R E C E N S I O N E


Recensione di Andrea Notarangelo

Sono passati decisamente i tempi del tamburello e di quando Liam Gallagher, voce carismatica, infiammava le platee dei più grandi festival europei e non, alla guida degli Oasis. È vero, in quel caso le guide erano due, suo fratello Noel, il vero comandante in capo che si occupava della sala macchine e lui, simbolo innato di spregiudicatezza che dirigeva il veliero verso nuovi orizzonti e oasi di piacere sempre più ampie di pubblico adorante. Oggi abbiamo davanti una forma nuova, un musicista in crescita costante con la voglia di sperimentare e imparare sia a livello di strumentazione che a livello di cura dei suoni in studio. C’mon You Know, occorre dirlo subito, si presenta come disco più maturo rispetto ai precedenti As You Were del 2017 e Why Me? Why Not. del 2019, e la prima avvisaglia è proprio l’introduzione di More Power, primo pezzo di questa nuova raccolta di canzoni. Voci angeliche ci accolgono con effetto straniante, per un testo maturo nel quale Liam canta “Mother, I’ll admit that I was angry for too long/ Mamma, ammetto di essere stato arrabbiato per troppo tempo” dove è impossibile non rilevare una nota autobiografica.

Eppure l’inizio è in sordina e non ha quel piglio deciso che ci si attende dal re indiscusso del brit pop. Meglio sicuramente la successiva Diamond in The Dark, quarto singolo estratto e pezzo decisamente “minimale” per i suoi standard, nel quale oltre a un semplice accompagnamento e voci fuori campo, il canto di Liam per metà parlato e per metà anthemico, ci investe in tutta la sua potenza melodica. Questa traccia mi ricorda molto nell’attitudine lo Ian Brown solista nella sua carriera post Stone Roses, caratterizzata da un atteggiamento rilassato e da una certa cura del dettaglio posta nelle parti vocali (si ascolti la traccia First World Problems del 2018 per un rapido confronto). In Don’t Go Halfway il timbro nasale marchio di fabbrica del minore dei Gallagher torna prepotente in una canzone che non avrebbe sfigurato negli ultimi album degli Oasis. Chissà se il titolo sia proprio un rimando al passato, ad esempio a quella Don’t Go Away scritta dal fratello Noel che convinse i detrattori di allora sulle sue potenzialità da songwriter. E a proposito di questo argomento, la crescita di Liam è innegabile ed evidente nella successiva e title track, una canzone sulla libertà ritrovata: “Beautiful people come out to play, Brothers and sisters, it’s time. So let’s start living, be thankful and giving. We’re only here for a short while. I think it’s coming home again  – Bella gente uscite fuori. Fratelli e sorelle, è ora! Quindi iniziamo a vivere, ad essere grati e a donare. Siamo qui solo per poco tempo. Penso che stiamo tornando di nuovo a casa“. La successiva Too Good For Giving Up rappresenta una delle sorprese di questo C’mon You Know. Si tratta di uno di quei pezzi che ti si incastra in testa e che ha tutte le qualità perché diventi un classico. Eppure, questa traccia ha qualcosa di diverso dalle altre, a cominciare dal cantato di Liam, il quale rinnega clichè ed esplora timbri differenti. La successiva It Was Not Meant To Be è un evidente tributo ai Beatles, croce e delizia dell’artista mancuniano che non ha mai fatto mistero del suo amore per i fab four. Everything’s Electric è il singolo bombastico che ha segnato il ritorno discografico in pompa magna. Si tratta di una canzone scritta e pensata per il passaggio radiofonico che si discosta in parte dal contenuto generale dell’opera, seppur mantenendo un’alta qualità sulla proposta.

Moscow Rules se la gioca alla parti con Too Good For Giving Up per la traccia migliore del disco e probabilmente conquista una vittoria ai punti. Così strana per i canoni di Liam Gallagher, così complessa e impreziosita da una sezione di fiati che poggia delicatamente sulla parte di piano che caratterizza tutta la canzone. Questo può significare solo due cose: o l’artista ha trovato la strada giusta per scrivere il suo personale capolavoro, oppure ha casualmente azzeccato un brano decidendo di inserire nell’album qualcosa di completamente diverso dal solito. Opterei per la prima e la spiegazione è la seguente: l’edizione del disco in nostro possesso è comprensiva di due tracce extra, tenute quindi fuori dall’edizione standard, le quali si differenziano per la qualità proposta. La prima, The Joker, orecchiabile e vicina a quanto prodotto negli ultimi anni da Richard Ashcroft, non avrebbe sfigurato se inserita all’interno dell’opera. La seconda, Wave, è invece un riempitivo e che giustamente può portare solo la felicità di qualche collezionista. Per chi scrive questo indica che il lavoro è decisamente curato, meno immediato dei precedenti e che per questo richiede qualche attenzione in più. La chiave di lettura è la pazienza. Necessaria per l’ascoltatore per godersi un ottimo album e per l’artista nella prossima scrittura del suo disco memorabile. Alla prossima puntata eroe mancuniano.         

  

Tracklist:
01. More Power
02. Diamond In The Dark
03. Don’t Go Halfway
04. C’mon You Know
05. Too Good For Giving Up
06. It Was Not Meant To Be
07. Everything’s Electric
08. World’s In Need
09. Moscow Rules
10. I’m Free
11. Better Days
12. Oh Sweet Children
13. The Joker
14. Wave
15. Bless You

Photo © Shirlaine Forrest WireImage