R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
Che disco meraviglioso è questo!!. Da quanto tempo non si ascoltava un lavoro da cinque stelle ”secche” come No solo di Andy Emler? Una musica fatta per pensare, scendendo uno a uno i gradini della coscienza fino ad arrivare al confine del Grande Mare. Una musica fuggevole come la traccia luminosa lasciata dai fari di un auto. Andy Emler è un pianista e organista parigino che nella sua vita ha scritto molta musica, oltre una cinquantina di partiture per vari strumenti con indirizzi musicali diversi. Ha inciso inoltre più di una trentina di dischi, in parte da titolare, in parte con varie combinazioni tra cui la sua creatura più cara, il MegaOctet, una band composta da vari musicisti che amano improvvisare all’insegna di un affascinante eclettismo sonoro. In questo No Solo Emler è al piano, spesso in solitaria – tanto per smentire parzialmente il titolo dell’opera – accompagnato altre volte da una serie di ospiti che citeremo mano a mano nell’ascolto dei singoli brani dell’album. L’impostazione pianistica, almeno in questo disco, risente moltissimo della impronta classica, con numerosi richiami in filigrana del musicista da Emler preferito, cioè Maurice Ravel a cui dedicò nel 2013 un uscita discografica intitolata My Own Ravel. Aggiungerei un bagaglio di suggestioni ”ambient” che fungono però solo da fondale. Il proscenio è animato, infatti, da una continua invenzione melodica, una raffinata sintassi di periodi assolutamente tonali, quasi senza dissonanze. Insomma non si sconfina mai in acque limacciose, mostrando invece parecchi salti di registro dinamico alternati ad eteree rarefazioni sonore. Teniamo presente che non si tratta di un lavoro onirico né di un viaggio nella pura fantasia ma di una salutare meditazione su sé stessi, un colloquio a tu per tu con il nostro daimon, un open focus che tutti dovremmo organizzare, ogni tanto, riguardo alla nostra essenza più interiore.

Il percorso sonoro inizia con Jingle tail. Qui una sequenza di accordi isolati e circospetti lascia tracce di colore con intenzioni impressionistiche in un andamento che scorre con grande, meditata lentezza. Warm up annuncia il riscaldarsi del cuore, i pensieri si affollano vorticosamente, le tonalità si susseguono a mulinello. Il pianoforte è al centro delle cose e a metà percorso parte una gioiosa scala discendente che fluisce in una cascata torrenziale di note, come se la concitatezza dell’affollarsi dei ricordi avesse preso il sopravvento. Ma la ragione torna con gli ultimi, rallentati accordi, testimoni del distacco dal passato che torna così a sfocarsi. Cambiano un po’ le cose con For Nobody dove intervengono il flauto e la voce di Naissam Jalal, una musicista e compositrice franco-siriana. Il suo apporto conferisce un’impressione vagamente orientaleggiante, quasi sognante ed il modo d’intervenire col canto tra le pause delle note mi ha ricordato alcuni interventi analoghi del chitarrista franco-algerino Pierre Bensusan. Il brano mantiene tra le sue corde una dolcezza intrinseca, con il flauto che sembra intraprendere una rotta in mare aperto tra il vento e un’estasi di luce. Con Gold Timer compare una voce femminile inizialmente in lontananza, quella di Aida Nosrat, violinista e cantante iraniana, ad acquisire via via più peso fino ad avvicinarsi ad un intervento parlato – “…we have to live together..” – che stimola le persone alla reciproca comprensione e al vicendevole rispetto. Uno strano brano, a metà tra levantinismo tradizionalista ed improvvisazione contemporanea. Light please si presenta con un effetto elettronico (cosa unica in questo album) e qualche vocalizzo iniziale che rimanda alle intenzioni di Robert Wyatt. Un arpeggio sul fondo accompagna l’incrocio delle voci, fino ad un fischiettare che pare smarrisi nella notte. 12 oysters in the lake vive di una simbiosi tra piano e kora, con l’intervento vocale e strumentale di Ballaké Sissoko. Il piano costruisce un arpeggio di base che mi rammenta gli accompagnamenti di Einaudi ma che Emler spesso arricchisce di serti floreali con l’improvviso (e inaspettato) intervento vocale di Sissoko a ricordarci che siamo in territori diversi dal New Age. Gli spazi sono sentimentali, appunti meditativi trapassati da subitanei scartamenti di lato favoriti dagli inserimenti della kora e della voce. Pres de son nome si rafforza dell’apporto del contrabbasso di Claude Tchamitchian suonato con l’archetto. È tra i brani d’impronta più classica con una progressione di accordi ascendenti che viene a ripetersi per tutta la durata della traccia anche se questa evoluzione passa alternativamente dal piano al contrabbasso lasciando allo strumento libero la responsabilità di crearsi una propria linea melodica. Mi sembra che questo sia un brano totalmente scritto dove niente o quasi venga lasciato all’improvvisazione. Ed è la brava Geraldine Laurent al sax tenore che s’annuncia con un soffio a vuoto all’interno dello strumento giusto quando è la volta di The rise of the sad groove, se vogliamo la traccia più incline al jazz di tutto il disco. Emler non rinuncia ai suoi arpeggi ostinati creando un’orizzontalità costante su cui il sax e qualche nota di contrabbasso quasi inudibile verticalizzano con discrezione le loro note in una fluttuante coloritura di cornice. Si passa con continuità in You’re so special dove abbiamo la sorpresa di ascoltare Nguyên Lê sotto benzodiazepine – si fa per dire – in un insolito assolo delicatissimo ben attento a contornare i grappoli di note di Emler e a costruire attorno ad essi un distillato di pura alchimia sonora. Era tempo che non approcciavo un’opera di questa caratura, uno spleen di grande spessore musicale pieno di suggestioni seduttive. Il tutto destinato ad approdare verso un’isola non facilmente raggiungibile i cui meridiani paiono lontani ma che in realtà ci sono vicinissimi, seppur ben nascosti dentro di noi. Del resto, la tranquillità e il distacco che accompagnano i brani dell’album hanno la serenità silenziosa di una nevicata notturna, un’assenza di peso che rende l’ascolto così piacevole che non vorremmo s’interrompesse mai.
Tracklist:
01. Jingle Tails
02. The Warm Up
03. For Nobody
04. Gold Timer
05. Ligth Please
06. 12 Oysters In The Lake
07. Près De Son Nom
08. The Rise Of The Sad Groove
09. You’re So Special
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