R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
“Eclettismo” è un termine che si riferisce alla capacità di gestire atteggiamenti, dinamiche comportamentali, pensieri e azioni che provengono da diverse ispirazioni e che vengono armonizzate verso un medesimo obiettivo. La finalità di un musicista è appunto quella di assemblare musica anche quando questa può avere varie influenze differenti, talora apparentemente poco compatibili tra loro. Elina Duni riesce dunque ad essere eclettica e a comporre tra loro frammenti diversi in un’unità attendibile come questo Lost Ships, dove ad esempio ballate tradizionali salentine (Bella ci dormi), gloriosi standard jazzistici come I’m fool to want you (scritta da Frank Sinatra e dedicata all’attrice Ava Gardner), classici come The wayfaring stranger (dell’ombroso Johnny Cash) e sempreverdi francesi come Hier encore (Charles Aznavour) coabitano senza sgomitare, rivisitati con opportuna leggerezza e rispetto e arrangiati con tutta la dovuta grazia possibile. Altro segno di eterogeneità della Duni è la sua capacità di esprimere il canto in diverse lingue e di risultare sempre attendibile anche quando, oltre all’albanese, sua lingua madre, utilizza l’italiano, l’inglese ed il francese adattando la sua voce leggermente scura ai diversi idiomi nazionali e regionali.
Inquadrare la Duni come cantante jazz (anche se questo linguaggio l’ha studiato a lungo) mi sembra francamente eccessivo, così come lo è altrettanto farle indossare i panni della cantante folk. Qui siamo di fronte ad un continuo scivolamento tra generi diversi ma tutti accomunati da un amore dichiarato per la melodia e per la forma canzone rispettandone la struttura, senza alterarne l’originaria bellezza con ardite rivisitazioni o esasperati adattamenti. Stando alle dichiarazioni rilasciate dalla stessa artista questo disco ECM tratta essenzialmente di nostalgie, di malinconie migratorie, di abbandoni, di luoghi abitati e vissuti e a tratti irrimediabilmente trasformati dal Tempo e dalla malagrazia umana nei confronti della Natura. Ricordi, quindi, navi perdute, smarrite come si possono smarrire i sogni e, talora, le speranze. I musicisti che accompagnano Elina Duni osservano a volo d’uccello tutto il progetto, intervenendo ad hoc con dovuta, delicata compostezza. Una certa discrezione caratterizza gli interventi del talentuoso chitarrista Rob Luft, essenziali sono gli apporti soffiati da Matthieu Michel al flicorno. Soprattutto straordinaria la finezza del pianista (e percussionista) Fred Thomas che, personalmente, mi sorprende per la sua capacità di colmare gli spazi senza mai congestionarli. Nella voce della Duni posso cogliere anche qualche sfumatura che mi ricorda la nostra Maria Pia de Vito, se non altro per la stessa suggestione che la cantante napoletana manifesta nei confronti della musica tradizionale. Lavoro privo di difetti, quindi? No. A tratti l’onda malinconica di Elina rischia di diventare un po’ troppo languida e di fare arenare le sue navi prima ancora che prendano il largo. Peccato veniale, comunque, che non inficia in alcun modo il godimento globale dell’album.
Tracklist:
01 Bella ci dormi
02 Brighton
03 I’m a fool to want you
04 Numb
05 Lost ships
06 The Wayfaring stranger
07 Flying kites
08 Lux
09 Kur me del ne dere
10 N’aat Zaman
11 Empty street
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