R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

L’autoconsapevolezza, ovvero la coscienza di sé, è qualcosa che si crea giorno dopo giorno. Un’ontogenesi faticosa, fatta di stimoli, tentativi, ricusazioni e riproposizioni, fino a quando si sviluppa la certezza di esserci, di saper fare, di poter incidere nel mondo con i propri mezzi. Prendiamo ad esempio uno splendido trombettista come Ivan Radivojevic, di Belgrado. Nel suo curriculum, prima di aver partecipato alle importanti incisioni discografiche di Sanja Markovic – Ascension (2020 – recensione qui) – e di Max Kochetov – Altered Feelings (2022 – recensione qui), compaiono varie partecipazioni, ad esempio col rapper serbo Marcelo o con il pop-rocker Marco Mandic. Evidentemente, vuoi per motivi e interessi diversi ma anche di crescita musicale, Radivojevic ha provveduto a crearsi un substrato di esperienze differenti e di contatti culturali con tutto ciò che appartiene al Mondo attuale ad alla sua e(de)-voluzione. Ma non posso credere che questo trombettista non sia jazzista dentro, perché il modo in cui si esprime attraverso il suo strumento, gli atteggiamenti personali che non seguono formule, anche e persino qualche apparente indecisione nel suo soffiare sono quelle qualità che contribuiscono a fare di lui un uomo, se non consacrato, almeno devoto alla musica improvvisata che costituisce l’anima del jazz. La tromba di Radivojevic ha una qualità che spicca sopra le altre, possiede infatti quel timbro morbido che in questo suo esordio da titolare per A.MA records, In Plain View,ricorda da vicino Chet Baker o anche Paolo Fresu con opportune eccezioni che rimarcheremo progredendo nell’ascolto. È questione di qualità sonora, più che del tipo di fraseggio. Non parliamo di un suono magro o asciutto, alludiamo invece ad una rotondità plastica, con solo sporadici spigoli qualora si rendano necessari. Una tromba già maturata, al di là dei trent’anni o poco più del giovane musicista. Il tono complessivo dell’album è tranquillo, meditativo ma non sognante. La musica che ascoltiamo è riflessiva, non ci porta verso altri mondi ma aiuta ad un approccio più speculare con la realtà che viviamo e questo lo si deve non solo all’indubbia bravura del trombettista ma anche alla compartecipazione essenziale del gruppo che lo accompagna, cioè di Andreja Hristić al piano, Boris Sainović al contrabbasso, Bogdan Durđević alla batteria con le ospitate di Luka Ignjatović al sassofono contralto in Loving You In Reverse e di Andreja Stanković – guitar in Slipping Into The Night.

Si parte con Day One, prima traccia dell’album. Inizio coinvolgente con giro di contrabbasso e alcuni sussurri di batteria. Cade qualche accordo di piano in tonalità minore e finalmente appare la tromba. Il brano nel suo insieme non è uno di quelli che sfioriscono dopo i primi ascolti, anzi, cresce progressivamente mano a mano che possiamo percepire la relazione molecolare tra gli strumenti, specie gli scambi a mezza voce tra Radivojevic e il piano di Hristic. Si possono avvertire i silenzi – che sono la base di ogni struttura musicale – e l’innesco di uno stato d’animo, quasi una sospensione del respiro – paradossale in un disco incentrato su uno strumento a fiato – che perdura in molte delle altre tracce che seguono. Some Place Else sboccia su un giro armonico di piano e il delicato proporsi della ritmica. La melodia innescata dalla tromba è semplice e quasi pop, soprattutto per la scansione molto regolare del tempo. Ma ad un certo punto è come se si entrasse in profondità, migliorando la messa fuoco dello stato emotivo innescato dal brano stesso. Un assolo di tromba, nitido nella sequenza di note, si spegne con uno strategico calo di fiato e a questo punto sopravviene il piano che se la gioca inizialmente con poche note. Progressivamente si complicano gli intervalli tra le stesse ed aumenta la velocità nei passaggi melodici. Altro momento di ritiro e di riflessione con la batteria che entrando a fari spenti, quasi senza farsi accorgere, prende la scena con un bell’assolo, molto tecnico, spesso spezzettato nel ritmo, fino a quando viene ripresa dall’insieme. Conclude Radivojevic riproponendo il tema iniziale e finendo al rallenty. Loving You in Reverse si propone col duetto tromba e sax di Ignjatovic che in solitudine disegnano inizialmente una linea espressiva tra disegni barocchi e qualche idea avvertita da Wayne Shorter. Segue un tempo molto lento, sempre con la tromba piena d’assenze che abbiamo imparato a conoscere a cui s’affianca il controcanto del sax. Quando il crescendo si fa progressivo, sempre con la tromba in evidenza, segue il sax in assolo. Da segnalare l’ottima presenza del batterista Durdevic che sa perfettamente come inserirsi, riempiendo eventuali distanze ed allontanandosi maggiormente quando le dinamiche sonore tendono ad aumentare. Broken Mechanism inizia da uno sfumato, capovolgendo quello che si fa di solito in conclusione di un pezzo. E se ascoltiamo con attenzione ci accorgiamo come il titolo di questo breve brano sia effettivamente centrato, dato che il normale procedere del clima dell’album viene qui un po’ sovvertito. Radivojevic dimostra le sue qualità tecniche sullo strumento trasformandosi, credo quasi per scherzo, in un alter-ego alla ricerca di qualche dissonanza al volo, drammatizzando il suo suono come non mai e dando maggior corpo alle sue note appoggiandosi su una sequenza arpeggiata di piano.

In Double Minded ritorna il suono ammorbidito ma i tempi restano ben sincopati, stretti e più aggressivi con tendenze funky molto black, quasi alla MIles Davis ultimo periodo. Quando entra il piano siamo ancora in pieno clima febbricitante, con la ritmica che si mangia la musica strada facendo. La scrittura cangiante di Radivojevic è anche questo, cioè saper abbandonare il modello di riferimento per poi riacciuffarlo verso il finale, concludendo anzi in questo frangente con una sequenza di note più sfilacciate e drammatiche. Slipping into the night cambia ancora l’atmosfera di base con la presenza delle armoniche di chitarra di Stankovic, dal tocco espressivo e vibrante. Quando il contrabbasso interviene con coppie di note ripetute in sequenza mentre qualche percussione alla batteria aiuta la scansione ritmica, la tromba si affianca alla chitarra creando un alone notturno, molto lunare, in un paesaggio in cui trova posto anche il pianoforte. Uno stacco improvviso di batteria sposta l’attenzione dalla modalità introspettiva ad una tensione più estrovertita, dove l’insieme dell’organico e soprattutto la tromba si avvicinano a certo materiale sonoro che ricorda Erik Truffaz. Green Eyed, con il contrabbasso che imposta il suo riff iniziale, viaggia verso melodie più popolari, in forma di valzer. La tromba sale nel metauniverso per prendere una sequenza di note alte, per poi acquietarsi nel suo essere naturalmente meditativa, ed infine risalire passando il testimone al piano che senza cercare esasperati perfezionismi si butta in una serie di passaggi alla Wakeman dei tempi d’oro. Ci sono tante cose, in questo brano, probabilmente troppa carne sul fuoco e si avverte, nell’insieme, un po’ di confusione progettuale. Con Sight Never Seen, ultimo brano della sequenza, si ritorna ad una dimensione che trovo più naturale per il quartetto. Senza necessariamente cristallizzarsi sulle ballate, annotiamo che un brano come questo, pulito, ordinato, in cui l’idea basilare sembra ben delineata, scorre via come il fiume di Eraclito e lascia infine ottime sensazioni. Il contrabbasso in assolo ha una timbrica calda, partecipata, con il pianoforte e la tromba che chiudono, quest’ultima anche con il suono di una nota che non riesce ad uscire, tanto il soffio è delicato.

La cosa bella e importante, di una musica come questa, è sapere che viene dall’Est, una geografia trascurata da troppo tempo e che se non fosse stato per l’intraprendente etichetta italiana avrebbe forse rischiato di restare nascosta. Ancora più bello è ascoltare musicisti come questi che cercano di delineare l’ipotesi di un jazz contemporaneo ma a modo loro, come già fanno da tempo alcuni loro colleghi dell’Europa occidentale, gli scandinavi e gli afroamericani.

Tracklist:
01. Day One
02. Some Place Else
03. Loving You in Reverse
04. Broken Mechanism
05. Double Minded
06. Slipping into the Night
07. Green Eyed
08. Sights Never Seen