R E C E N S I O N E
Recensione di Andrea Notarangelo
Gli Interpol ritornano con la loro settima fatica, The Other Side Of Make-Believe. Il settimo sigillo però non suggella e per chi scrive è davvero un peccato. Da sempre, la band di New York si è dovuta confrontare con un disco, il proprio debutto intitolato Turn On the Bright Lights e uscito giusto vent’anni fa (2002). Da questo confronto non sempre il trio ne è uscito bene. È vero, l’album appena citato era un capolavoro perché introiettava tutti gli stilemi new wave di qualche decennio precedente e li risputava aggiornati ai primi anni duemila con l’innesto di un’urgenza verace che faceva ben sperare per il futuro. Ad essere onesti la stessa sindrome viene condivisa con band affini quali Bloc Party ed Editors, e, se vogliamo essere sinceri fino in fondo, chi ne è uscito bene sono stati proprio i primi, che in questo 2022 hanno rilanciato la propria carriera attraverso il bellissimo Alpha Games.

La band di Paul Banks, Daniel Kessler e Sam Fogarino, invece, non è riuscita in questa impresa e ha dato alle stampe un disco stanco e che nasce già con una patina di polvere. Toni, traccia di apertura e primo singolo estratto parte in sordina, ma come tutte le overture, a volte serve solo per creare l’attesa e spingere sull’acceleratore. È solo però con la terza traccia, la ballad Into The Night, che iniziamo ad avere qualche sussulto grazie a un arpeggio ossessivo di chitarra che in seguito s’intreccia con un basso pesante e corposo. La linea è estratta direttamente da quel gioiellino dark che corrisponde al titolo di New Dawn Fades, tratta dal debutto sulla lunga distanza dei Joy Division, band feticcio e di piena ispirazione del trio americano. Il gioco di chitarra messo in atto è lo stesso che ha reso famosi gli Interpol in tutto il mondo, ma sembra passato alla tecnica cinematografica dello stop motion. I ritmi si rallentano, l’epicità aumenta, eppure qualcosa stona in quanto la voce non riesce a valorizzare la canzone. Intendiamoci, Paul Banks è un gran cantante e la sua voce sposa la tradizione di crooner intensi quali Jim Morrison dei Doors e Ian Curtis dei già citati Joy Division, e se i paragoni sembrano troppo azzardati, una rispolverata ai vecchi dischi della band potrà sciogliere qualsiasi dubbio. In questo The Other Side Of Make-Believe, però, suona esausta come se appartenesse a un fantasma e questo deficit non consente la massima espressione di tutto il suo potenziale. Mr. Credit rimette la locomotiva sui binari e finalmente il lavoro di chitarra si fa più convincente e si sposa perfettamente col basso pulsante e l’altra chitarra ritmica, entrambi suonati da Banks stesso. La parte centrale del disco è abbastanza critica e lascia nell’ascoltatore un senso di incompiutezza. Passenger e Greenwich, per far un esempio, sembrano avere lo stesso riff portante e questo aspetto di per sé non è un problema. Effettivamente una canzone può fungere da introduzione per uno sviluppo successivo, ma in questo caso non vi è un sussulto. Inoltre, i pezzi hanno quasi la stessa durata e questo li fa sembrare uno il demo dell’altro. La seconda ad esempio sembra quasi una traccia di lavorazione della canzone precedente rimasta per sbaglio nel master finale.
Mi rendo contro di non aver fatto un complimento alla band, ma tacere sarebbe peggio e all’ascoltatore mi viene da dire ‘provare per credere’. Gran Hotel è invece di altra caratura e non è un caso che la canzone sia uscita come quarto ed ultimo singolo. Da quel momento in avanti e per le restanti due tracce, la band sembra aver ripreso il proprio cammino. A volte si tende a cercare giustificazioni, ma per ripartire con il piede giusto, occorre fermarsi e capire cosa non sta girando. Questo The Other Side Of Make-Believe potrebbe essere il giusto sbaglio e l’occasione di sciacquare i panni in Hudson per ripartire con maggior vitalità. Rimandati a settembre.
Tracklist:
01. Toni
02. Fables
03. Into the Night
04. Mr. Credit
05. Something Changed
06. Renegade Hearts
07. Passenger
08. Greenwich
09. Gran Hotel
10. Big Shot City
11. Go Easy (Palermo) Photo Atiba Jefferson
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