L I V E – R E P O R T


Articolo di Arianna Mancini

Some Warmth into this Chill, un po’ di calore in questo freddo, per dirla con le parole dell’omonimo brano dei Nosound. Il freddo che ha bloccato un po’ tutti negli ultimi due anni, in maniera particolare gli artisti, i musicisti e tutto ciò che gravita intorno a questo fatato e taumaturgico mondo. Assenza di eventi live è assenza di vita, di energia e di vibrazioni che smuovono l’anima. Il calore è finalmente tornato a sciogliere il gelo con gli eventi live e con i festival, così le “mancanze” degli appassionati sono state prontamente colmate, come nel caso del 2Days Prog+1 Festival giunto alla sua tredicesima edizione. L’evento, considerato il festival italiano più importante a livello internazionale, che usualmente si tiene nella Piazzetta della Musica di Veruno, in provincia di Novara, quest’anno ha avuto un cambio di location ed è stato ospitato nel campo sportivo della vicina Revislate. Tre giorni, ricchi di contaminazioni fra passato e presente, in cui si sono alternate sul palco dodici band, sia gruppi che hanno scritto la storia del progressive rock italiano che progetti considerati di nicchia in Italia, anche se più noti all’estero come nel caso dei Nosound.

Felice di poterli risentire dal vivo, con il mio consueto entusiasmo fanciullesco ho deciso di partecipare al festival e farmi 1000 chilometri, come se fossero 10. Sin dall’arrivo l’euforia si è unita allo stupore per l’encomiabile organizzazione, dall’area parcheggi, controllo green pass e prenotazione, perché sì…altra meraviglia il festival è gratuito. Accedo all’area concerto e mi si infiamma il cuore con un brivido…quanto tempo senza un festival…ma sono di nuovo qua! Osservo le persone, le percepisco familiari anche se sconosciute, perché tutti abbiamo un sentire ed una passione comune, siamo tutti lì per lo stesso motivo, la musica; questo è sufficiente per renderci in qualche modo spiriti affini. Getto un’occhiata alla zona ristoro e alle bancarelle con i vari merchandising ed i “supportoni”, vinili e compact disc a cui dedicherò l’immancabile shopping feticista dopo l’evento. Mi accingo così a prendere il mio posto, una buona seconda fila, perché ancora la sindrome da transenna non mi ha abbandonata e desidero essere più possibile vicino al palco.
Il momento è quasi giunto, attendo la fine dell’esibizione del Porto di Venere, band che ha aperto la terza giornata, pronta per i cinque  “cavalieri erranti”, i Nosound. Solite dinamiche di cambio palco, controllo degli strumenti e dispositivi, prova microfoni e posizionamento della scaletta (che ho ben pensato di reperire dopo il concerto, altro immancabile feticcio) ed eccoli tutti pronti sul palco per iniziare questo viaggio: Giancarlo Erra, mente e fondatore del gruppo, alla voce e chitarra, Orazio Fabbri al basso, Paolo Vigliarolo alla chitarra, Marco Berni alle tastiere e Daniele Michelacci alla batteria. I tempi sono limitati, solo un’ora di live, anche se la band capitolina potrebbe suonare per tutta la notte perché può vantare nel suo passato 6 album in studio, senza tralasciare il secondo lavoro solista del loro fondatore, pubblicato lo scorso luglio.  

Giancarlo stabilisce subito, come sempre, un contatto empatico con il pubblico, come se invece di parlare ad una folla si rivolgesse ad una sola persona, ringrazia i presenti chiedendo quanti siano venuti dall’estero. Esprime la gioia, dopo tanto tempo di stasi forzata, di poter condividere di nuovo il palco con gli spettatori e con i musicisti della sua band, che sono in realtà amici e da cui è stato lontano per tanto tempo. Risiedendo da anni in UK, dopo esser entrato a far parte della scuderia Kscope, non ha avuto modo di incontrarsi con loro costantemente per le prove. Presenta il primo brano, Places Remained dall’album Lightdark. Si parte quasi dalle radici, il secondo lavoro della band. Il momento è perfetto, la luce del giorno inizia a perdere intensità e la malinconica melodia quasi ipnotica ti porta lontano, come per segnare un incipit di disconnessione con il tangibile. Un balzo in avanti e la magia continua sulle disarmanti note di This Night, dall’ultimo album Allow Yourself, qui viene naturale chiudere gli occhi per entrare meglio dentro al flusso della musica e il pathos esplode al cantato di “Please wait, I’ll arrive/ Don’t leave, I’ll come/ Don’t go, by my side/ Don’t trust, my mind /Light up this night.”
Il viaggio continua con un tono più corposo sulle note di I Miss The Ground, da Afterthoughts. Doverosa menzione di Giancarlo a Chris Maitland, ex batterista dei Porcupine Tree, che fu presente nella realizzazione dell’album…e al proferire del nome si palesano timidi applausi. Fading Silently ci riporta indietro a A Sense of Loss, del 2009, con la sua sommessa e sognante quiete che viene quasi assorbita come uno stream of consciousness nella successiva Evil Smile tratta da Scintilla del 2016, il lavoro che iniziò a tingere di una metamorfosi stilistica le composizioni della band. Some Warmth into This Chill con la sua apertura rarefatta ci fa permanere nell’etere che raggiunge la vetta quando si apre Shelter…”I swear I’ll find you sailing your way”. Rimaniamo poi sospesi in attimi di pura magia elettronica con Don’t You Dare per entrare in uno spazio cosmico con la ballata Wherever You Are, che fa sempre bene al cuore. Weights, dall’ultimo album Allow Yourself, ci accompagna per mano verso la chiusura con la sua polvere di stelle dove i confini dell’essere perdono spessore e qualche lacrima inizia a solcare il volto per l’emozione.

Siamo agli ultimi soffi di brace del live, Giancarlo presenta il brano: “è un pezzo che amo molto, perché è una storia molto personale quindi ho voluto scegliere questo finale e si chiama She”. Prende poi un archetto di violino, che in un primo momento fa scorrere lieve sulle corde della chitarra fino ad acquistare un movimento percussivo più corposo, i toni degli strumenti all’unisono si fanno più granitici fino a culminare in un’intensa chiusura che giunge all’apice seguito da un applauso fragoroso dei presenti. Solo un’ora, ma così intensa di pulsazioni da riequilibrare i flussi energetici. Nel frattempo la band sta lavorando al nuovo album e li lasciamo con la solida certezza di rivederli a breve su un altro palco per farci vivere un nuovo viaggio.
Giancarlo, Orazio, Paolo, Marco e Daniele si abbracciano e muovono i loro passi verso il fronte palco con i volti illuminati dal sorriso, inchino di rito e foto di spalle per immortalare il pubblico con la promessa di Giancarlo che ci cercherà su Facebook taggandoci uno ad uno, e intanto gli applausi in sottofondo continuano a far sentire la loro persistente presenza. L’energia fluisce libera nell’aria in un sentire condiviso, quello del ritorno alla vita…anzi alla “Vita”.

Photo © Vincenzo Nicolello