L I V E – R E P O R T
Articolo di Luca Franceschini
Mentre il tour estivo di Venerus sta per giungere al termine (a memoria, credo che rimangano ancora tre date) possiamo dirlo con una certa sicurezza: in Italia, in questo preciso momento, non ci sono spettacoli live che possano eguagliare quello che l’artista milanese sta portando in giro dai primi di luglio. C’è una ragione primaria, che consiste nel fatto che, in un proliferare di basi e sequenze, lui abbia scelto di giocare con le regole della vecchia scuola: band allargata e tanti strumenti sul palco che interagiscono tra loro. Ma soprattutto, i nostri suonano benissimo, tant’è che anche alla voce “spettacoli dal vivo” siamo comunque su un livello decisamente alto. Del resto non è un caso se “Magica musica”, nonostante la produzione di un nome come Mace, saldamente legato all’Urban contemporaneo, e la partecipazione di artisti come Gemitaiz, Frah Quintale e Rkomi, abbia smarcato più o meno definitivamente Venerus dal calderone dell’It Pop, per farlo assurgere ad una dimensione più “globale”, di cui le lodi che anche il pubblico Over 30 gli ha tributato, costituiscono senza dubbio il segno più visibile di questo fenomeno.
Dopo aver trascorso il mese di agosto girando il Sud Italia, la carovana di “Magica Musica” ha fatto ritorno al Nord per le ultime date: il 1 settembre c’è stata nuovamente Milano (questa volta al Magnolia), due giorni dopo è la volta di Bergamo, che è la data che scelgo di vedere, dopo essermelo già goduto due mesi prima a Sarzana.

Il Piazzale degli Alpini, uno dei luoghi centrali della Città Bassa, è stato il fulcro attorno a cui si è svolta l’estate musicale bergamasca, luogo che, come molti altri nella penisola, ha visto una consistente ripresa dell’attività live, dopo la penuria della scorsa estate. Siamo ancora seduti, c’è ancora la capienza limitata ma la sensazione, ricavata soprattutto dai miei quattro giorni al TOdays Festival di Torino, è che certe rigidità mentali stiano piano piano venendo meno, per lasciare posto alla comprensibile voglia di tornare a gustarsi la musica dal vivo senza patemi.
Questa sera si inizia prestissimo, qualche minuto prima delle 21, tanto è vero che vengo sorpreso dal volume della musica quando sono ancora in un pub lì vicino a finire la cena, e devo precipitarmi all’ingresso per prendere posto.
Il colpo d’occhio sul palco è il solito colorato affollamento di musicisti e strumenti, a questo giro un po’ più stretti del solito date le dimensioni ridotte dello stage. C’è una new entry: Danilo Mazzone all’organo, che è al suo secondo concerto con la band e che contribuisce a rendere il suono ancora più caldo e ricco di sfumature.
La formazione per il resto è la solita: oltre a Venerus, che si divide tra chitarra, piano e tastiera, ci sono i fidi collaboratori Danny Bronzini (chitarra), Andrea Colicchia (basso), Danilo Menna (batteria) e Filippo Cimatti (dub station), poi il sax di Filippo Gervasi e Arya alle seconde voci. E sono proprio gli ultimi due a costituire il valore aggiunto: senza nulla togliere agli altri (perché questo è un gruppo che suona da paura e lo si capisce sin dalle primissime battute), il sax è spesso protagonista sia negli interventi solisti sia nel rinforzare le ritmiche, mentre Arya sembra aver preso molta più sicurezza e acquisito una maggiore coscienza del proprio ruolo; il suo intervento è prezioso, non solo nel dare una maggiore coloritura Soul ai brani ma anche nel rafforzare di volta in volta le armonie.
Rispetto alle prime date ci sono un po’ di variazioni: meno spazio agli interludi d’atmosfera in stile pinkfloydiano, via libera alle pulsazioni Black e al groove sprigionato da tutta la band lanciata a briglie sciolte. C’è sempre tanta improvvisazione, coi finali che vengono dilatati per diversi minuti ma questa volta l’impressione è che si sia scelto di focalizzarsi più sul lato Rnb del repertorio, lasciando indietro alcune cose più contemplative (manca ad esempio il brano inedito che avevo sentito a Sarzana ed anche “Eden”, se la memoria non mi inganna, non è stata eseguita).

La prima parte vive dunque delle energiche vibrazioni di “Appartamento”, “Lucy”, “Una certa solitudine” (quest’ultima una delle più belle della serata, con Vittorio Gervasi gran protagonista) e la dolcezza intensa di “Sei acqua ”; in mezzo, giusto un break per far rifiatare il gruppo, con una “Forse ancora dorme” suonata in una scarna versione piano e voce. Il momento più alto è senza dubbio l’esecuzione di “Dreamliner”, che si trasforma immediatamente in una vorticosa Jam dove ad un certo punto prende il sopravvento Filippo Cimatti e la piazza diventa per qualche istante un Dance Floor. Senza dubbio uno dei migliori esempi per capire l’eclettismo e l’abilità di questo collettivo nel muoversi da un territorio sonoro all’altro.
Il finale è un unico crescendo di intensità, dapprima con una lunga intro di sax e chitarra che sfocia in “Altrove”, subito seguita da “Il fu Venerus” (questa volta senza la sezione di “Fulmini”), con la presentazione dei musicisti che si prende il suo tempo diventando il pretesto per una piccola sezione strumentale in cui ciascun componente si ritaglia il suo spazio. Bellissima “Io x te”, una delle sue prime composizioni e una di quelle che funziona meglio accanto al materiale nuovo.
Si chiude così ma il bis è obbligato, inutile dire che c’è un boato quando i nostri ritornano sul palco. C’è tempo ancora per “Luci”, ironicamente suonata con lo stage al buio, una versione morbida che è quasi una carezza, un solo di chitarra semplice quanto emozionante nel mezzo, il pubblico in piedi che ondeggia, il palco che si illumina di nuovo per il gran finale, un rumoroso crescendo che avvolge tutto fino alla naturale conclusione.
Prima di andarsene definitivamente e prima dell’inchino di rito, gli otto musicisti si scambiano sorrisi e lunghi abbracci: gesti semplici, che mostrano più di qualsiasi discorso quanto sia speciale ciò che è nato in questi mesi e quanto valga la pena vedere che cosa sia davvero “Magica musica” dal vivo.
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