R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
Quando riesco ad ascoltare qualche momento poetico nell’ambito del jazz contemporaneo tutto il resto passa, per me, in secondo piano. Questo lavoro del saxofonista ucraino Max Kochetov, originario di Kiev – la città natale di Bulgakov – ma residente in Serbia, viaggia su almeno due livelli poetici distinti. Infatti Altered Feelings, terza uscita discografica di Kochetov – ma la prima per A.Ma Records – tocca sentimenti profondi non solo direttamente attraverso melodie nobili, come quelle maggiormente evidenti nel brano di apertura e chiusura ma anche per vie secondarie, ad esempio quelle della memoria. Questo perché il lavoro di Kochetov ci fa ritornare a tutto ciò che di più bello e vitale ha prodotto il jazz dal dopoguerra in poi. Altered Feelings non rappresenta un’analisi critica “stricto sensu” né un semplice revivalismo classico ma una riproposizione dei termini fondamentali del jazz, sia nei suoni che negli sviluppi armonici. Tutto questo non può non farci pensare a quei caldi quartetti e quintetti che hanno riempito il cuore di ogni appassionato jazzofilo, soprattutto dalla seconda metà degli anni ’50 fino agli inizi dei’70. Passano davanti ai nostri occhi nomi classici, da Jackie McLean a Charlie Rouse, da Stanley Turrentine al trombettista Freddie Hubbard, fino a sfiorare la figura di Coltrane. Musicisti e gruppi, insomma, portatori di temi veri, arrangiamenti raffinati e costrutti melodici ben definiti, proprio come in questa occasione realizzata da Kochetov e compagni. La struttura di questo gruppo si accentra oltre che sui sax dello stesso Kochetov anche sul pianoforte di Andreja Hristic, il contrabbasso di Boris Sainovic e la batteria di Milos Grabatinic, con due ospiti di livello come Ivan Radivojevic e Samuel Blaser rispettivamente alla tromba e al trombone. L’insieme di questi artisti costituisce una vera e propria sorpresa capace di stupire per la notevole effervescenza sonora, mantenendo un rigore esecutivo molto pulito e utilizzando geometrie basilari perfette – da rimarcare anche la qualità dell’incisione di ottimo livello, particolare da non trascurare mai…

L’anima di questa musica è il caro, buon vecchio swing, insaporito da un bebop molto scorrevole e che non insiste mai in tortuose e voyeuristiche esercitazioni su scale e controscale. Altered Feelings, appropriandomi di una citazione epicurea, lo definirei come un “piacere naturale e necessario”, un “pharmakon” da somministrare agli incalliti adoratori del caos strumentale per ricordare loro cosa s’intende quando si parla di jazz. L’Intro che si propone come brano iniziale è uno splendido ma purtroppo breve – anche se si ricollega al pezzo di chiusura Outro con qualche variazione – frammento poetico, di quella poesia di “primo livello” come accennato all’inizio. Costruito su una classica sequenza II°-V°-I° veniamo introdotti al sax soprano di Kotechov che sa cavare suoni prolungati di grande dolcezza e largo respiro. Forse questo Intro avrebbe meritato un titolo un po’ più importante per quello che è, un autentico germoglio primaverile da conservare con cura per guardarlo fiorire. Groovin viene introdotto da una breve sequenza di accordi di piano su cui cominciano ad intrecciarsi tromba e sax. Assolo magistrale di Radivojevic seguito da quello scorrevole di Kochetov. Nessuna asperità in entrambi i casi, nessuna tensione ansiogena, solo gioia di vivere e ritmo swingante. E che dire dell’assolo di piano di Hristic? Qui siamo ad un livello molto più elevato dei classici “fondamentali”, con temi scritti e ben leggibili e momenti d’improvvisazione di elevata qualità. C’è spazio anche per un intervento alla batteria di Grabatinic che non pretende i riflettori su di sé ma si muove nello sviluppo musicale trovando gli inserimenti giusti tra le coppie di accordi di piano e preludendo al finale, con la ripresa di un frammento del tema iniziale dal vago aroma orientale. Sultry Requiem è a mio parere il pezzo forte dell’album, con un tema che si piazza giusto a metà tra Ellington e MIngus, con quell’aria un po’ sorniona che sta tra un malinconico addio e un sotterraneo, vulcanico sentimento di voglia di vivere. Compare il trombone di Blaser che s’annuncia tra il pulsare del contrabbasso e le brecce naturali che s’aprono nel contesto del tema. Il contralto di Kochetov prima e la tromba poi, seguiti entrambi dal piano, accentuano coi loro assoli quel senso di stemperata tristezza caratterizzato dall’andamento bluesy della traccia. Conclude un giro di contrabbasso dal passo molto felino, alla Mingus, che precede l’ultima enunciazione del tema.

Accelerano i ritmi in Altered Feelings, uno dei due brani con l’impronta più bebop dell’intero album. Il piano s’impegna in accordi a intervalli di quarte – a tratti si ha l’impressione di ascoltare So What – mentre il sax si fa notare in un assolo di alta scuola, serrato e veloce ma sempre caratterizzato da un’impeccabile pulizia sonora. Lo stesso fa il piano che si lascia andare in esuberanti corse sulla tastiera. Molla il freno anche il batterista verso il finale, con un assolo esplosivo e liberatorio che precede la conclusione in una disaggregazione guidata e moderatamente caotica. Waltz nel suo iniziale incedere pianistico mi ha ricordato certe aperture alla Brad Mehldau. Il pezzo vive su una tensione ritmica lavorata sui piatti della batteria con il contrabbasso che scandisce le battute e il sax – questa volta soprano – di Kochetov che ci suona sopra una melodia intrisa del ricordo di malinconiche danze slave. A circa metà percorso il brano cambia bruscamente aspetto, l’apporto ritmico s’arricchisce e si diversifica, come quando un momento di allegria irrompe anche nel ricordo più triste per renderlo meno gravoso. Tutto termina, però, tornando al clima iniziale con una cadenza lasciata sospesa, dove l’accordo di Re minore che attendiamo come naturale conclusione non arriva e lascia il V° a risuonare a vuoto. Rethorical Morning ha un senso più luminoso con il sax che conduce la linea espressiva e il trombone che ne contrappunta il percorso. Segue un bell’assolo di piano dagli aromi funky che ci riallaccia a certi momenti fusion soprattutto legati agli anni ’80. La musica non sa però di muffa, anzi, dopo il momento di calo umorale avuto con Waltz e grazie anche alla solarità dello strumento di Blaser, le note prendono il largo in uno spazio piacevolmente spensierato. Impression comincia all’improvviso con il sax che letteralmente si lancia in una discesa modale a velocità da vertigini, ben presto imitato dal piano che spesso corre in sincrono con lo stesso sax. E’sicuramente questo il secondo pezzo più bebop del disco che s’aggiunge al già citato Altered Feelings. E poi, infine, arriva Outro che rispetto ad Intro possiede un frammento iniziale che lo diversifica da quest’ultimo e che ricorda vecchie melodie tradizionali balcaniche. Lasciatemi ancora spendere due parole per questo inizio-finale di una freschezza assoluta, il cui unico difetto è la brevità. Posso solo augurarmi che questo brano diventi una sorta di sigla di presentazione per il gruppo quando si esibisce dal vivo, come usava Ellington con “Take the A-Train” e che nei live concerts si possa dare a quest’idea una forma più completa, magari con una cadenza finale più convincente. Per il resto non posso che ribadire tutta la mia stima per questo gruppo e per questo album che considererei persino propedeutico per chiunque si avvicini per la prima volta al jazz.
Tracklist:
01. Intro
02. Groovin
03. Sultry Requiem
04. Altered Feelings
05. Waltz
06. Rhetorical Morning
07. Impression
08. Outro
1 Pingback