L I V E – R E P O R T


Articolo e immagini sonore di Fabio Campetti

Passa anche per l’Italia il tour di The Smile, nuovo progetto dei golden boys Thom Yorke e Johnny Greenwood in fuori uscita dai Radiohead, nato durante il primo lockdown.
Confesso che l’avventura solista dello stesso Thom non mi aveva mai, più che convinto, perché trattasi di episodi inattaccabili, quantomeno conquistato a dovere e nemmeno gli Atoms for Peace, seppur di livello, avevano monopolizzato i miei ascolti di allora, mentre questo nuovo lavoro mi ha letteralmente rapito, non a caso il primo con la presenza, in pianta stabile, di Greenwood, uno dei musicisti più importanti e influenti di sempre, spesso e volentieri prestato al cinema, con un parallelismo fatto di colonne sonore di prestigio.
La differenza rispetto agli episodi succitati, la fa una scrittura ritornata al centro dell’attenzione, una ritrovata verve da sala prove, con l’arrivo dietro le pelli di Tom Skinner, batterista di una delle band più chiacchierate del momento, quei Sons Of Kemet alfieri e punto di riferimento di un nuovo jazz contemporaneo, tra l’altro anche loro a breve a Milano.
Il disco A Light For Attracting Attention, per quanto mi riguarda, è già nella short list dei migliori di questo 2022, la solita produzione impeccabile di Nigel Goddrich, il fantomatico sesto Radiohead, colui che c’è sempre stato e che ha contribuito agli album seminali e fondamentali della band di Oxford, un disco che ci riconsegna l’accoppiata Yorke / Greenwood sempre ai piani altissimi della musica moderna e non delude assolutamente le giustificate attese, aggiungendo un’ulteriore passo in avanti ad una carriera mastodontica.

Chiaramente non c’è più l’effetto sorpresa, che ormai si è perso per tutta la discografia odierna, o meglio credo sia molto difficile trovare release che suscitino tale sensazione e a volte un disco acquisisce ulteriore blasone proprio per la collocazione storica, qui però ci sono le grandi canzoni, molte delle quali sullo stesso piano di tanti tasselli dei fratelli maggiori sin dal lontano esordio a cavallo degli anni 90.
Si avverte, appunto, quella sana improvvisazione figlia anche e soprattutto di un ritrovato entusiasmo che ha fatto nascere sicuramente alcuni brani, che hanno quel tipo di piglio, The Opposite ne è un ottimo esempio, ma anche il primissimo singolo You Will Never Work In Television Again in odore di un certo post punk, forse anche influenzato da questa nuova ondata di band recenti che lo hanno portato nuovamente in auge.

Per il resto, c’è tutto quell’imprinting che ha reso i Radiohead così importanti e radicati, scrivo Radiohead, perché è davvero difficile scindere i due percorsi, mi verrebbe istintivo dire che questo esordio non sia altro che il naturale successore del pur ottimo “A Moon Shaped Pool”, mi permetto dire, addirittura con una marcia in più, secondo me siamo tranquillamente sui livelli di “In Rainbows”.
Perché i brani sono davvero belli, ed è quello che si chiede a dei fuoriclasse di questo calibro a questo punto del loro viaggio, sostanzialmente la giusta innovazione, ma amplificatori accesi e canzoni a questo livello.

Tra l’altro collettivo in totale e vulcanico work in progress, lo certificano appieno le numerose unreleased tracks buttate sul piatto in questo tour, tra le altre una bellissima Just Eyes And Mouth che si trova, come tutte, sul tubo in versione bootleg, tanto per familiarizzarne la melodia e che parte con un intro afro beat in solitaria suonato dall’accoppiata Greenwood / Skinner. Sulla stessa falsariga ormai in pianta stabile anche Bodies Laughing (Che stasera non sarà in setlist), praticamente come dichiarato recentemente dallo stesso Thom, secondo disco già in cantiere e sempre più lontana, chissà se definitivamente, la possibilità di risentire ancora Idioteque o No surprises, sembra che la via percorsa, per quanto ufficiosa, sarà quella.

Per il resto il solito concerto impeccabile e in programma tutto il debutto, con la mia preferita We Don’t Know What Tomorrow Brings a circa metà del filotto, le bellissime ballad da brividi Speech Bubbles e Free in Knowledge una dopo l’altra.

Se in studio, faccio fatica a distinguere o appunto scindere le due vite artistiche, sebbene ci siano delle ragionevoli differenze, ovviamente per la presenza di Tom Skinner, dal vivo, queste differenze stesse sono più marcate, non tanto o solo appunto per il suo arrivo, ovvero un batterista completamente diverso per background e filosofia da Philip Selway, ma anche e soprattutto per l’approccio riot al repertorio, diretto e senza fronzoli, bassi e chitarre sapientemente interscambiati tra Yorke e Greenwood, un tocco di pianoforte nel brano rompighiaccio Pana-vision, qualche sinth qua e là e l’incursione al sax del collaboratore, nonché special guest, Robert Stillman, jazzista, che ha raggiunto, tra gli applausi, the Smile per un paio di brani, dopo la sua mezz’ora abbondante, in solitaria, in apertura di serata; quel desiderio, oltretutto, di sperimentare, dilatando alcuni episodi, regalando momenti epici.

Art rock, elettronica, prog, post-punk, avanguardia e musica d’autore che si fondono insieme e tanta voglia di fare il mestiere più bello del mondo, nel loro universo, sempre atipico, sempre controcorrente, lontano da ogni comfort zone, piaccia o meno, siamo nell’olimpo degli assoluti e non lo scopriamo certo ora.