T E A T R O


Articolo di Annalisa Fortin

Ha ottenuto uno straordinario successo al Teatro Comunale di Vicenza il doppio appuntamento con Andrea Pennacchi. Le pièce portate in scena nelle due serate sono state diametralmente opposte. La prima più intima, dal titolo Mio padre, in cui l’attore padovano racconta la storia di suo padre, partigiano, che durante la guerra viene rinchiuso in un campo di concentramento al quale sopravvive. La successiva Pojana e i suoi fratelli più divertente e ilare, in cui i fratelli maggiori del Pojana, presentati da Pennacchi, ovvero Edo la security, Tonon il derattizzatore, Alvise il nero e altri nuovi personaggi, raccontano le storie del nordest che fuori dai confini della Padania nessuno ancora conosce. In entrambi gli spettacoli il protagonista è accompagnato dall’amico e collaboratore a tutto campo Giorgio Gobbo e dal musicista Gianluca Segato.

Nella serata dedicata a Pojana, Pennacchi varca la scena iniziando a braccio. Il pubblico, gremito e scoppiettante di energia, non esita fin da subito a dialogare simpaticamente con l’artista. Dopo un’introduzione (che di fatto non c’è) lo spettatore è immerso in un racconto che sembra quello del padre, dello zio… del nonno. Con la stessa colorita intonazione vocale di chi ti esorta ad ascoltarlo perché ha una storia incredibile da raccontarti. Andrea Pennacchi non bada a formalismi, soprattutto nel (suo) Veneto, dove finalmente non deve spiegare le battute in dialetto, concedendosi addirittura di dissetarsi di tanto in tanto con una birretta. In queste brevi pause ristoratrici Giorgio Gobbo prende il sopravvento suonando e cantando brani scritti da lui stesso che ben si accostano alla “realtà” portata in scena da Pennacchi. Aspetto fondamentale del fare arte di Andrea (come autore e come interprete) è quello di partire da presupposti ideologici, dalla tradizione, dalla storia, dalla cultura locale, con la consapevolezza e l’onore di essere un militante e non solo un individuo di passaggio.

Certo, forse la fama di Pennacchi è dovuta alla sua presenza fissa nel programma televisivo Propaganda Live e all’eco su youtube del suo personaggio il Pojana, ma la sua preparazione e la sua carriera artistica sono radicate in studi teatrali che partono trent’anni fa, con maestri di fama internazionale. Durante questo lungo viaggio di esperienze, Pennacchi ha annoverato premi e riconoscimenti, interpretando ruoli teatrali e televisivi accanto a Paola Cortellesi, Carlo Verdone, Natalino Balasso, solo per citare alcuni nomi. Una simile impostazione comporta una professionalità che magari non ci si aspetta da chi si propone spesso con una marcata (e voluta) inflessione dialettale. Invece dall’altra parte c’è un modo di essere artista che contempla l’inventare, il figurarsi, l’immaginare, pur parlando del vero, perché quello di Pennacchi è un processo di ideazione che sconfina nella narrazione.

Forse un pubblico veneto come quello di Vicenza si aspettava un po’ più di Pojana e meno dei suoi fratelli, ma sicuramente vorrebbe un uomo così (come Andrea, non come Pojana) come Presidente. Un uomo cioè pragmatico, che trae spunto dal passato per assaporare il presente e non perde la fiducia nell’essere umano, pregi e difetti compresi, tra i quali la capacità di sorridere anche delle difficoltà della vita, una volta superate.

Chi non è esperto di battute o gerghi dialettali veneti non si deve preoccupare: riuscirà comunque a godere della bravura di questo artista che nelle prossime settimane riempirà svariati teatri del nord Italia sia con “Mio padre”, sia con il “Pojana e i suoi fratelli”.

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