I N T E R V I S T A


Articolo di Iolanda Raffaele

Una chiacchierata di circa mezz’ora come due vecchi amici, risate, qualche domanda più poetica e davanti un grande artista, un grande Roberto, un Roberto Angelini sognatore e realista, intellettualmente sincero e con tanta voglia di futuro.

Dal 2003 con Gatto Matto e La Gioia del Risveglio come è cambiato Roberto Angelini e che direzione hai voluto dare al tuo percorso musicale?
Mah, son passati diciotto anni dal 2003 ad oggi, un ragazzo è diventato maggiorenne nel frattempo.
Quanto sono cambiato? Ho fatto di tutto in diciotto anni, quindi, è un po’ difficile sintetizzartelo in una risposta, c’è una vita in mezzo, c’è di tutto, ci sono scelte, rinunce, successi e fallimenti, c’è sicuramente il fatto che a distanza di tanti anni continuo a vivere di musica e questo per me era l’obiettivo e il sogno più grande. Lo faccio facendo il musicista a 360 gradi, quindi, non caricando un solo progetto di tutte le aspettative e tutta l’ansia che magari un tempo mettevo quando facevo un disco tutto mio vent’anni fa, ma adesso dividendomi tra musicista, collaboratore, a volte produttore, a volte autore e varie altre cose che hanno sempre a che fare con il mondo della musica. Quando dopo tanti anni riesce qualcosa a firma, una canzone mia, sono estremamente felice, emozionato, ma anche molto sereno, anzi sereno non si dice, molto tranquillo.

Il rischio di intervistare un artista come te è proprio questo, visto che sei chitarrista, produttore ed autore insieme, di fare domande banali e di confrontarsi con una persona che ha davvero investito nella musica e ne ha fatto la sua ragione di vita, ma ha dimostrato di avere talento e di fare un percorso sempre più in salita.
Ti ringrazio di tutto.
Il discorso della salita potrebbe essere approfondito nel senso che almeno in questi ultimi 18 anni non ho più considerato un concetto di strada che dovesse raggiungere una vetta, quanto invece cercare di rendere affascinante, interessante, curioso tutto il percorso per raggiungere determinate tappe. Non è detto che siano più alte o più basse di quelle precedenti, sono semplicemente diverse e la cosa bella che alla fine ti resta è il percorso che hai fatto per creare il disco di un cantautore come chitarrista o magari di sonorizzare una trasmissione, di fare un disco tuo o di scrivere, sono tutti percorsi.
Non mi sento di essere più in alto rispetto a prima, sopravvissuto sì.

E non è da tutti…
Sì lo so, ne sono consapevole e mi sento fortunato e orgoglioso di alcune scelte che alla lunga si sono dimostrate giuste, almeno giuste per quello che intendo io, come sarebbe piaciuto a me per la proiezione che avevo io anche quando ero più piccolo di come mi sarei voluto vedere da grande, come avrei voluto vivere la musica da grande.
Sono convinto che questa condizione oggi è veramente molto simile a come potevo immaginarmi una vita da musicista, una vita in cui le collaborazioni sono al centro, non ci sono io al centro, ma al centro c’è la collaborazione, l’idea di scambio perché poi la musica questo è.
La musica è un linguaggio e si parla, si impara, a volte si insegna qualcosa, molto spesso si impara e in questa maniera non si invecchia perché sono convinto che tra altri vent’anni sarò ancora curioso, ancora mi sentirò inadeguato a certe cose ma avrò imparato altre cose nuove, ecco vorrei che questa vita, ormai sono a più della metà, che fosse dedicata alla ricerca e a questo linguaggio meraviglioso che è la musica.

Sicuramente delle bellissime parole.
Grazie

Tante collaborazioni di successo come coproduttore nel caso dell’album Tradizione e tradimento di Niccolò Fabi, ma anche produttore per il primo disco di Margherita Vicario e ancora carriera televisiva prima con Gazebo su Rai3, poi con Propaganda Live su La7 in compagnia di Diego Bianchi. Come hai vissuto e vivi questo modo diverso di fare musica o meglio in un contesto differente e cosa significa portare la musica in televisione ancora di più in questo momento in cui siamo orfani di concerti, di esibizioni dal vivo e in cui davvero l’unico posto in cui possiamo fruire della musica, al di là di altri mezzi, è la tv?
Guarda, questa è una domanda che prevede diversi gradi di risposta perché chiaramente io sono strafelice dell’esperienza televisiva, ma devo dire che è nata per gioco sette anni fa e mai nessuno di noi si sarebbe immaginato di ritrovarsi sette anni dopo ancora con entusiasmo, con questo affetto, con il calore da parte delle persone, con questa voglia di giocare, divertirsi, raccontare.
Sette anni sono tanti e sicuramente la cosa assurda è che anche quando ho scritto le prime canzoni, anni ed anni fa, di base mi è sempre piaciuto suonare la chitarra e nel suonare la chitarra mi è sempre piaciuto il mondo dell’improvvisazione, quindi, l’idea di sonorizzare le cose avveniva anche a casa tranquillamente quando magari ti guardi un film o qualcos’altro, hai la chitarra in mano e mentre sei distratto a seguire una cosa sonorizzi sotto, suoni e altro.
Questo è più o meno quello che accade a Propaganda Live perché per quattro ore di trasmissione, tutti noi che abbiamo un feeling particolare perché ci conosciamo da tanti anni, non abbiamo quasi bisogno di guardarci quando suoniamo, di base suoniamo, ma seguendo la trasmissione e questo è il vero esercizio particolare, non siamo mai concentrati solo a suonare, ma è un suonare cercando di seguire tutte le dinamiche che accadono attorno a noi, questo quando sonorizziamo.
In questo anno assurdo la musica non si è potuta fare dal vivo ed è successo che c’è stata un’attenzione catalizzata sulla musica che c’era in televisione, la musica che c’era a Propaganda.
Noi in realtà siamo stati dei fortunati con una grossa responsabilità sulle spalle perché siamo stati tra i pochi a poter suonare ed è stata anche un’occasione perché ad esempio per me l’idea che non ci fossero più ospiti a venire da fuori, né italiani né stranieri, ha creato comunque il terreno per dire forse dobbiamo prendere noi questo spazio che adesso non c’è, per cui inventiamo qualcosa che possiamo fare noi che magari prima non facevamo. Allora abbiamo cominciato a prendere dello spazio per dire omaggiamo questa persona, facciamo questa sigla di una serie di netflix, facciamo questo o quest’altro e anche io, pur facendo il cantautore da tanti anni, pur avendo cantato, io non sono stato mai a Propaganda in questi sette anni per cantare perché stavo lì per suonare la chitarra e per gestire insieme la band.
È stata un’occasione in cui mi ci sono trovato dentro e oggi do il mio contributo e mi diverto tantissimo anche a giocare, a cantare più o meno bene perché a volte va meglio, a volte va peggio, ma a giocare con la trasmissione, a volte con i tweet, con le sigle, con gli artisti, con tutto, perché poi alla fine fondamentalmente giochiamo, a volte c’è qualcosa di più serio e cerchiamo di essere tutti più seri, ma di base cerchiamo sempre di giocare.

Un 2020 difficile e un 2021 che per tutti è in costruzione, però per te sono due anni abbastanza ricchi di progetti e di creazioni, infatti, arriviamo al 15 dicembre 2020 che è la data di uscita di Incognita, una canzone che ad un primo ascolto appare proprio una carezza musicale. Come nasce questa canzone “che gira nella testa e di sicuro si ferma”, parafrasando il suo testo?
La canzone nasce da un giro di chitarra in un dopo concerto di diversi anni fa, era più o meno il 2013, stavamo in tournée con Niccolò Fabi e c’era anche Alberto Bianco, cantautore torinese, ci siamo messi come ogni tanto accade con le chitarre dopo il concerto in camerino, in albergo ed è uscito fuori questo giro che mi sono portato dietro per un sacco di tempo, forse un paio di anni dopo sono nate le parole.
È una canzone che è rimasta nel cassetto perché ha rischiato di essere cantata da un’altra persona, poteva essere un brano dato ad un altro artista, poi la cosa non andò in porto e la canzone è rimasta ancora nel cassetto.
In questi dieci anni ho fatto tante altre cose, sono uscite fuori delle canzoni e quando ho aperto il cassetto e ho visto che ce n’erano nove – dieci, che erano belle per me e che avevano senso di rappresentarmi in un disco, allora ho deciso che era arrivato il momento di fare uscire questo disco.
Incognita è come prima uscita perché ci tenevo che la prima cosa dopo tanti anni a mio nome, con la mia voce, fosse una carezza, non volevo che fosse qualcosa che potesse sembrare altro, volevo che fosse molto coerente anche con questi ultimi anni che ho passato spesso con Rodrigo D’Erasmo ad omaggiare Nick Drake, a suonare spesso una musica super acustica, e mi piaceva l’idea che il primo pezzo che usciva mio fosse quasi veramente chitarra e voce e non ci fosse una definizione di sound dietro vera e propria, ma ci fosse un qualcosa di molto intimo, di molto sincero, non ci fosse una sovrastruttura di arrangiamento e quindi quella è stata una sorta di antipasto prima di fare uscire altre cose.

Un brano dolce, istintivo, racchiuso in video ben illustrato ed animato abbastanza significativo. Che biglietto vuole lasciare a chi lo ascolta e quali o quante incognite racchiude questo brano?
Il biglietto che lascerei agli altri sarebbe sempre un invito a cercare profondamente di essere se stessi, di non minare le proprie intuizioni, le proprie idee, i propri talenti con altre cose, ma provare ad andare dritti sulla propria strada perché se poi deve succedere qualcosa è meglio che accada con te che sei veramente te stesso, perché se accade quando non sei veramente te stesso è un problema, è una controindicazione, è come prendere qualche farmaco e poi, invece di guarire dall’influenza, arriva un altro male.
Lascerei questo messaggio, provare ad essere molto sinceri anche con la musica e non solo, anche nella vita provarci.
Le incognite sono infinite perché questo è il tema un po’ di tutto il disco. È un disco che indaga, indaga dentro di me, ma probabilmente sono dei pensieri che ci facciamo in molti, non volevo fare un disco che fosse pieno di canzoni d’amore.

Approvo!
Approvi? Non è un disco che racconta una mia storia d’amore, non si troverà in nessuna canzone, mentre in maniere diverse, completamente diverse c’è sempre una sorta di indagine all’interno della nostra coscienza, del nostro modo di essere e, quindi, Incognita è un insieme di frasi che dovrebbero generare questo tipo di pensiero, questo non sapere bene dove siamo, questo ritrovarsi ogni tanto; quando ti ritrovi stai bene, poi ti riperdi, sei convinto che un’uscita quella serata ti cambi la vita e invece non succede mai niente, esci invece una sera che non volevi uscire e magari hai l’incontro della vita.
È spesso così ecco e questa è un po’ una delle tante incognite, ma questo tema si ripeterà spesso perché anche nell’altra canzone c’è fondamentalmente questo tema.

Parlando invece dell’ultimo brano Condor, uscito il 12 febbraio, che è il tuo primo regalo del 2021 al pubblico, a questo si potrebbe abbinare la parola “liberazione”, ma tu puoi dirci sicuramente di più su un singolo che è diverso come registro musicale e anche come contenuto rispetto al precedente.
Certo, qui entriamo nel centro dell’album che è fatto di brani scritti e prodotti insieme a Gigi Canu e Marco Baroni dei Planet Funk in questi anni e, quindi, qui c’è, come detto all’inizio della chiacchierata, la base per me della musica oggi ossia l’incontro, lo scambio.
Mi piace scrivere nel momento in cui ci sono altre persone che hanno altre idee e allora si genera ancora quell’entusiasmo, quella scintilla che magari avevo quando ero più piccolo anche da solo alla chitarra o al pianoforte e che faccio più fatica a trovarla in quella maniera, mentre insieme agli altri succedono cose.
Condor, perciò, è figlia di questa collaborazione e ha un sound che comincia ad aprire le porte verso quello che poi è il sound reale dell’album perché all’interno dello stesso ci sarà Incognita che sarà il brano acustico del disco, mentre gli altri sono comunque più strutturati.
Mi piaceva che la prima canzone del nuovo anno fosse quasi questa preghiera laica, questo mantra fatto su un blues, su un pezzo funk molto semplice, ma anche qui si indaga.
Io provo a vivere intensamente perché penso che sia fondamentale vivere questa vita in maniera intensa e per farlo dico a me stesso che, va bene tutta l’esperienza, va bene aver imparato delle cose, ma se io applico quest’esperienza comincio a non fare più niente perché ad ogni cosa penso “questa cosa mi porta di qua, quest’altra di là”. Penso quindi che alla fine l’equilibrio per continuare a vivere intensamente la vita sia continuare anche a sbagliare, continuare a lasciarsi andare, continuare ad essere curiosi, a seguire dei segnali, continuare anche a stare male, perché stare male vuol dire che dopo si starà da dio, altrimenti uno sta sempre uguale, una linea piatta ed è una cosa che io vorrei assolutamente fuggire.
Questa è una canzone che appunto gioca con il condor che è un grande predatore, ma che fondamentalmente mangia i resti delle prede altrui, quindi, è un animale che si adagia sulle scelte degli altri ed è quindi la mia parte più debole, quella per cui però continuo a caderci, a trasformarmi in un condor, quando poi cerco di essere una persona sempre attenta, curiosa, intenta a seguire una strada, in fondo è un casino ed è bello per questo.

Per la serie complichiamoci la vita…
Ecco, complichiamoci la vita soprattutto noi che abbiamo bisogno di stimoli per scrivere, per fare qualcosa, nel momento in cui la vita si appiattisce non c’è più niente.
Che fai scrivi le canzoni sul telegiornale! Finché si può io cercherei di fare così.

Vivere intensamente è quindi un consiglio per vivere o la chiave della felicità?
Secondo me è la chiave per un equilibrio, perché è chiaro che una persona solo felice quasi mi darebbe fastidio, solo triste mi darebbe fastidio, credo che tutti noi siamo fatti di una materia nera e di una materia bianca, insieme queste materie si mischiano e siamo tutti un po’ tutto, l’importante è avere un proprio equilibrio. Ad esempio ognuno segue delle diete, ma la volta buona è che ogni tanto si sgrava, quel giorno della settimana in cui ti spacchi e allora quello è un buon equilibrio, se si diventa integralista di una cosa secondo me poi non si è neanche più troppo felici.
Questa è la mia opinione non credo che sia la verità neanche questa. Seguo tutto, ma una volta ogni tanto si sgrava (si esagera, ci si lascia andare).

Altrimenti diventa tutto prevedibile…
Tutto questo in una canzone è anche presuntuoso, a volte noi parliamo, ci facciamo delle chiacchiere e cerchiamo di dare un valore ad una canzone, poi la canzone è una canzone non è un diktat, è una canzone in cui ti deve arrivare un’emozione, quell’emozione è data da un insieme di cose perché è vero che ci sono le parole, ma quelle parole sono dette anche con una melodia che sta all’interno di un sound e, quindi, tutta quella cosa deve provocare un’emozione, che poi è il desiderio di ogni cantante o cantautore provocare un’emozione e queste emozioni le puoi provocare solo con le parole o con le parole e la musica, a volte sono reazioni anche inaspettate rispetto a quello che hai scritto.
Nella vita mi è successo tante volte che alcune canzoni siano state lette in maniera diversa da come me le immaginavo io, a volte anche meglio.

Ognuno vede quello che vuole, ognuno dà la sua valutazione…Anche la stessa analisi del testo ti può arrivare in maniera diversa, puoi vedere un senso.
Io lo ricordo con una canzone semplice che poi era una filastrocca come Gatto Matto. All’epoca la gente mi scriveva le più assurde interpretazioni. Erano tutti convinti che Gatto Matto fosse la metafora di qualcos’altro, quando fondamentalmente era una filastrocca per me, eppure dietro ci vedevano robe incredibili, a me faceva divertire questa cosa, ma mi ha insegnato che la musica arriva in maniera diversa alle persone ed è bella anche per questo.
Ad esempio vedendo Propaganda hai visto cosa è successo con Shock Because?
Ma tu pensi che quando è nato Shock Because, a casa prima di fare la trasmissione pensi che io avessi solo potuto immaginare che la gente sarebbe andata fuori di testa per quaranta secondi di una sciocchezza, mai, eppure è successo così.
Se avessimo il manuale di come si fa, delle istruzioni, probabilmente sarebbe tutto diverso ma non ce l’abbiamo, nessuno di noi sa come funzionano queste cose.
Ricordo anche quando all’epoca mi accade che Emma Marrone volle cantare la canzone che avevo scritto che si chiamava Calore, con cui vinse Amici e io per un anno fui vessato di richieste dei miei editori di scrivere una canzone come quella, che poi che significa scrivi una canzone tipo Calore? Non sappiamo mai cosa succederà, quindi, il bello è anche questo.

Ti sei già espresso parlando degli altri brani, ma puoi dire qualcosa in più sul nuovo album? È prevista a breve l’uscita o comunque entro questo anno?
L’uscita è prevista, se tutto va bene a settembre, perché magari si può suonare dal vivo discretamente e vorrei far uscire il disco nel momento in cui posso andare a suonare un po’ dal vivo, altrimenti l’idea che oggi esce un disco e poi lo vado a suonare tra otto mesi mi dà la sensazione di suonare qualcosa di vecchio e allora preferisco fare come già stanno facendo tanti. Non è una cosa speciale ciò che sto facendo, semplicemente far uscire un brano alla volta per un tot di tempo e poi ad un certo punto mettere tutto all’interno di un disco e andare a suonare dal vivo quando speriamo che questa situazione ce la porteremo alle spalle e ricominceremo a stare un po’ insieme nei locali.

Così scopriremo anche il titolo e qualcosa in più …
Questo lo devo scoprire anche io, non ti preoccupare.

Mi e ci consola allora… Tornando ad una domanda un po’ più banale, ci sono altri progetti che stai seguendo, oltre alla parte televisiva e all’album?
Due cose che accadranno nei prossimi mesi sono: faremo uscire un altro disco insieme a Rodrigo D’Erasmo sempre dedicato a Nick Drake prendendo spunto dal documentario che abbiamo fatto che si chiama “Songs in a conversation” con alcune collaborazioni con Manuel Agnelli, Niccolò Fabi, Piers Faccini ed altri, comporremo un disco che faremo uscire ad aprile o maggio.
Questa è l’unica cosa sicura, per il resto ci sono altri progettino vari.

Dal 2 al 6 marzo ci sarà la settantunesima edizione del Festival di Sanremo, il cui palco hai già visto in passato e che ti ha tributato un premio importante come il Premio alla critica Mia Martini. È un’edizione abbastanza particolare, qual è il tuo giudizio sulla rassegna e pensi ogni tanto che sarebbe bello tornarci, magari in una particolare veste, in un particolare modo?
Non mi dispiacerebbe tornarci dopo vent’anni, perché lo farei con uno spirito diverso da quello di vent’anni fa, mi divertirebbe perché l’esperienza passata fu divertente.
È chiaro che sei mai mi fossi immaginato un’edizione, certo questa sarebbe stata la peggiore in assoluto.

Quindi questa meglio di no…
E no, perché non mi sarei per nulla divertito, anche perché la cosa bella del Festival di Sanremo è tutto il contorno, la città in festa, le follie, le serate, quella è la cosa che mi piacerebbe rivivere una volta.
Quest’anno sicuramente sarà un’edizione molto abbottonata giustamente, ci sono tanti artisti che conosco e seguirò con entusiasmo, mi auguro che sia un bel segnale per la musica per tutto in un momento così difficile e che non ci siano querelle o robe strane sul pubblico e quant’altro perché il periodo è quello che è e si può fare anche una grande edizione del Festival di Sanremo in pandemia, inventandosi qualcosa di diverso.
Il Festival di Sanremo è una cosa particolare, è una cosa che fa parte del costume del nostro paese, è il festival della canzone italiana, ma è il festival del costume italiano, dove succedono tante cose a volte anche più importanti delle canzoni stesse.
Sono stati bravi negli ultimi anni a ridare la giusta importanza alle canzoni, all’attualità, alla contemporaneità, anche la scelta degli artisti di quest’anno che magari può essere criticata da una parte dell’opinione pubblica, ma io ritengo che appartenga alla contemporaneità della musica, a quello che fondamentalmente vedo in giro, che andavo a sentire quando ancora si potevano seguire i concerti ed è bello che questo festival rappresenti la contemporaneità della musica, quindi, me la godrò, sul divano, comodo.

Grazie di cuore per la chiacchierata
È stato un piacere