investigare l’intimità delle pareti domestiche e sono contento del lavoro fatto con un normale smartphone e un programma di montaggio. Poi ci ho messo dentro i miei gatti, che vuoi di più da un cantautore?

A distanza di due anni da Of Ghosts & Marvels e di un anno dall’ep In Depths il 2 ottobre è uscito Echoes of Unspoken Words, un secondo album sentito ed atteso. Parlaci un po’ di questo lavoro…
È un disco che in realtà era pronto da un po’ ma poi, complici una serie di cose e l’arrivo della pandemia, ho deciso di pubblicarlo all’inizio dell’autunno, come a voler suggerire una colonna sonora di accompagnamento al periodo dell’anno che più amo. Finora i singoli rilasciati come anticipazione sono andati discretamente bene in termini di ascolti, ho avuto diversi posizionamenti in playlist e spero di continuare in tal senso anche con il disco.

Cosa mantiene e/o da cosa segna il distacco rispetto ai due progetti precedenti?
È una messa a fuoco più chiara del primo lavoro svolto con i ragazzi del Faro Recording Studio, l’ep uscito nel 2019, ed una evoluzione in termini di paletta sonora rispetto al primo album. Ho sostituito la classicità di una To The Trees con le pulsazioni nordiche di Racing Hearts. Sono sempre io in ogni caso, anche se ho provato a lasciarmi guidare di più in studio perché in genere ho difficoltà a farmi dirigere. È un disco scritto alla chitarra usando un’accordatura aperta ma alcuni brani in studio abbiamo deciso di svilupparli al pianoforte.

Sono 11 le tracce a cui affidi il compito di esprimere il senso del disco. Tra detto e non detto, assenza e presenza, qual è il filo conduttore che le lega?
L’eco di quello che avremmo potuto o dovuto dire. Quindi in qualche modo il filo conduttore è un invito a mostrarci di più per quello che siamo. Far sapere agli altri che gli vogliamo bene, che sentiamo cose, che anche se le cose sono andate in un certo modo avremmo voluto altro e forse siamo ancora in tempo per cambiare le situazioni. È un album positivo.

Declaration of life e Mermaid Song sono le canzoni che hanno l’onere ed onore di aprire e chiudere l’album, qual è il motivo di questa scelta?
La prima è una dichiarazione d’amore verso la vita e la convinzione che alla fine in qualsiasi modo ce la caveremo, dura 1 minuto e 43 e presenta una struttura armonica e di arrangiamento interessante quindi ho pensato “perché no?”. L’ultima contiene in una strofa lo spunto per il titolo del disco e quindi ho pensato che il finale dell’album fosse il posto adatto in cui inserirla.

Qual è il tuo messaggio per invitare i nostri lettori all’ascolto dell’album?
Sono 38 minuti ben spesi. Coerenti con lo spirito di questi tempi. Dentro ci sono io ma a ben vedere ci sono le storie di tutti noi. Non è vero che siamo poi così speciali: spesso soffriamo per le stesse cose e probabilmente siamo davvero molto vicini tra di noi. È un disco autentico.

In un momento duro per la musica ma di graduale ripresa, qual è il tuo augurio?
Tornare più sani di prima. Più attenti. Più rispettosi. Più innamorati della musica e degli artisti, ma nel vero senso della parola. Più curiosi e aperti.