L I V E – R E P O R T


Articolo di Stefania D’Egidio

Per festeggiare i cinquantanni di carriera James Senese avrebbe meritato un Teatro Dal Verme stracolmo, ma si sa, mala tempora currunt, la pandemia ha reso necessario il distanziamento del pubblico e così ci si deve accontentare anche di una sala piena a metà. “Pochi ma buoni”, come si suol dire, ci sono i fedelissimi, quelli di una certa età, eppure anche tanti giovani in questa serata insolita, che offre per cena un bel concerto dal sapore agrodolce: da un lato la consapevolezza di essere di fronte a un mostro sacro della musica italiana, dall’altro la tristezza di sapere che probabilmente sarà l’ultimo spettacolo a cui si assisterà in questo sciagurato 2020. Il nuovo DPCM incombe infatti sulle nostre teste come una spada di Damocle: sono necessari sacrifici, dicono… peccato che a pagare sia sempre il settore della cultura, nonostante una macchina organizzativa perfetta del JazzMi; misurazione della temperatura all’ingresso? fatta, igienizzazione delle mani? anche, i posti sono distanziati, le mascherine le abbiamo, mancano solo gli attori principali, che arrivano sul palco poco dopo le 20.00.

Formazione a quattro per i Napoli Centrale con Fredy Malfi alla batteria, Rino Calabritto al basso, il giovane Lorenze Campese alle tastiere e, manco a dirlo, James Senese al sax. Pronti e via, si parte subito a ritmi sostenuti perchè alle 23.00 c’è il coprifuoco per tutti. Una canzone tira l’altra senza pause e il teatro si riempie di un arcobaleno di suoni e sfumature, quelle che da sempre rendono Senese unico nel panorama musicale nostrano, un pioniere capace di rendere la canzone napoletana internazionale, attraverso la sperimentazione e la commistione di vari generi musicali, dal jazz al blues, dal rock all’afrobeat. Uno stile che ha fatto della diversità un punto di forza, un artista che grazie alle sue origini miste (figlio di un soldato americano e di una ragazza napoletana) ha saputo dare voce agli ultimi, interpretando al meglio gli umori dei vicoli partenopei. Certo altrove avrebbe avuto ben altra fortuna con il suo incommensurato talento e, a dire il vero, anche in Italia forse avrebbe meritato un pubblico più vasto, se paragonato ad altri colleghi meno dotati e più commerciali, ma bisogna riconoscergli che non è da tutti rimanere fedele alla propria idea di musica rifiutando di scendere a compromessi.

La serata vola via veloce tra assoli di sax, accordi di pianoforte e i funambolismi alla batteria di Fredy Malfi, si arriva al bis intorno alle 22.00, giusto una breve pausa nei camerini perchè il pubblico, seppur ridotto, comincia a rumoreggiare costringendo la band ad un rapido rientro.

L’improvvisazione è il leit motiv di una serata da incorniciare, senza una scaletta prefissata, Senese si gira verso i compagni e comunica sul momento il brano da eseguire, per questo non assisterete mai a due show uguali di Napoli Centrale.
Speriamo solo che questa volta lo stop ai concerti non duri troppo, non solo per i risvolti economici che avrebbe sul comparto spettacolo, già stremato dai mesi di lockdown, ma soprattutto perchè in un periodo in cui non solo la salute fisica è messa a dura prova, ma anche quella mentale, solo l’arte e la cultura possono salvarci dal baratro.