R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
Alla boa del suo sessantacinquesimo anno di età Nels Cline “eterno ragazzo” mi ricorda sempre più il suo quasi coetaneo John Zorn. Non solo per l’enorme mole di lavoro svolto, sia da titolare che da collaboratore (ho contato in totale più di 150 incisioni dal 1981 ad oggi…) ma per le sue dinamiche musicali che oscillano tra diversi poli attrattivi: jazz, rock, musica sperimentale tonale e non, avanguardia ed elettronica. Certi musicisti sono così, non li puoi legare a niente e ti devi aspettare tutto da loro, tranne qualsiasi forma di prevedibilità. Le strade collaterali intraprese dal nostro sono molteplici e vi faccio solo alcuni nomi. Nell’ambito più strettamente rock il primo riferimento sono i Wilco con cui Cline ha collaborato dal 2004, poi alcuni illustri frammenti dei Sonic Youth come Thurstone Moore e Lee Ranaldo, anche se in momenti e occasioni diverse, poi con Stephen Perkins (chi si ricorda dei Jane’s addiction?) e anche con Mike Watt (se ricordate l’hardcore punk dei Minutemen siete veramente bravi…), Joan Osborne ed altri ancora. Nel jazz si sono rivelati vecchi amori mai dimenticati attraverso certe rielaborazioni coltraniane con l’Interstellar Space Revisited nel 1999, negli omaggi ad un pianista come Andrew Hill nel suo New Monastery del 2006 e poi ancora con Medeski, Martin & Wood, e come dimenticare la collaborazione con Charlie Haden, Tim Berne e molti altri ancora che non enumero per non farvi morire di noia.
Share the Wealth è la terza uscita per la prestigiosa Blue Note ed in questo frangente Cline si presenta con Skerik al sax, Cyro Baptiste alle percussioni, Brian Marsella alle tastiere che si aggiungono ai due Trevor Dunn al basso e Scott Amendola alla batteria che compongono il suo trio abituale. Lo stesso Cline racconta che la nascita del disco in questione ha avuto origine da una session quasi completamente improvvisata, anche se nei primi due brani si segue una chiara traccia, se non scritta, quanto meno ben concordata tra le parti. Il clima è però differente dai primi due lavori Blue Note, soprattutto lontano da Lovers. Niente nostalgie ma al loro posto una grande pulsazione ritmica e talora momentanei uragani di rumore. In effetti, il primo brano in questione è una pugnalata al fianco, con quel suo ostinato basso-batteria più l’introduzione del tema sostenuto dalla chitarra. Sembra un ottimo brano di rock contemporaneo ma il sax che irrompe a strabordare da tutte le parti già ci fa capire che aria tira. Si arriva alla seconda traccia Beam/Spiral, il brano che preferisco, con una bella, suggestiva onda creata dai piatti stimolati dalle spazzole, basso e chitarra che strutturano un’atmosfera surreale, quasi intima e qualche discreto effetto elettronico a completare il quadro, almeno fino all’arrivo del sax che agita le acque ed introduce un irrobustimento della ritmica, con un organo che sa quasi (quasi!) di Canterbury. Ci si inoltra poi nell’avvolgimento notturno di Nightstand, liquido e tranquillo. Da qui in poi inizia un certo deragliamento che potrei definire a tratti come “controllato” ed a tratti vero e proprio noise. La serie di rumorismi e dissonanze fortunatamente si risolve in un gran brano come Princess phone, preceduto da qualche secondo di sussulti d’anarchia, e poi si va dalle parti di Mike Ratledge e dei Soft Machine ultimo periodo. Il desiderio di uscire dalle righe s’impossessa pian piano dei musicisti che da questo brano in poi vanno sulla Luna. L’abbandono del pianeta Terra s’intuisce nel quasi psichedelico A place on the moon a cui fa seguito il rientro nell’atmosfera terrestre con la chiosa dell’album, l’acustico Passed Down.
L’intero lavoro, nel suo complesso, è molto interessante e stuzzica le orecchie degli ascoltatori più idonei a certe sonorità poco indirizzabili. A volte si ha l’impressione che la voglia di strafare prenda la mano ma tutto sommato farsi condurre in certi territori può costituire impresa stimolante. Però un brano come Stump the Panel avrebbero potuto lasciarlo tranquillamente a casa, senza alcun rimpianto da parte di nessuno.
Tracklist:
01 Segunda
02 Beam Spiral
03 Nightstand
04 Stunp the panel
05 Headdress
06 Princess phone
07 The pleather patrol
08 Ashcan treasure
09 A place on the moon
10 Passed down
28 febbraio 2021 at 13:37
Sono d’accordo con te su tutto, ma sopratutto sull’insensatezza del brano Stump the Panel. In sostanza se si toglievano gli episodi come quello e alcune parentesi quasi psichedeliche l’album poteva stare su un singolo LP e non su due. Un brano che, se non ho letto male, ti sei dimenticato di citare, ma merita attenzione secondo me, è Headdress, molto soft e fluido. Comunque, come hai detto tu, la qualità è molto alta ed è un album di pregio. Complimenti per la chiarezza e l’onestà di questa recensione.
5 marzo 2021 at 23:57
Ti ringrazio Emiliano per il tuo commento. Il brano che tu citi non l’avevo dimenticato ma, per pura pigrizia, l’avevo evitato nel commento…Fa piacere che qualcuno intervenga, nel bene ( come nel tuo caso) o nel male, come prima o poi capiterà..Ad ogni modo buona lettura di Offtopic!
27 ottobre 2021 at 11:10
Sono convinto che sarà uno degli album dell’anno, non perché le classifiche contino qualcosa, ma per evidenziare la bellezza che esprime e che si respira fra queste tracce.
Complimenti per il blog!