R E C E N S I O N E
Articolo di Sabrina Tolve
I Liars si formano ormai più di 20 anni fa come una band di quattro elementi.
Nel 2002, il bassista Pat Noecker e il batterista Ron Albertson lasciano il gruppo.
Li segue, nel 2014, Julian Gross che aveva sostituito Albertson ed era rimasto con la band per ben 12 anni.
In seguito è il momento del polistrumentista Aaron Hemphill, nel 2017.
TFCF e Titles With the Word Fountain, rispettivamente del 2017 e del 2018, sono stati portati avanti principalmente da Angus Andrew, unico membro della band ancora resistente.
Questa volta, lo vediamo collaborare con un batterista jazz d’avanguardia, Laurence Pike, il polistrumentista Cameron Deyell e la compositrice di testi, Mary Pearson.
Da quanto rilasciato da Angus, l’obbiettivo questa volta, era farsi influenzare dal lavoro altrui fin da principio, per permettere un lavoro più complesso e ricco da tutti i punti di vista.
«Nel corso della storia dei Liars ho costantemente cercato di sviluppare nuovi metodi per creare musica. In ogni progetto ho sostanzialmente abbandonato i metodi precedenti e ho cercato invece di imparare modi diversi di scrivere e produrre canzoni. Se una volta percepivo questo viaggio come una linea retta, mi rendo sempre più conto che la mia traiettoria è più simile a una spirale. Vengono generate nuove idee, quelle più vecchie assumono un nuovo significato e si evolvono ulteriormente».

Con il singolo Sekwar, Angus ci aveva dato già qualche indizio: l’esplorazione delle grotte diventa l’esplorazione del sé. Scendendo nel profondo, la realtà sembra corrompersi e farsi astratta fino ad una distorsione completa – mentre il brano urla «we’ll fight first» come un mantra.
Ebbene, i brani precedenti – The start e Slow and Turn Inward danno già dalle prime note delle pennellate introspettive all’album, facendosi buie e grevi, e proponendo lo stile ossessivo proprio dei Liars.
L’inquietudine di Sekward si riaggancia a quella di Big Appetite che però ha un tono completamente diverso dai brani che la precedono; il pezzo sembra infatti sganciarsi da quel prologo e fare da incipit a From what the never was che va nuovamente in profondità, ma toccando note più malinconiche.
Star Search invece è di un tessuto paranoide ed alienato, fatto di atmosfere tese e maniacali.
Seguono My pulse to ponder e Leisure war: in questi due brani la distorsione della realtà – la stessa creata alla fine del video di Sekward, appunto – si fa più palpabile, sebbene la cupezza dei brani precedenti lasci il passo a visioni certamente più luminose, sebbene, forse, più disturbanti.
È soprattutto questa immagine a venir fuori da King of Crooks mentre Acid crop richiama una sorta di psidechelia insita che pare farsi insinuante e pervasiva.
Chiude l’album New Planets New Undoings dal tono tanto familiare quanto dissociato, arduo e difficoltoso.
Ne rimane un senso di dubbiosa afflizione e turbamento, che non permette a The apple drop di raggiungere i livelli di They Were Wrong, So We Drowned ma che certamente lo porta ad essere l’album più interessante dopo Mess.
Tracklist
01. Hiver
02. The Start
03. Slow and Turn Inward
04. Sekwar
05. Big Appetite
06. From What the Never Was
07. Star Search
08. My Pulse to Ponder
09. Leisure War
10. King of the Crooks
11. Acid Crop
12. New Planets New Undoings
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