R E C E N S I O N E
Recensione di Simone Catena
L’universo cosmico e sperimentale degli JÜ cresce a livello d’intensità, su una ampia scelta di suoni ricercati e strutturati con il contagocce. Il trio si forma a Budapest e va alla ricerca di habitat adatti a uno stile di vita incredibile, racchiusi da un forte impatto sonoro e complesso. Lo studio attento in fase di registrazione si mescola con la visione geniale del collettivo, in ogni passaggio. Nel nuovo lavoro in studio dal semplice titolo III, prodotto per l’etichetta inglese RareNoise Records, troviamo diverse influenze e il significato mistico del numero tre, simbolo importante di cultura. Il sound principale riflette su ritmi serrati e ambientazioni vicine al progressive, con una buona dose di free jazz e ambient. I ritmi affascinanti che si creano lasciano quel giusto mix spirituale dal gusto personale. Infine, nonostante la pandemia abbia complicato l’uscita di questo disco, la band è riuscita a inserire tutte le varie ispirazioni del momento, per un risultato enorme e di grande qualità.

Palaran apre l’album con un segnale graffiante e ipnotico, dove un suono rimbomba nel vuoto in modo inquietante e le varie percussioni fanno il loro percorso, su una melodia che va al rilento. La linea vocale qui si avvolge, sopra dei lamenti tradizionali serbo-croati, fino al silenzio sordo nel finale. Segue Cerberus con una batteria magnetica diretta alla perfezione da Halmos, impreziosita poi dai giri irregolari del chitarrista Mèszàros e dal basso ruvido di Hock. Lo stile si avvicina a mostri sacri del prog anni 70, come Gentle Giant e King Crimson, però con una tematica che diventa delirante e si sfrena per tutta la sua durata. Oak e Ash invece seguono una melodia indonesiana e lasciano un ampio spazio a riff space rock sensibili. Le due composizioni sono differenti tra loro e alternano momenti di dolcezza a cavalcate tortuose, immersi nell’infinito. Su Thorn poi ascoltiamo tutta la tecnica aggressiva e meticolosa del trio, che si lascia andare a una tematica ripetitiva, che si unisce al breve intermezzo vocale di Bebek, con la voce di Dòra Gyòrf e l’elettronica misteriosa.
Andiamo avanti con il groove macchinoso di Cornucopia, che aziona un input mentale fuori dal normale, la batteria quasi math rock taglia in modo impeccabile il brano, chiamando in aiuto gli altri strumenti per completare l’opera, uno dei brani migliori vicino alla fusion d’altri tempi. Con la follia danzante di Shashka, invece, il respiro si fa più caldo dentro un vortice di anime erranti, per poi spostarsi su un ritmo incalzante unico. Verso la fine Minerva, innalza nel vuoto un tempo amorfo, prima di esplodere su una danza tribale stile Battles, band math-rock americana. L’album si arresta con Sumirana Karo Sado Dina Ratee su un sentiero delicato, carico di tristezza e una passione sincera, la voce stupenda di Andràs Halmos, completa questo lavoro in modo eccellente.
Tracklist:
01. Palaran
02. Cerberus
03. Oak
04. Ash
05. Thorn
06. Bebek
07. Cornucopia
08. Shashka
09. Who Cares
10. Sumirana Karo Sado Dina Ratee
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