R E C E N S I O N E
Recensione di Simone Catena
Dopo quattro anni di assenza il trio inglese London Grammar torna sulle scene con il terzo album in studio California Soil, confermando di essere una delle realtà più interessanti sul panorama indie, a tinte dream pop. Dopo l’ultimo anno molto difficile da affrontare, questo disco è una boccata di aria nuova e originale, per un salto nelle sonorità calde e intense. L’album – prodotto per l’etichetta made in UK Ministry of Sound Recordings (per l’Italia Virgin Records) – nel suo insieme accarezza paesaggi oscuri ma estivi, con una passione ricercata, avvolti dalla voce incantevole della cantante Hannah Reid. Nelle sue canzoni la cantautrice illustra uno spaccato della società e dei giorni che si abbandonano in maniera lenta e delicata, per poi riprendere la propria vita e tutto quello che abbiamo perso in questo silenzio infinito. La band nell’arco delle dodici tracce che compongono quest’opera impreziosisce il proprio stile, con atmosfere uniche e l’aggiunta di elettronica sensibile che non guasta il suo ascolto; un risultato sicuro e compatto, che prende la giusta direzione personale.

L’intro di campane grottesche stile cattedrale ottocentesca, vibrano sulle corde vocali dolci e sognanti per collegare i violini da brividi sulla schiena. Sul sospiro d’incanto si collega il primo singolo California Soil che da il titolo al disco. La base synth pop si culla a dovere sulla linea vocale inconfondibile di livello superiore, per una composizione godibile che scorre alla perfezione. Segue Missing su uno stile tecnico e ritmato, come un classico di Florence and The Machine. Non a caso l’artista Hannah è stata accostata varie volte ad essere la nuova e moderna Florence Welch. Anche in questo brano il tempo dream pop, si lascia andare sul bridge meticoloso per passaggi più commerciali e particolari. Lose Your Head si presenta come una hit deliziosa, seguendo il cambio caldo e ipnotico, nel finale la struttura prende il ritmo danzante per lasciare indietro i pensieri negativi.
Il carillon surreale nella parte iniziale di Lord It’s a Feeling, apre il suo mondo a una preghiera silenziosa che sul ritornello colora parabole immense di luce. Una take stupenda che ti entra nel cuore alla ricerca di un posto sicuro dove nascondersi. How Does It Feel invece è il secondo singolo di grande interesse sonoro, qui si segue il percorso elettronico dell’album precedente con i suoni profondi e gonfi di effettistica vintage.
Le sonorità deliranti di Baby It’s You si lanciano subito nel vortice drammatico della voce che si incastra con la drum machine notevole. Una traccia dal tiro dance e spensierato. Il limbo corposo di Call your Friends, porta lo studio tecnico del trio che nel susseguirsi dei vari cambi stravolgono la struttura in qualcosa di diverso e maturo. Su All my Love invece si inserisce il tocco classico del pianoforte come un risveglio improvviso e nella parte finale la chitarra ruvida è un tocco di classe. Lo stesso tema viene affrontato su Talking per una breve suite che arriva dal profondo dell’anima.
Verso la chiusura si accende una piccola luce quasi new wave sulle note di I Need the Night, che come una cantilena apre gli occhi su una nuova speranza. Il resto del lavoro viene fatto dalla ritmica enorme di basso e batteria. Chiudiamo con un brano interessante America e il suo grido d’orgoglio, nel testo ascoltiamo tutta la vita che ci passa davanti, per un inno alla purezza senza mai arrendersi.
I London Grammar sono tornati alla grande, con un disco importante che si apre ai diversi stati d’animo. C’è bisogno di questa leggerezza per tornare alla normalità e la band riesce a colpire in modo eccellente su ogni passaggio.
Tracklist:
01. Intro
02. Californian Soil
03. Missing
04. Lose Your Head
05. Lord It’s A Feeling
06. How Does It Feel
07. Baby It’s You
08. Call Your Friends
09. All My Love
10. Talking
11. I Need The Night
12. America
18 aprile 2021 at 09:10
Mi è piaciuto tanto!